L’ecologia è la percezione di far parte integrante di un Complesso molto più vasto, l’Ecosistema (o la Terra), ed avere come primo valore la buona salute di questo Organismo.
La vita di una foresta
In una foresta vediamo alberi,funghi, felci, scoiattoli, uccelli, altri esseri senzienti, l’aria, il soffio del vento, il sole, il cielo, le nuvole: le relazioni fra tutti i componenti sono spesso più significative dei singoli individui. L’essere vivente deve respirare, le piante verdi devono creare la sostanza organica, ripristinare l’ossigeno, ciascuno deve mangiare, poi lascia dei residui che sono utili ad altri esseri. Tutto il complesso resta ciclicamente simile a sé stesso, almeno se consideriamo i “nostri” tempi.
Tutto questo non è un “ambiente”, come se si trattasse della nostra casa. Noi siamo un componente del mondo naturale, siamo come le cellule di un Organismo. La nostra costituzione, il nostro comportamento e le nostre emozioni sono dello stesso tipo di quelle degli altri Mammiferi.
L’ecologia è la percezione di far parte integrante di un Complesso molto più vasto, l’Ecosistema (o la Terra), ed avere come primo valore la buona salute di questo Organismo.
Dagli studi sui sistemi e sugli esseri collettivi, sappiamo che, oltre un certo grado di complessità del sistema, si ha l’emergenza di fenomeni mentali. Poiché tutti i viventi e gli ecosistemi sono sistemi altamente complessi, ne consegue che è corretto attribuire a tali entità la denominazione di “esseri senzienti”. Così è per un bosco, per una palude, un prato, che hanno una grande varietà di viventi e di relazioni organiche/inorganiche.
C’è un fluire di materia-energia tra un vivente e l’altro e con il mondo inorganico, il terreno, l’humus, gli esseri piccolissimi. Non c’è alcun motivo per dubitare che ci siano anche scambi mentali. Il sistema vivente si mantiene in questo modo a tempo indeterminato senza grosse variazioni permanenti, a meno che ci siano azioni drastiche che lo fanno uscire dalle sue capacità di autocorreggersi. Il bosco si mantiene in modo autonomo, senza interventi esterni, a parte la necessità di venire rifornito di energia solare.
Anche la Terra nel suo complesso si mantiene in vita se il suo grado di biovarietà è sufficiente: ha bisogno solo dell’energia del Sole, che restituirà infine allo spazio cosmico. Gli umani sono una componente di questo sistema totale: possono vivere soltanto se si mantiene in vita il complesso di cui fanno parte.
L’emergenza di fenomeni mentali nei sottosistemi del bosco significa che si formano esseri collettivi, e così possiamo considerare gli Elfi, o le altre entità presenti nelle tradizioni di tutti i popoli delle foreste. L’esistenza di questi esseri ha una durata di ordine di grandezza molto superiore alla durata di vita di ogni singolo componente, o di qualunque vivente in senso materiale-biologico: infatti, secondo tutte le tradizioni, gli Elfi “sono immortali”. Vivono tanto più a lungo di noi, che sono stati considerati in pratica come immortali.
La comunità di milioni di vite diverse del suolo, sia macroscopiche che microscopiche, fa parte integrante della vita del bosco, che si autosostiene. Invece, nei campi coltivati della civiltà industriale si impiegano grandi quantità di sostanze chimiche: fertilizzanti, antiparassitari, fitofarmaci, energia proveniente da molto lontano (prodotti petroliferi), e così via. Poiché il campo non ha una sufficiente varietà interna per autosostenersi, deve essere continuamente “mantenuto” con sostanze estranee molto pericolose. Come esempio, un campo coltivato a monocoltura non può autoripararsi. Si mantiene solo con pesanti apporti esterni: l’aumento di produttività è temporaneo e illusorio, perché il bilancio complessivo è negativo.
L’anima degli esseri senzienti
Nella tradizione della cultura occidentale e nell’insegnamento delle religioni giudaico-cristiana e islamica, il concetto di anima ha in genere il significato di un’entità stabile, permanente, autonoma e unitaria. E’ qualcosa che “c’è” o “non c’è”. Viene associata esclusivamente all’essere umano, in senso individuale.
Per il materialismo, che è l’ala “ufficiale” della scienza meccanicista ed ha oggi un notevole seguito in Occidente, l’anima non esiste e il pensiero si riduce a una specie di secrezione del cervello: nessuna considerazione per la mente sistemica di un sistema altamente complesso.
Alla luce delle conoscenze attuali di una scienza più estesa, della psicologia transpersonale, della teoria dei sistemi e della fisica quantistica, entrambe le posizioni sono insostenibili. Si tratta, come al solito, di quelle concezioni contrapposte tanto comuni nella nostra civiltà attuale.
