La guerra all’Iran è già cominciata. Ed è una follia
Sulla base di un dossier debole e ambiguo come l’ultimo rapporto dell’AIEA, i capi dell’intelligence in Occidente parlano apertamente di azioni per sabotare il programma nucleare iraniano e di rivolte per rovesciare il regime, in un’escalation che potrebbe rivelarsi un terribile boomerang, e di cui l’assalto all’ambasciata britannica a Teheran è soltanto un episodio – scrive il giornalista Paul Vallely
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Per me una delle caratteristiche più imbarazzanti di Internet è che, di tanto in tanto, mi trovo ad essere confuso con un omonimo. Paul E. Vallely non sono io. Si tratta di un ex general maggiore statunitense, che attualmente è analista militare di Fox News, il canale satellitare scandalosamente di destra appartenente a Rupert Murdoch. Fra l’altro, egli vuole bombardare l’Iran, cosa che decisamente io non voglio.
C’è qualcosa di profondamente inquietante nel deterioramento dei rapporti tra l’Occidente e l’Iran negli ultimi giorni. William Hague (il ministro degli esteri britannico (N.d.T.) ) si è attenuto perfettamente al protocollo esistente nell’espellere tutti i diplomatici iraniani dalla Gran Bretagna dopo che una folla inferocita aveva saccheggiato l’ambasciata britannica a Teheran. Ma ciò che è “appropriato” non è sempre saggio.
I rapporti anglo-iraniani da lungo tempo sono improntati alla paranoia. Un vecchio proverbio persiano avverte: “Se inciampi in una pietra in mezzo alla strada, è stata messa lì da un inglese”. Le memorie britanniche possono risalire al 1989, quando l’allora Guida suprema dell’Iran, l’Ayatollah Khomeini, emise una fatwa ordinando ai musulmani di uccidere Salman Rushdie per il suo romanzo blasfemo “I versetti satanici”. Ma i ricordi persiani risalgono ancora più indietro nel tempo.
Fu l’MI6, insieme alla CIA, ad orchestrare nel 1953 il rovesciamento del popolare primo ministro Mohammad Mosaddeq, laico e democraticamente eletto. Egli aveva introdotto importanti riforme sociali, ma aveva avuto anche l’ardire di nazionalizzare l’industria petrolifera ai danni della compagnia britannica che sarebbe poi divenuta la BP. Negli anni ‘60 e ‘70 la Gran Bretagna ha sostenuto lo Scià di Persia, un uomo il cui regime si basava sulla polizia segreta e la tortura, ma che era visto come un credibile contrappeso all’influenza sovietica.
E le cose continuarono così. La Gran Bretagna ha sempre appoggiato il leader sbagliato. Abbiamo favorito Saddam Hussein nella guerra Iran-Iraq. Abbiamo deriso il sindaco reazionario di Teheran, Mahmoud Ahmadinejad, a tal punto che quando è stato eletto presidente, un’altra Guida suprema, l’Ayatollah Khamenei, ha parlato di quello inglese come del “più malvagio” dei diplomatici. Nel 2009, il canale persiano del BBC World Service ha irritato Teheran a tal punto che chiunque venisse intervistato da questo canale è stato perseguitato o arrestato. Durante le proteste post-elettorali di quell’anno, un membro dello staff iraniano dell’ambasciata britannica è stato incarcerato. Durante l’anno passato, l’Iran non ha avuto nessun ambasciatore a Londra e non ha spiegato i motivi del posto vacante.
Così l’assunzione da parte della Gran Bretagna di un ruolo guida dell’opinione pubblica internazionale contro il programma nucleare di Teheran – sostenendo che l’obiettivo di tale programma non sarebbe la produzione di combustibile nucleare, ma di armi nucleari – viene percepita in Iran nel contesto di una lunga storia di perfidia inglese. Londra è vista come un tirapiedi che raccoglie informazioni di intelligence per conto di Washington, che non ha un’ambasciata a Teheran. La Gran Bretagna è “il Piccolo Satana”, in contrasto con gli Stati Uniti che sono “il Grande Satana”.
Fu il Piccolo Interventista Tony Blair che per primo diede inizio alle sanzioni contro l’Iran. E l’accumulo di ostilità ha snervanti analogie con le ragioni a favore della guerra evocate da Blair e George Bush contro l’Iraq. Abbiamo un altro dubbio dossier, sotto forma del rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, che sostiene che l’Iran starebbe sviluppando armi nucleari, ma lo dice in gran parte sulla base di informazioni di intelligence che si fermano al 2003. Esso si basa sui documenti di un computer portatile, trovato nel 2004 dagli israeliani, la cui affidabilità suscitò un profondo scetticismo tra i servizi segreti occidentali all’epoca. Lo scienziato straniero che si dice avrebbe lavorato alla costruzione di una bomba con gli iraniani si è rivelato essere invece un esperto in nanotecnologie. E un ex ispettore capo dell’AIEA ha affermato che il tipo di camera di detonazione a cui si fa riferimento nel rapporto non potrebbe essere utilizzato in un test nucleare.
Su dati come questi si basa lo strepito dei falchi e il rullare dei tamburi delle sanzioni. I capi dell’intelligence pubblicamente dicono cose come “l’Occidente deve ricorrere a operazioni sotto copertura per sabotare il programma nucleare iraniano”. I politici pronunciano velate minacce di un attacco militare usando parole ambigue come “tutte le opzioni sono sul tavolo”. Scusatemi, ma sembra proprio di rivedere il film dell’Iraq.
