sabato 14 gennaio 2017

Religione e militarismo - Cappellani militari cattolici strapagati (ed in antitesi con il messaggio di "pace" del papa Francesco)


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I cappellani militari scapoli, strapagati con appartamento, servitù e auto con autista soltanto per dire qualche messa, senza alcuna qualificazione sottraggono il sostegno che psicologi e assistenti sociali potrebbero dare al personale militare. 

Quanto ci costano i cappellani militari? Perché sono ancora stipendiati dallo Stato? Perché percepiscono la doppia pensione di sacerdoti e militari? In tre anni la loro spesa a carico dello Stato è cresciuta del 35%, ovvero di 2.765.379 euro. Per il 2015 si contano 205 cappellani, 32 in più (quasi il 20%) rispetto a quelli del 2014. Gli stipendi di questi preti militari vanno dai 2.500 euro per i cappellani tenenti, 3.000 per i capitani fino ai 9 mila percepiti dal capo dei cappellani. 

Le dichiarazioni di facciata delle parti in causa: il ministero della Difesa e la Chiesa cattolica. Quanto ci costano i cappellani militari? Perché sono ancora stipendiati dallo Stato? Perché percepiscono la doppia pensione di sacerdoti e militari? La loro carriera è equiparabile a quella dei militari pari grado non ecclesiastici? Tante le domande in ballo, non a tutte è possibile rispondere con precisione. Quanto ci costa il prete pseudo soldato Entriamo nel dettaglio delle cifre utilizzando l’ultimo dato disponibile in ordine di tempo, che risale alla legge di bilancio per il 2015. Anno in cui si contano 205 cappellani, 32 in più (quasi il 20%) rispetto a quelli in servizio nel 2014. Gli stipendi dei preti con le stellette vanno dai 2.500 euro lordi per i cappellani semplici (che hanno il grado di tenente) ai 9 mila percepiti dall’ordinario (tenente generale). 

Tra questi due estremi troviamo il vicario generale che è generale di brigata, 6mila euro di stipendio; l’ispettore, il vicario episcopale, il cancelliere e l’economo sono tenenti colonnello, circa 5mila euro; il primo cappellano capo è un maggiore e guadagna quasi 4mila euro; il cappellano capo ha il rango di capitano, e si ferma a 3mila euro. Nel complesso il mantenimento dell’Ordinariato nel 2015 è costato alla Difesa 10.445.732 euro tra stipendi e benefit, tra cui le auto di servizio. Ai 10 milioni e rotti vanno sommati 7-8 milioni per le pensioni, che sono circa 160 per un importo medio annuo lordo di 43 mila euro ad assegno. 

Gli alti ufficiali congedati e relative pensioni nel 2014 erano 16. Tra loro figurano i tre ex ordinari militari ancora in vita che percepiscono i 4mila euro netti al mese di cui si è parlato in precedenza. Secondo quanto riporta l’agenzia Adista nel 2013 per 169 cappellani erano stati spesi - pensioni escluse - 7.680.353 euro, nel 2014 per 173 cappellani 8.379.673. In tre anni, pertanto, la spesa a carico dello Stato è cresciuta del 35%, ovvero di 2.765.379 euro. Diversamente dalle cifre erogate per gli stipendi che sono al centesimo e facilmente verificabili sul sito del ministero della Difesa, quelle relative alle pensioni sono stime approssimative in quanto nemmeno l’Inpdap sa dire di preciso a quanto ammontino. Lo affermò nel 2012 l’allora ministro Di Paola in risposta a un’interrogazione parlamentare dei radicali a prima firma del deputato Maurizio Turco. 

Ma c’è di più. Come sottolinea il deputato di Sel Gianni Melilla in una nuova interrogazione presentata nel marzo del 2016, questa volta al ministro Pinotti, «i cappellani ricevono stipendi dallo Stato, ma possono maturare la pensione in anticipo rispetto agli altri lavoratori dipendenti e rispetto al militare pari grado e non mancano nemmeno casi di “babypensionati”». Inoltre, aggiunge Melilla «il prelato, che porta a casa la stessa busta paga di un generale di brigata in congedo, ha diritto a una pensione fino a 4 mila euro al mese; questo nonostante abbia prestato servizio per soli 3 anni, compiuti i 63 anni, età per la quale un generale di brigata è collocato in congedo e ha maturato il vitalizio». 

E la Chiesa che dice? Prima di Turco (2012) e Melilla (2016) anche il senatore dei Verdi Gianpaolo Silvestri, nel 2007, aveva interpellato un ministro della Difesa. Riguardo i benefit dei cappellani militari le interrogazioni si susseguono ciclicamente da anni e le domande sottoposte al ministro in carica sono praticamente sempre le stesse. Ma furono Turco e i suoi colleghi a chiedere che i cappellani venissero pagati dalla parrocchie di competenza e non dal ministero  della Difesa. Con quale esito? L’istanza venne dichiarata inammissibile da Di Paola perché in conflitto con il Concordato: il taglio della spesa avrebbe messo in discussione anche lo status giuridico dei cappellani cioè l’inquadramento con i gradi militari. 