Oggi sembra più logico pensare in termini di mente-psiche-spirito: un’entità variabile e senza confini definiti, che si modifica nel tempo ed è caratteristica di tutti i sistemi oltre un certo livello di complessità. Sarà bene anticipare subito che tutti i sistemi viventi hanno un livello di complessità molto elevato. E’ evidente che, in questo quadro, dire che l’uomo ha l’anima e gli animali “non ce l’hanno” è privo di qualunque significato. Tutti i viventi sono anche senzienti, e tali sono tutte le entità naturali, come ecosistemi, complessi di viventi, vegetali, esseri collettivi, ecc. Gli esseri senzienti (che non significa necessariamente coscienti) hanno un “valore in sé”, indipendente da ogni riferimento umano. L’uomo sta alla Natura come la parte al Tutto, come un tipo di cellule sta all’Organismo psicofisico di cui fa parte.
Dare un valore “in sé” a tutte le entità naturali e alle relazioni che le legano vuol dire attribuire un profondo significato alla Vita e al mondo, accettarne e comprenderne la spiritualità immanente.
In un recente passato si è sempre dovuto spostare il confine fra “umano” e “animale”, man mano che si accumulavano nuove scoperte e nuovi studi, ma infine il tentativo di mantenere comunque una divisione è fallito: il confine non esiste. Gli altri animali giocano, soffrono, amano, hanno emozioni profonde, sono coscienti, tengono un comportamento del tutto paragonabile a quello umano.
Allora, qual'è la facoltà che consente di attribuire a un’entità dei “diritti soggettivi”? Se fosse qualche forma di coscienza o consapevolezza, non si capisce con quale logica si riconoscono diritti alle persone in coma o agli embrioni umani e non si considera degno di considerazioni morali soggettive un essere consapevole e senziente come un orango o un delfino.
Gran parte delle posizioni attuali della cultura occidentale derivano dalle religioni che si sono originate nella regione medio-orientale ed hanno invaso il mondo, spesso con la violenza, diffondendo ideologie mostruosamente antropocentriche. Le istituzioni che le rappresentano continuano quest’opera: a parte le amenità sul concetto di “anima”, anche sul piano pratico si agitano non poco per quattro cellule surgelate (purché umane) e non dicono una parola sulle spaventose sofferenze inflitte a tanti esseri senzienti o sulla distruzione degli ecosistemi. Il pensiero materialista non ha cambiato nulla mantenendo l’uomo “al centro” attraverso una specie di “merito selettivo”, che gli ha conservato l’esclusiva mentale-spirituale.
Noi crediamo di sapere quasi tutto della Natura. Abbiamo tuttavia trascurato di considerare la presenza di una dimensione spirituale che è presente in ogni ente naturale: umano-animale, vegetale, minerale, acqua ed aria comprese. In realtà la visione ideologica che ci fa credere unici e diversi cioè inconfondibili e migliori di tutti gli altri esseri viventi sul pianeta, è solo un curioso delirio di grandezza.
Anche la scienza, che conosce la nostra posizione in Natura, non fa niente. Anzi, con le sue premesse essenzialmente materialiste, contribuisce in pratica al degrado del Complesso dei Viventi: solo di recente si è manifestata qualche tendenza in direzione diversa. Si tratta di piccole minoranze, anche se in fase di aumento.
Viene comunque spontaneo chiedersi se sia più materialista una visione del mondo in cui tutto è soltanto materia inerte, tranne una sola specie “privilegiata”, o un sottofondo di pensiero in cui qualunque entità naturale evidenzia lo spirito, la mente o l’Anima del mondo.
L’errore antropocentrico
I movimenti che si ispirano a idee ecologiste più profonde di quelle dei mezzi di comunicazione e delle Associazioni ambientaliste (risorse, rifiuti, pulizia, inquinamento, parchi, ecc.) si stanno fortunatamente moltiplicando. Come esempi: l’Ecologia Profonda, La Decrescita Felice, l’Ecopsicologia, il Bioregionalismo, gli studi sulle culture native e sulla mente animale, la critica alla civiltà, la spiritualità al di fuori delle religioni organizzate, e altri.
Alcuni di questi movimenti non riescono a liberarsi completamente dal sottofondo di pensiero cui abbiamo accennato: l’antropocentrismo. Tutto viene riferito all’uomo come unico depositario di valori. Dei movimenti sopra citati, l’Ecologia Profonda ha come sottofondo l’Ecocentrismo: l’abbandono dell’idea antropocentrica è la sua premessa fondamentale. Degli altri, qualcuno non si occupa in modo particolare del problema o non manifesta una piena consapevolezza di esso.
È noto alla scienza, fin dai tempi di Lamarck, cioè da un paio di secoli, che l’uomo è una specie animale a tutti gli effetti, anche facilmente classificabile: Classe Mammiferi, Ordine Primati. La nostra specie partecipa completamente della vita del complesso ecosistemico, le nostre funzioni cellulari e fisiologiche sono le stesse degli altri mammiferi, anche il comportamento non presenta particolari eccezionalità qualitative. Gli altri animali, in particolare Mammiferi e Uccelli, soffrono, amano, ragionano, curano la prole, hanno una vita sociale strutturata, trasmettono cultura.