Naturalmente, alcuni leader politici di Teheran vogliono realmente la bomba. Ma non è difficile capire perché. Tutti gli altri paesi nella regione ne hanno una: Israele, Pakistan, India e Russia. Le armi nucleari USA hanno Teheran nel loro raggio d’azione.
Ma l’Iran è un grande paese, politicamente sofisticato, in cui la struttura del parlamento, del presidente, dei consigli e delle assemblee di esperti religiosi, crea un sistema di pesi e contrappesi in cui il cambiamento è possibile. I riformatori hanno a volte esercitato la loro influenza nell’ambito di questo pluralismo politico. L’establishment iraniano è frammentato in fazioni, un terzo dei deputati non ha votato per il provvedimento di declassamento diplomatico dei rapporti tra l’Iran e la Gran Bretagna all’inizio della scorsa settimana. Ma sono proprio le fazioni più reazionarie e conservatrici che vengono rafforzate dalla bellicosità dell’Occidente.
E non illudetevi, la guerra è già cominciata. Aggressivi virus informatici hanno neutralizzato le centrifughe nucleari iraniane lo scorso anno. Due dei principali fisici nucleari dell’Iran sono stati assassinati, e un terzo è stato ferito da sicari motorizzati. La decisione del Regno Unito di congelare 1,6 miliardi di dollari di beni iraniani – decisione che ha provocato la violenza presso l’ambasciata britannica – è stata il quarto round di sanzioni. Falchi, come il mio omonimo a cui accennavo all’inizio, parlano apertamente di schierare droni senza pilota contro le centrali nucleari e di provocare una rivolta contro il governo di Teheran. E ora ecco lo strepito dell’UE sulla necessità di non cedere “alle intimidazioni e al teppismo dell’Iran”. La sardonica risata proveniente da Teheran riflette un’inasprita determinazione nazionalista e un incremento dell’ostilità nei confronti dell’Occidente.
Ciò che serve è esattamente l’opposto. Invece di alimentare una mentalità da assedio a Teheran, dovremmo trovare il modo di tenere aperto il dialogo attraverso il commercio e lo scambio culturale, come Washington fa con il Pakistan, le cui armi nucleari non sembrano aver provocato nessuna minaccia di attacco da parte degli Stati Uniti.
Vi è poi un’altra considerazione. L’Iran è il secondo produttore mondiale di petrolio e gas (cosa che ci fa chiedere perché abbia bisogno di esercitare il suo “diritto inalienabile” a produrre combustibile nucleare.) La settimana scorsa, l’Unione Europea ha raggiunto un accordo di principio per imporre un embargo petrolifero contro l’Iran. Ma ha rinviato qualsiasi decisione dettagliata a metà gennaio, al fine di concedere a paesi come l’Italia, la Spagna e la Grecia – che importano grandi quantità di petrolio iraniano – il tempo per trovare forniture alternative dall’Arabia Saudita e dalla Libia.
Ma cosa succederebbe se l’Iran dovesse ribaltare la situazione ed interrompere le esportazioni di petrolio verso l’Europa, concentrandosi sulle sue massicce forniture a India e Cina? Con l’Europa già in subbuglio economico, ciò potrebbe creare un altro shock petrolifero della portata di quelli degli anni ‘70, che depressero l’economia mondiale, innescarono un crollo del mercato azionario, spinsero in alto l’inflazione e portarono a un’ondata di disoccupazione che ha rovesciato interi governi.
Oppure Teheran potrebbe annunciare un embargo petrolifero selettivo contro Gran Bretagna, Francia e Germania – lasciando indenni i suoi maggiori clienti in Europa meridionale. I mercati hanno già anticipato questa possibilità: il petrolio è salito di 2 dollari in un solo giorno dopo l’assalto all’ambasciata britannica, e i futures petroliferi sono cresciuti del 4 per cento in una settimana.
Questa corsa alla follia potrebbe rivelarsi un terribile boomerang in mille modi. Se avessimo una memoria storica lunga come quella degli iraniani ne saremmo consapevoli.
Paul Vallely
Giornalista e saggista britannico; è specializzato in questioni africane e legate allo sviluppo; scrive abitualmente sul quotidiano “The Independent”
(Traduzione di Roberto Iannuzzi)
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Fonte - Original Version: War on Iran has begun. And it is madness
http://www.independent.co.uk/opinion/commentators/paul-vallely-war-on-iran-has-begun-and-it-is-madness-6272039.html
Fonte secondaria: http://www.medarabnews.com/2011/12/06/la-guerra-all%e2%80%99iran-e-gia-cominciata-ed-e-una-follia/
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Notizia di Cronaca aggiunta:
Zero Hedge Seconda esplosione a Ishafan riportata dal "The Australian"Mentre la notizia non è stata captata da nessuna delle reti principali, la corrispondente dell’Australian a Gerusalemme, Sheera Frankel, ha riportato qualcosa di piuttosto inquietante: “Tutti gli occhi sono su Israele dopo il secondo attacco sull'Iran. Nubi di fumo salivano dalla città di Isfahan – prova del fatto che gli ultimi attacchi contro il presunto programma di armi nucleari iraniano abbiano colpito nel segno.” Riferiremo il resto della notizia in caso venisse confermata da qualsiasi altra agenzia stampa, in quanto se fosse vera significherebbe che ciò che accade dietro le quinte non è più in ombra.
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