"La nostra vita non è separata dalla Vita. La nostra esistenza individuale è parte dell’Esistenza totale, inscindibilmente connesse, inseparabili..." (Saul Arpino)
C’è nell’induismo una bellissima immagine che raffigura il Creatore, Brahma, attaccato con un cordone ombelicale a Vishnu. Vishnu in questo caso raffigura l’Uno da cui tutto procede e non soltanto il Conservatore. Ed anche noi siamo collegati all’ombelico del cosmo, poiché siamo un’espressione vitale dell’interezza della vita, dipendenti dalla Sorgente.
In una forma di meditazione zen ci si concentra sull’ombelico, hara in giapponese, che viene considerato il punto d’incontro dell’energia vitale, ki. Nel Tantra quel punto corrisponde al chakra in cui brucia il fuoco eterno, Manipura (plesso solare). Secondo altre scuole la base di collegamento con l’infinito, di cui siamo la manifestazione, è indicato in altre aree o chakra: nella base della colonna spinale, nel cuore, nella ghiandola pineale o sulla sommità della testa (la fontanella).
Poco importa la sua ipotetica “ubicazione” –che è solo una convenienza descrittiva in quanto come può essere “ubicato” quello che tutto contiene?- ciò che conta è che sicuramente per ognuno di noi esiste un “Centro”, una radice che nutre il nostro essere. Possiamo non esserne consapevoli ma il “Centro” esiste e si esprime in forma di Coscienza.
Secondo Abraham Maslow “l’attuazione di sé” significa divenire consapevoli di questo “Centro”.
Vivere lontano dal proprio “Centro”, che è il ponte che unisce la nostra esistenza individuale con quella Universale, corrisponde al sentirsi separati, “gettati su questo mondo” –usando le parole di Sartre. Ovvero ritenersi estranei e privi di radici con l’esistenza. Da ciò deriva una condizione di perenne inquietudine, che cerchiamo di soddisfare con i desideri e le scelte, ma il risultato é solo frustrazione, paura, incertezza e lotta… ed è una lotta che conosce solo sconfitta! Infatti come ci si può ribellare o tentare di modificare la vita quando noi stessi siamo una sua emanazione?
Perciò, nella spiritualità laica, la realizzazione, l’integrità, la “santità” (se preferite questo termine) consiste nel risiedere nel proprio “Centro”. Nel lasciarsi andare in profondità sino alle radici dell’Io.
E’ difficile? Sembra impossibile?
In verità è la cosa più semplice di questo mondo, poiché –come affermava Ramana Maharshi- non possiamo fare a meno di essere quel che già siamo, basta divenirne consapevoli: “Scendete alle radici stesse dell’io. Sperimentate ciò che siete nel profondo”.
“Qualsiasi cosa è stata oggetto di esperienza, ed accettata, può essere anche trascesa; qualsiasi cosa venga repressa, e non accettata, non potrà mai essere trascesa” (Osho)
“La gioia consapevole nel mondo è la stessa dell’estasi nel Samadhi (assorbimento trascendente nel Sé)” (Shivasutra)
“Io ed il Padre mio siamo Uno…” (Gesù)
Paolo D'Arpini
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