Inoltre secondo il ministro l’argomento è oggetto di un’intesa fra Stato italiano e Conferenza episcopale e quindi non può essere modificato unilateralmente. Due anni dopo nel gennaio del 2014 mons. Angelo Frigerio, vice del successore di Bagnasco all’ordinariato, l’arcivescovo Santo Marcianò, annunciò in un’intervista all’Ansa la disponibilità dei cappellani militari a «togliersi i gradi» rimandando comunque al 2016 la discussione della questione in seno alla Conferenza episcopale. Frigerio aggiunse che «per arrivare a elaborare delle linee guida che facciano da punto di riferimento per la stipula di una intesa nella commissione paritetica, operano a livello preliminare il gabinetto del ministero e l’ordinariato». 

In pratica Frigerio smentì Di Paola riguardo l’esistenza di un’intesa Stato-Chiesa. Ancora di più fece quando quasi smentì se stesso nel rispondere alla successiva domanda del giornalista Ansa: i cappellani rinunceranno al trattamento economico equiparato a quello dei militari? «Siamo disposti - disse il vicario - a ogni genere di adeguamento non ultime le modifiche sugli stati economici e giuridici dei cappellani militari, ma non allo smantellamento. Siamo parte del mondo militare». (!)

Alcuni mesi dopo, il 19 novembre 2014, a confermare che l’intesa su gradi e stipendi dei cappellani italiani era lungi dall’essere messa nero su bianco interverrà anche mons. Santo Marcianò. «Il problema non è mantenere lo stipendio» disse l’ordinario militare incalzato dalle Iene durante la popolare trasmissione televisiva di Italia1. «Il problema è garantire al cappellano militare di svolgere il proprio servizio. L’intesa (con il ministero della Difesa, ndr) potrebbe prevedere che i gradi rimangano, ma che a quei gradi non corrisponda la remunerazione prevista». Il rimpallo tra Di Paola e i vertici dell’Ordinariato è stato oggetto di riflessione di Melilla nella interrogazione presentata nel marzo scorso all’attuale ministro Pinotti. 

Al momento di andare in stampa l’istanza è ancora in attesa di risposta: «Sostenere, a giudizio dell’interrogante (il deputato di Sel, ndr), contrariamente alla legge e al diritto, che la disciplina del trattamento economico dei cappellani militari sia tra le questioni tutelate dal Concordato, e quindi indirettamente regolate da norme di rango costituzionale, dimostrerebbe una scarsa conoscenza della materia. Infatti, se la Difesa rinunciasse a pagare i ricchi stipendi dei cappellani non inciderebbe in alcun modo sul Concordato perché non modificherebbe alcuna “intesa”, che di fatto è inesistente. La riformulazione dell’articolo 17 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Servizio di assistenza spirituale) ha confermato che “l’intesa” a cui fanno riferimento le diverse istituzioni semplicemente non esiste». Venite, venite, si regalano gradi! Giova a questo punto ricordare che l’ordinario militare è designato dalla Santa Sede e nominato con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri della Difesa e dell’Interno, e che la modifica dello status del cappellano come prevede il Concordato tra Stato e Chiesa del 1929 rinnovato nel 1984, avviene “per iniziativa di entrambe le parti”, e cioè, in questo caso, il ministero della Difesa e la Conferenza episcopale italiana. 

Tutto ciò peraltro nel 1997 non impedì al governo di centrosinistra di Romano Prodi di decidere unilateralmente di alzare gradi e aumentare lo stipendio dei preti soldato. Il vicario generale, vice dell’ordinario, passò da generale di brigata a generale di divisione, gli ispettori, da tenenti colonnello a generali di brigata. Prodi ebbe un occhio di riguardo anche per le seconde linee. Così, quei sacerdoti che prima erano tenenti, capitani o maggiori, oggi possono essere anche colonnelli e tenenti colonnello. Fatto sta che il 2016 indicato come anno della svolta da mons. Frigerio non solo è arrivato ma sta anche finendo e nei fatti poco o nulla è cambiato. Il peso dei preti militari è ancora sulle spalle dei cittadini italiani. Stiamo parlando, come abbiamo visto di quasi venti di milioni di euro l’anno. 

Capziosa confusione con le Guardie Svizzere «Privilegiare la formazione cristiana del militare, accompagnando lui e i suoi familiari nel percorso della iniziazione cristiana, del cammino vocazionale, della maturazione nella fede e nella testimonianza; e contemporaneamente favorire le forme di fraternità e di comunità, come pure di preghiera liturgica e non, che siano appropriate all’ambiente e alle condizioni di vita dei militari». Così Benedetto XVI si rivolgeva ai cappellani militari di tutto il mondo indicando le linee guida del loro ministero. Era il 26 ottobre 2006 e il pontefice tedesco parlò in occasione del V Convegno internazionale degli Ordinari militari. 

In Italia i cappellani presenti nelle nostre caserme sono soltanto cattolici e poco importa se la Corte costituzionale per ben tre volte ha sentenziato che la laicità dello Stato è un caposaldo della nostra Legge primaria. Militari atei, di fede islamica, buddisti o valdesi, non hanno diritto a ricevere un’assistenza spirituale. O forse lo acquisiscono solo in caso di conversione a cui forse tendono i cappellani.

Federico Tulli


Non Credo N. 45


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Commento di Paolo D'Arpini: 
"La continuazione di un esercito vaticano (guardie svizzere) e la  presenza dei cappellani militari nell'esercito sono in antitesi con il messaggio papale di Bergoglio del 1 gennaio 2017, che "inneggia" alla pace ed alla nonviolenza:  http://bioregionalismo-treia.blogspot.it/2017/01/la-nonviolenza-nel-messaggio-di-papa.html"

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