Le differenze genetiche fra un umano e uno scimpanzé bonobo sono dell’ordine dell’1%. Tuttavia la scienza “ufficiale” riduzionista-materialista-cartesiana dimentica le sue stesse conoscenze: per non dover parlare di rispetto per la Vita ed evitare le conseguenze sull’etica, ha sostituito il precedente “diritto divino” con una specie di “merito selettivo” ed ha non solo legittimato e continuato l’opera di sfruttamento del mondo naturale e di sterminio dei viventi, ma anche giustificato “esperimenti” che comportano terribili sofferenze a tanti esseri senzienti.
Un ottimo articolo di Mary Roach (Almost Human: National Geographic, aprile 2008), riporta frasi come questa:“E’ impossibile trascorrere qualche tempo con gli scimpanzé e non restare colpiti dalla constatazione di quanto sono simili a noi”. Ancora dal National Geographic, ottobre 2010, ecco un’affermazione di Jane Goodall: “E’ impossibile vivere insieme a qualsiasi animale con un cervello sviluppato senza rendersi conto che ogni animale ha una personalità”. Siamo immersi nell’Anima del Mondo o, se preferite, nell’Inconscio collettivo, nell’Inconscio ecologico: noi siamo la Terra!
È necessario emancipare l’ecologia da semplice branca della biologia dalla quale è nata a una scienza delle relazioni e dell’insieme. Siamo parte integrante del mondo in cui viviamo tanto quanto i fiumi e gli alberi, intessuti dello stesso intricato flusso di materia-energia-mente. Non ci sono discontinuità: anche i vegetali partecipano alla Mente Estesa, sentono le emozioni, sono collegati alla Vita.
Se non usciamo dall’antropocentrismo, così radicato nella cultura occidentale e nella filosofia di fondo del pensiero di derivazione giudaico-cristiana-islamica, tutti i tentativi di reintegrazione nel mondo naturale sono destinati a fallire: sarà ben difficile ottenere la fine del mito della crescita continuando a pensare che tutto è fatto per l’uomo. Se insisteremo in quell’idea di fondo, sarà l’Ecosistema totale a provvedere a un ridimensionamento della nostra specie, probabilmente con un transitorio poco piacevole.
Come riassunto, ecco alcune conseguenze dell’antropocentrismo:
- Si pensa che le uniche attività degne di considerazione siano quelle “per il benessere dell’uomo” senza accorgersi che, essendo la nostra specie nella posizione di un tipo di cellule in un Organismo, il benessere coincide con la buona salute dell’Organismo, cioè della Terra;
- Ne consegue l’ossessionante primato dato alle questioni economiche, al denaro, al mercato e a tutte le amenità da cui siamo bombardati quotidianamente. Non ci si chiede neppure se questo sia davvero benessere, anche solo per gli umani;
- Non c’è alcuna considerazione per la Vita in sé, se non in quanto utile all’uomo o, nella migliore delle ipotesi, perché serve alla sua ricreazione. Gli altri esseri senzienti, i prati, le paludi e le foreste sono considerati “risorse”;
- Per piccoli presunti vantaggi “umani” si tengono comportamenti che distruggono la Vita come complesso, ritenuta “al di fuori”: si ignora la rete di relazioni di cui siamo parte insieme a tutti gli altri viventi.
L’ossessione per lo sviluppo economico proviene da queste idee di fondo.
Comunque è probabile che le sofferenze apportate alla Vita debbano essere ripagate e che quindi ci si debba attendere un “ritorno” ad opera delle forze sistemiche, o, se preferite, ad opera della legge del karma.
L’Etica della Terra
Secondo le idee correnti nella civiltà industriale, la natura è solamente una riserva di materiale a disposizione della nostra specie. Ovunque si sono costruite strade, mercati, case residenziali e fabbriche al posto delle savane o delle foreste. Ma la foresta è un valore molto più grande di qualunque costruzione umana.
I filosofi occidentali (salvo eccezioni) in genere non considerano l'intrinseco valore della natura, perché la natura appartiene alla sfera delle scienze naturali, mentre i valori, per loro, sono generati dall'attività umana. Ma i valori non esistono solo nell'uomo ma nelle piante, negli animali ed anche negli ecosistemi. Il punto di partenza più naturale per trovare i valori è di cercarli negli altri animali, dove certamente esiste la sofferenza. Che una pianta di casa cresca rigogliosa o meno può dipendere dagli umani, però il suo benessere o malessere è una qualità propria della pianta. Il problema nasce dall'affermazione della mancanza d'identità nelle piante.
Se una pianta non ha identità, cos'è che soffre o che prospera? Ma non c’è proprio niente che ci possa far affermare che le piante non hanno un’identità. La tradizione occidentale lega i valori agli individui e perciò non comprende che una montagna possa avere un valore intrinseco, né che la Natura come un tutto possa essere un soggetto con una coscienza olistica.
