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venerdì 17 giugno 2011
Bioregionalismo d'assalto.. Chiudere le Regioni ed aprire i Comuni e le Province
Nico Valerio (e Paolo D’Arpini) – Ecco come risparmiare sulla gestione della cosa pubblica: “Ritornare in Comune ed in Provincia.. abbandonando la Regione..”
L’Italia è densa di Storia, d’arte e di bellezze naturali, certo, ma come estensione è un piccolo Stato. Con i suoi 301 mila chilometri quadrati è simile, anzi un poco più piccola, al New Mexico (capitale Santa Fe’, Usa). Ed ha una capitale che è situata al centro esatto del suo territorio, e perciò facilmente raggiungibile da tutti i punti della Penisola in poche ore con qualunque mezzo, dall’aereo alla carrozza a cavalli. Che bisogno c’era di spezzettarla in tanti sotto-Stati, le cosiddette “Regioni” che mai sono stati davvero nel cuore e nella Storia degli Italiani, che sono sempre stati più municipalisti che regionalisti? Senza contare che le nostre regioni non corrispondono neanche a precise realtà geografiche e neanche storiche.
Infatti non corrispondono mai ai vecchi Stati pre-unitari spazzati via, per fortuna, dal Risorgimento. E allora, perché? A che servono?
I liberali, ricordo benissimo, erano contrarissimi alle Regioni. L’Italia è piccolissima, dicevano, che bisogno c’è? E sarebbe assurdo, incalzavano, spezzettarla ancora di più in tanti quasi-Stati. Non possiamo fare la scimmiottatura degli “States” in un territorio che equivale ad un loro piccolo Stato. E avevano ragione da vendere. Conoscendo il carattere e la storia degli Italiani, campanilisti fin dal Medio Evo, si rischierebbe l’anarchia, e ognuna spenderebbe senza limiti come uno Stato sovrano. Infatti le tendenze naturali di un popolo anarchico vanno temperate, non favorite.
Ed è proprio attraverso la “statizzazione” delle Regioni che il federalismo prossimo venturo potrebbe fare gravi danni separando ancora di più gli Italiani tra loro e distruggendo l’Italia, già piccolissima di per sé, come Stato.
Senza contare che le scelte della piccola e poco rilevante Italia in politica o commercio internazionale potrebbero essere ancor più ridotte, o addirittura contraddette o vanificate dalle scelte particolari delle singole Regioni. Tutte cose che puntualmente si sono verificate, commenta Paolo D’Arpini.
Senza contare gli sprechi enormi (pensiamo solo ai definit regionali nella sanità e nell’ambiente, o alle assurde rappresentanze a Roma o addirittura all’estero).
Insomma, spese pazze, clientele, inefficienza per tutte le regioni italiane, e ancor più per quelle privilegiate come “Regioni a statuto speciale” (Sicilia, Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige). E ormai il virus parassitario della Lega si è diffuso: le sciocchezze di quegli ignorantoni e paesani vengono ripetute e prese sul serio.
Ma così prosegue D’Arpini: “Dal punto di vista della comunità i cittadini si riconoscono più facilmente nella identità provinciale e raramente nell’ambito regionale. Il motivo è ovvio, la storia e la cultura in Italia hanno sempre privilegiato le comunità ristrette a partire dai Comuni sino all’ambito in cui un Comune solitamente si irradia ovvero la Provincia. Al contrario le Regioni sono state create a tavolino subito appresso l’unità d’Italia e molto spesso non rispecchiano gli ambiti di appartenenza culturale e geografica che questi territori ebbero in passato, ed il passato è presente… non è qualcosa che sparisce.
“Prendiamo l’esempio della Regione Lazio, riaggiustata durante il fascismo, togliendo all’Umbria (Rieti), togliendo alla Tuscia (alta Tuscia passata all’Umbria, Orvieto), togliendo al Regno delle Due Sicilie (Formia, etc.), riaggiustando il Frusinate ed altro ancora… Inoltre la Regione Lazio, come ogni altra Regione, nel suo governo è partigiana, ovvero cura gli interessi “democratici” degli abitanti della sola Roma, le scelte sono sempre a favore degli interessi della città. Ad esempio Roma raggruppa in sé i 4/5 degli abitanti del Lazio, il che significa che tutte le scelte amministrative regionali tendono a soddisfare gli interessi di Roma.
In conseguenza di ciò il territorio delle Province storiche del Lazio è negletto ed utilizzato esclusivamente per ubicarvi gli scomodi servizi della città, il territorio delle Province è come una colonia rispetto alla madrepatria. In tal modo la grande Roma non riuscirà mai ad adattarsi al territorio osmoticamente ma continuerà a gettarvi i suoi rifiuti, a creare strutture inquinanti, a mantenere sottosviluppate e mal collegate le componenti territoriali circostanti. Quanto detto per il Lazio vale, ovviamente anche per tutte le altre Regioni: Lombardia, Campania, etc. ove risiedono grandi agglomerati urbani.
“Visto che l’Europa sta diventando sempre più una realtà politica oltre che amministrativa è sicuramente più logico studiare degli ambiti territoriali che rispecchino un’identità “bioregionale” e questi ambiti possono essere rappresentati esclusivamente dalle Province (al massimo da agglomerati uniformi come ad esempio la Tuscia con Viterbo, Civitavecchia ed Orvieto). Quindi andrebbero ristrutturate in termini bioregionali le Province, come base aggregativa ed amministrativa del territorio ed eliminate invece le Regioni, carrozzoni inutili e fuorvianti dal punto di vista dell’integrità ecologica, geografica e storica”.
Nico Valerio
(Fonte: Salon Voltaire)
......
Nota Aggiunta:
La gran parte dell’articolo è una lunghissima citazione di Paolo D’Arpini. L’ho citata perché originale e perché colpisce nel segno. Se è vero – come giustamente ricordi – che le Province sono spesso realtà amministrative artificiali (il Fascismo le ingrandì o rimpicciolì a piacer suo), ammetterai che sono le Regioni a farci perdere più soldi e a fare i danni maggiori. Oggi hanno tutto in mano: dalla sanità all’ambiente. E infatti il marcio è lì, non nelle Province. Queste ultime sono “solo” inutili: ricordo che lo sentivo dire già da adolescente giovane liberale, prima ancora di andare dai radicali.
Insomma abbiamo di fronte 2 enti locali, il primo (la Regione) “utile” ma corrotto, anzi fonte di corruzione per l’intera vita politica e sociale. Il secondo (la Provincia, inutile, ma talmente inutile che “non” è fonte di corruzione, ma semmai uno spreco, un piccolo spreco. Piccolo rispetto all’enorme spreco della Regione. Che fare?
Siamo sicuri che in un Paese molto piccolo come l’Italia, lo Stato e i Comuni non basterebbero? O almeno lo Stato e i Consorzi di Comuni, ma a costo zero?
Non ne posso più delle Regioni. Sono il vero male dell’Italia. Voglio cacciare i consiglieri regionali. i loro portaborse e la pletorica e super-pagata burocrazia inutile in Sicilia, Alto Adige-Trentino, Sardegna, Val d’Aosta, Campania ecc.
Questo il primo obiettivo per moralizzare l’Italia a costo zero.
Bravo D’Arpini che mi ha dato l’idea.
(N.V.)
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