Nella cultura occidentale, e quindi ormai in tutto il mondo, ancora oggi la nostra specie non è di fatto considerata una parte della Biosfera, ma come un elemento esterno rispetto al quale si misura ogni valore. Ora invece sappiamo che l’uomo non è nella posizione di “abitante di una casa”, ma è come un gruppo di cellule di un Organismo, da cui dipende totalmente. Infatti l’Ecosistema globale è un Organismo: questa posizione della nostra specie deve ancora essere recepita dalle correnti filosofiche occidentali, oltre che da tutte le istituzioni.
La percezione dell’appartenenza della nostra specie alla Natura avrebbe dovuto essere accolta con grande serenità: era come liberarsi da un peso inutile. Invece non è stato così, o forse non ancora: nel linguaggio corrente, nell’etica, nel diritto, l’uomo è ancora spesso considerato in contrapposizione con l’idea di animale.
La posizione “esterna” dell’uomo, ormai esportata in tutto il mondo, è il sottofondo di pensiero che ha provocato i grossi guai in cui ci troviamo. Considerare l’uomo al di sopra o al di fuori dell’Ecosistema ha causato anche il drammatico aumento di popolazione umana, il primato dell’economia e la spaventosa crescita dei consumi che hanno caratterizzato gli ultimi due secoli.
L’etica della Terra non è soltanto una posizione filosofica, è soprattutto una necessità per mantenere in vita e in salute l’Organismo cui apparteniamo, assieme alle altre specie, agli ecosistemi, all’atmosfera, al mare, ai fiumi, alle montagne. Riassumendo, l’etica richiede una sorta di empatia verso tutte le entità naturali.
La speranza dell’utopia
L’economia umana dipende dall’Ecosistema. L’economia è un dettaglio dell’ecologia e non viceversa. Non vi può essere una crescita continua dell’economia: si tratta di un fenomeno impossibile. Inoltre, il numero massimo di umani che la Terra può supportare è limitato. Gli studi più attendibili in proposito danno valori attorno ai due-tre miliardi di individui, come media grossolana in funzione dei consumi e del modo di vivere. Numeri più alti possono persistere solo per tempi brevi. Date queste premesse e vista la situazione attuale, cosa si può fare per riportare l’Ecosfera in buona salute?
La vita di una foresta
In una foresta vediamo alberi,funghi, felci, scoiattoli, uccelli, altri esseri senzienti, l’aria, il soffio del vento, il sole, il cielo, le nuvole: le relazioni fra tutti i componenti sono spesso più significative dei singoli individui. L’essere vivente deve respirare, le piante verdi devono creare la sostanza organica, ripristinare l’ossigeno, ciascuno deve mangiare, poi lascia dei residui che sono utili ad altri esseri. Tutto il complesso resta ciclicamente simile a sé stesso, almeno se consideriamo i “nostri” tempi.
Tutto questo non è un “ambiente”, come se si trattasse della nostra casa. Noi siamo un componente del mondo naturale, siamo come le cellule di un Organismo. La nostra costituzione, il nostro comportamento e le nostre emozioni sono dello stesso tipo di quelle degli altri Mammiferi.
L’ecologia è la percezione di far parte integrante di un Complesso molto più vasto, l’Ecosistema (o la Terra), ed avere come primo valore la buona salute di questo Organismo.
Dagli studi sui sistemi e sugli esseri collettivi, sappiamo che, oltre un certo grado di complessità del sistema, si ha l’emergenza di fenomeni mentali. Poiché tutti i viventi e gli ecosistemi sono sistemi altamente complessi, ne consegue che è corretto attribuire a tali entità la denominazione di “esseri senzienti”. Così è per un bosco, per una palude, un prato, che hanno una grande varietà di viventi e di relazioni organiche/inorganiche.
C’è un fluire di materia-energia tra un vivente e l’altro e con il mondo inorganico, il terreno, l’humus, gli esseri piccolissimi. Non c’è alcun motivo per dubitare che ci siano anche scambi mentali. Il sistema vivente si mantiene in questo modo a tempo indeterminato senza grosse variazioni permanenti, a meno che ci siano azioni drastiche che lo fanno uscire dalle sue capacità di autocorreggersi. Il bosco si mantiene in modo autonomo, senza interventi esterni, a parte la necessità di venire rifornito di energia solare.
Anche la Terra nel suo complesso si mantiene in vita se il suo grado di biovarietà è sufficiente: ha bisogno solo dell’energia del Sole, che restituirà infine allo spazio cosmico. Gli umani sono una componente di questo sistema totale: possono vivere soltanto se si mantiene in vita il complesso di cui fanno parte.
L’emergenza di fenomeni mentali nei sottosistemi del bosco significa che si formano esseri collettivi, e così possiamo considerare gli Elfi, o le altre entità presenti nelle tradizioni di tutti i popoli delle foreste. L’esistenza di questi esseri ha una durata di ordine di grandezza molto superiore alla durata di vita di ogni singolo componente, o di qualunque vivente in senso materiale-biologico: infatti, secondo tutte le tradizioni, gli Elfi “sono immortali”. Vivono tanto più a lungo di noi, che sono stati considerati in pratica come immortali.
La comunità di milioni di vite diverse del suolo, sia macroscopiche che microscopiche, fa parte integrante della vita del bosco, che si autosostiene. Invece, nei campi coltivati della civiltà industriale si impiegano grandi quantità di sostanze chimiche: fertilizzanti, antiparassitari, fitofarmaci, energia proveniente da molto lontano (prodotti petroliferi), e così via. Poiché il campo non ha una sufficiente varietà interna per autosostenersi, deve essere continuamente “mantenuto” con sostanze estranee molto pericolose. Come esempio, un campo coltivato a monocoltura non può autoripararsi. Si mantiene solo con pesanti apporti esterni: l’aumento di produttività è temporaneo e illusorio, perché il bilancio complessivo è negativo.
L’anima degli esseri senzienti
Nella tradizione della cultura occidentale e nell’insegnamento delle religioni giudaico-cristiana e islamica, il concetto di anima ha in genere il significato di un’entità stabile, permanente, autonoma e unitaria. E’ qualcosa che “c’è” o “non c’è”. Viene associata esclusivamente all’essere umano, in senso individuale.
Per il materialismo, che è l’ala “ufficiale” della scienza meccanicista ed ha oggi un notevole seguito in Occidente, l’anima non esiste e il pensiero si riduce a una specie di secrezione del cervello: nessuna considerazione per la mente sistemica di un sistema altamente complesso.
Alla luce delle conoscenze attuali di una scienza più estesa, della psicologia transpersonale, della teoria dei sistemi e della fisica quantistica, entrambe le posizioni sono insostenibili. Si tratta, come al solito, di quelle concezioni contrapposte tanto comuni nella nostra civiltà attuale.
Oggi sembra più logico pensare in termini di mente-psiche-spirito: un’entità variabile e senza confini definiti, che si modifica nel tempo ed è caratteristica di tutti i sistemi oltre un certo livello di complessità. Sarà bene anticipare subito che tutti i sistemi viventi hanno un livello di complessità molto elevato. E’ evidente che, in questo quadro, dire che l’uomo ha l’anima e gli animali “non ce l’hanno” è privo di qualunque significato. Tutti i viventi sono anche senzienti, e tali sono tutte le entità naturali, come ecosistemi, complessi di viventi, vegetali, esseri collettivi, ecc. Gli esseri senzienti (che non significa necessariamente coscienti) hanno un “valore in sé”, indipendente da ogni riferimento umano. L’uomo sta alla Natura come la parte al Tutto, come un tipo di cellule sta all’Organismo psicofisico di cui fa parte.
Dare un valore “in sé” a tutte le entità naturali e alle relazioni che le legano vuol dire attribuire un profondo significato alla Vita e al mondo, accettarne e comprenderne la spiritualità immanente.
In un recente passato si è sempre dovuto spostare il confine fra “umano” e “animale”, man mano che si accumulavano nuove scoperte e nuovi studi, ma infine il tentativo di mantenere comunque una divisione è fallito: il confine non esiste. Gli altri animali giocano, soffrono, amano, hanno emozioni profonde, sono coscienti, tengono un comportamento del tutto paragonabile a quello umano.
Allora, qual'è la facoltà che consente di attribuire a un’entità dei “diritti soggettivi”? Se fosse qualche forma di coscienza o consapevolezza, non si capisce con quale logica si riconoscono diritti alle persone in coma o agli embrioni umani e non si considera degno di considerazioni morali soggettive un essere consapevole e senziente come un orango o un delfino.
Gran parte delle posizioni attuali della cultura occidentale derivano dalle religioni che si sono originate nella regione medio-orientale ed hanno invaso il mondo, spesso con la violenza, diffondendo ideologie mostruosamente antropocentriche. Le istituzioni che le rappresentano continuano quest’opera: a parte le amenità sul concetto di “anima”, anche sul piano pratico si agitano non poco per quattro cellule surgelate (purché umane) e non dicono una parola sulle spaventose sofferenze inflitte a tanti esseri senzienti o sulla distruzione degli ecosistemi. Il pensiero materialista non ha cambiato nulla mantenendo l’uomo “al centro” attraverso una specie di “merito selettivo”, che gli ha conservato l’esclusiva mentale-spirituale.
Noi crediamo di sapere quasi tutto della Natura. Abbiamo tuttavia trascurato di considerare la presenza di una dimensione spirituale che è presente in ogni ente naturale: umano-animale, vegetale, minerale, acqua ed aria comprese. In realtà la visione ideologica che ci fa credere unici e diversi cioè inconfondibili e migliori di tutti gli altri esseri viventi sul pianeta, è solo un curioso delirio di grandezza.
Anche la scienza, che conosce la nostra posizione in Natura, non fa niente. Anzi, con le sue premesse essenzialmente materialiste, contribuisce in pratica al degrado del Complesso dei Viventi: solo di recente si è manifestata qualche tendenza in direzione diversa. Si tratta di piccole minoranze, anche se in fase di aumento.
Viene comunque spontaneo chiedersi se sia più materialista una visione del mondo in cui tutto è soltanto materia inerte, tranne una sola specie “privilegiata”, o un sottofondo di pensiero in cui qualunque entità naturale evidenzia lo spirito, la mente o l’Anima del mondo.
L’errore antropocentrico
I movimenti che si ispirano a idee ecologiste più profonde di quelle dei mezzi di comunicazione e delle Associazioni ambientaliste (risorse, rifiuti, pulizia, inquinamento, parchi, ecc.) si stanno fortunatamente moltiplicando. Come esempi: l’Ecologia Profonda, La Decrescita Felice, l’Ecopsicologia, il Bioregionalismo, gli studi sulle culture native e sulla mente animale, la critica alla civiltà, la spiritualità al di fuori delle religioni organizzate, e altri.
Alcuni di questi movimenti non riescono a liberarsi completamente dal sottofondo di pensiero cui abbiamo accennato: l’antropocentrismo. Tutto viene riferito all’uomo come unico depositario di valori. Dei movimenti sopra citati, l’Ecologia Profonda ha come sottofondo l’Ecocentrismo: l’abbandono dell’idea antropocentrica è la sua premessa fondamentale. Degli altri, qualcuno non si occupa in modo particolare del problema o non manifesta una piena consapevolezza di esso.
È noto alla scienza, fin dai tempi di Lamarck, cioè da un paio di secoli, che l’uomo è una specie animale a tutti gli effetti, anche facilmente classificabile: Classe Mammiferi, Ordine Primati. La nostra specie partecipa completamente della vita del complesso ecosistemico, le nostre funzioni cellulari e fisiologiche sono le stesse degli altri mammiferi, anche il comportamento non presenta particolari eccezionalità qualitative. Gli altri animali, in particolare Mammiferi e Uccelli, soffrono, amano, ragionano, curano la prole, hanno una vita sociale strutturata, trasmettono cultura.
Le differenze genetiche fra un umano e uno scimpanzé bonobo sono dell’ordine dell’1%. Tuttavia la scienza “ufficiale” riduzionista-materialista-cartesiana dimentica le sue stesse conoscenze: per non dover parlare di rispetto per la Vita ed evitare le conseguenze sull’etica, ha sostituito il precedente “diritto divino” con una specie di “merito selettivo” ed ha non solo legittimato e continuato l’opera di sfruttamento del mondo naturale e di sterminio dei viventi, ma anche giustificato “esperimenti” che comportano terribili sofferenze a tanti esseri senzienti.
Un ottimo articolo di Mary Roach (Almost Human: National Geographic, aprile 2008), riporta frasi come questa:“E’ impossibile trascorrere qualche tempo con gli scimpanzé e non restare colpiti dalla constatazione di quanto sono simili a noi”. Ancora dal National Geographic, ottobre 2010, ecco un’affermazione di Jane Goodall: “E’ impossibile vivere insieme a qualsiasi animale con un cervello sviluppato senza rendersi conto che ogni animale ha una personalità”. Siamo immersi nell’Anima del Mondo o, se preferite, nell’Inconscio collettivo, nell’Inconscio ecologico: noi siamo la Terra!
È necessario emancipare l’ecologia da semplice branca della biologia dalla quale è nata a una scienza delle relazioni e dell’insieme. Siamo parte integrante del mondo in cui viviamo tanto quanto i fiumi e gli alberi, intessuti dello stesso intricato flusso di materia-energia-mente. Non ci sono discontinuità: anche i vegetali partecipano alla Mente Estesa, sentono le emozioni, sono collegati alla Vita.
Se non usciamo dall’antropocentrismo, così radicato nella cultura occidentale e nella filosofia di fondo del pensiero di derivazione giudaico-cristiana-islamica, tutti i tentativi di reintegrazione nel mondo naturale sono destinati a fallire: sarà ben difficile ottenere la fine del mito della crescita continuando a pensare che tutto è fatto per l’uomo. Se insisteremo in quell’idea di fondo, sarà l’Ecosistema totale a provvedere a un ridimensionamento della nostra specie, probabilmente con un transitorio poco piacevole.
Come riassunto, ecco alcune conseguenze dell’antropocentrismo:
- Si pensa che le uniche attività degne di considerazione siano quelle “per il benessere dell’uomo” senza accorgersi che, essendo la nostra specie nella posizione di un tipo di cellule in un Organismo, il benessere coincide con la buona salute dell’Organismo, cioè della Terra;
- Ne consegue l’ossessionante primato dato alle questioni economiche, al denaro, al mercato e a tutte le amenità da cui siamo bombardati quotidianamente. Non ci si chiede neppure se questo sia davvero benessere, anche solo per gli umani;
- Non c’è alcuna considerazione per la Vita in sé, se non in quanto utile all’uomo o, nella migliore delle ipotesi, perché serve alla sua ricreazione. Gli altri esseri senzienti, i prati, le paludi e le foreste sono considerati “risorse”;
- Per piccoli presunti vantaggi “umani” si tengono comportamenti che distruggono la Vita come complesso, ritenuta “al di fuori”: si ignora la rete di relazioni di cui siamo parte insieme a tutti gli altri viventi.
L’ossessione per lo sviluppo economico proviene da queste idee di fondo.
Comunque è probabile che le sofferenze apportate alla Vita debbano essere ripagate e che quindi ci si debba attendere un “ritorno” ad opera delle forze sistemiche, o, se preferite, ad opera della legge del karma.
L’Etica della Terra
Secondo le idee correnti nella civiltà industriale, la natura è solamente una riserva di materiale a disposizione della nostra specie. Ovunque si sono costruite strade, mercati, case residenziali e fabbriche al posto delle savane o delle foreste. Ma la foresta è un valore molto più grande di qualunque costruzione umana.
I filosofi occidentali (salvo eccezioni) in genere non considerano l'intrinseco valore della natura, perché la natura appartiene alla sfera delle scienze naturali, mentre i valori, per loro, sono generati dall'attività umana. Ma i valori non esistono solo nell'uomo ma nelle piante, negli animali ed anche negli ecosistemi. Il punto di partenza più naturale per trovare i valori è di cercarli negli altri animali, dove certamente esiste la sofferenza. Che una pianta di casa cresca rigogliosa o meno può dipendere dagli umani, però il suo benessere o malessere è una qualità propria della pianta. Il problema nasce dall'affermazione della mancanza d'identità nelle piante.
Se una pianta non ha identità, cos'è che soffre o che prospera? Ma non c’è proprio niente che ci possa far affermare che le piante non hanno un’identità. La tradizione occidentale lega i valori agli individui e perciò non comprende che una montagna possa avere un valore intrinseco, né che la Natura come un tutto possa essere un soggetto con una coscienza olistica.
Nella cultura occidentale, e quindi ormai in tutto il mondo, ancora oggi la nostra specie non è di fatto considerata una parte della Biosfera, ma come un elemento esterno rispetto al quale si misura ogni valore. Ora invece sappiamo che l’uomo non è nella posizione di “abitante di una casa”, ma è come un gruppo di cellule di un Organismo, da cui dipende totalmente. Infatti l’Ecosistema globale è un Organismo: questa posizione della nostra specie deve ancora essere recepita dalle correnti filosofiche occidentali, oltre che da tutte le istituzioni.
La percezione dell’appartenenza della nostra specie alla Natura avrebbe dovuto essere accolta con grande serenità: era come liberarsi da un peso inutile. Invece non è stato così, o forse non ancora: nel linguaggio corrente, nell’etica, nel diritto, l’uomo è ancora spesso considerato in contrapposizione con l’idea di animale.
La posizione “esterna” dell’uomo, ormai esportata in tutto il mondo, è il sottofondo di pensiero che ha provocato i grossi guai in cui ci troviamo. Considerare l’uomo al di sopra o al di fuori dell’Ecosistema ha causato anche il drammatico aumento di popolazione umana, il primato dell’economia e la spaventosa crescita dei consumi che hanno caratterizzato gli ultimi due secoli.
L’etica della Terra non è soltanto una posizione filosofica, è soprattutto una necessità per mantenere in vita e in salute l’Organismo cui apparteniamo, assieme alle altre specie, agli ecosistemi, all’atmosfera, al mare, ai fiumi, alle montagne. Riassumendo, l’etica richiede una sorta di empatia verso tutte le entità naturali.
La speranza dell’utopia
L’economia umana dipende dall’Ecosistema. L’economia è un dettaglio dell’ecologia e non viceversa. Non vi può essere una crescita continua dell’economia: si tratta di un fenomeno impossibile. Inoltre, il numero massimo di umani che la Terra può supportare è limitato. Gli studi più attendibili in proposito danno valori attorno ai due-tre miliardi di individui, come media grossolana in funzione dei consumi e del modo di vivere. Numeri più alti possono persistere solo per tempi brevi. Date queste premesse e vista la situazione attuale, cosa si può fare per riportare l’Ecosfera in buona salute?
Innanzitutto, ridurre la popolazione umana: un modo potrebbe essere l’istruzione capillare, la fine del condizionamento delle istituzioni religiose e di quelle forze industrialiste-sviluppiste che vogliono ridurre l’umanità a una massa informe di consumatori. Con queste premesse, è probabile che una coppia normale non desideri più di due figli/e. Poiché circa un quinto degli umani non forma coppia, non può avere figli o non li desidera, lentamente l’umanità scenderebbe a un numero accettabile, nel giro di alcuni secoli. Anche una drastica diminuzione del consumo di carne è di grande valore, perché la dieta carnivora di un Primate così numeroso come la nostra specie è fonte di gravissimi guai per la Terra. Ad ogni passaggio della catena alimentare, si disperde il 90% dell’energia. Siamo fatti come gorilla, oranghi e scimpanzé, che si alimentano quasi completamente con frutta e verdura.
Inoltre è necessaria l’abolizione totale della caccia, che è un pessimo insegnamento.
Poi si deve garantire una vita degna a tutti gli esseri senzienti, e per questo è necessario preservare molti e vastissimi spazi per gli ecosistemi naturali. Infatti esseri individuali, specie, comunità di viventi ed ecosistemi sono esseri senzienti che hanno diritto ad una vita dignitosa e ad una propria realizzazione. Occorre elaborare un’etica che comprenda tutte le entità naturali.
Si dovrà praticare l’agricoltura solo in modo biologico e soprattutto con i principi della permacultura; inoltre alimentarsi solo con prodotti locali e nella stagione naturalmente corretta (prodotti locali di stagione).
Per quanto riguarda l’energia, si potrà utilizzare soltanto quella proveniente da pannelli solari termici e la mini-idroelettrica, da impiegare sul posto, rendendo inutili le grandi reti; inoltre coibentare al massimo tutti gli edifici per ridurre i consumi energetici. E’ necessario cessare la ricerca e l’estrazione dei combustibili fossili (carbone, petrolio, metano).
Tutti i trasporti saranno notevolmente ridotti. I motori a scoppio, di bassissimo rendimento e altamente inquinanti, vanno eliminati: basta con le strade e i trasporti su gomma. Saranno dimenticati e aboliti i grandi impianti industriali, le grandi reti, le grandi istituzioni (multinazionali).
Sarà indispensabile abbandonare completamente: la competizione economica, la globalizzazione, la crescita, il mercato; poi abolire ogni pubblicità commerciale e ogni invito al consumo, anche indiretto. Non esaltare più valori inutili e pericolosi, come la velocità, la competizione e simili. Inoltre è necessario promulgare un corpo di leggi che conferisca valore legale alle strutture e alle funzioni vitali della Terra.
Come sintesi, si promuoverà la ricerca di una cultura di simbiosi con il nostro Pianeta Vivente. Questo sottofondo culturale è molto importante: la prospettiva che pensa solo all’umano è sempre un pericolo, come dimostrano chiaramente le religioni, le sette e le ideologie umanistiche, in continuo conflitto fra loro.
Poi si deve garantire una vita degna a tutti gli esseri senzienti, e per questo è necessario preservare molti e vastissimi spazi per gli ecosistemi naturali. Infatti esseri individuali, specie, comunità di viventi ed ecosistemi sono esseri senzienti che hanno diritto ad una vita dignitosa e ad una propria realizzazione. Occorre elaborare un’etica che comprenda tutte le entità naturali.
Si dovrà praticare l’agricoltura solo in modo biologico e soprattutto con i principi della permacultura; inoltre alimentarsi solo con prodotti locali e nella stagione naturalmente corretta (prodotti locali di stagione).
Per quanto riguarda l’energia, si potrà utilizzare soltanto quella proveniente da pannelli solari termici e la mini-idroelettrica, da impiegare sul posto, rendendo inutili le grandi reti; inoltre coibentare al massimo tutti gli edifici per ridurre i consumi energetici. E’ necessario cessare la ricerca e l’estrazione dei combustibili fossili (carbone, petrolio, metano).
Tutti i trasporti saranno notevolmente ridotti. I motori a scoppio, di bassissimo rendimento e altamente inquinanti, vanno eliminati: basta con le strade e i trasporti su gomma. Saranno dimenticati e aboliti i grandi impianti industriali, le grandi reti, le grandi istituzioni (multinazionali).
Sarà indispensabile abbandonare completamente: la competizione economica, la globalizzazione, la crescita, il mercato; poi abolire ogni pubblicità commerciale e ogni invito al consumo, anche indiretto. Non esaltare più valori inutili e pericolosi, come la velocità, la competizione e simili. Inoltre è necessario promulgare un corpo di leggi che conferisca valore legale alle strutture e alle funzioni vitali della Terra.
Come sintesi, si promuoverà la ricerca di una cultura di simbiosi con il nostro Pianeta Vivente. Questo sottofondo culturale è molto importante: la prospettiva che pensa solo all’umano è sempre un pericolo, come dimostrano chiaramente le religioni, le sette e le ideologie umanistiche, in continuo conflitto fra loro.
Si tratta di utopie? Certamente. Non resta che terminare come il libro “Assalto al pianeta” di Pignatti e Trezza (Bollati Boringhieri, 2000): "rimane soltanto il coraggio dell’utopia.”
Guido Dalla Casa
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