Usa chiamata alle armi
La Camera dei rappresentanti degli Stati uniti d’America ha adottato
quasi all’unanimità (411 voti contro 10) la Risoluzione 758, che
«condanna con forza le azioni della Federazione Russa, sotto il
presidente Vladimir Putin, per aver attuato una politica di aggressione
mirante al dominio politico ed economico di paesi vicini», in
particolare l’Ucraina che «la Federazione Russa ha sottoposto a una
campagna di aggressione politica, economica e militare allo scopo di
stabilire il suo dominio sul paese e cancellare la sua indipendenza».
In tal modo la risoluzione cancella tutta la storia della
penetrazione Usa/Nato in Ucraina, fino al putsch di piazza Maidan
organizzato per suscitare la reazione dei russi di Ucraina e della
Federazione Russa, riportando l’Europa a una nuova guerra fredda.
La risoluzione chiama quindi il Presidente a fornire al governo
ucraino armi, addestramento e intelligence, e contemporaneamente a
rivedere «lo stato di prontezza delle forze armate Usa e Nato».
Accusando la Russia di violare il Trattato Inf, che nel 1991 ha
eliminato in Europa i missili nucleari a gittata intermedia lanciati da
terra (tra cui quelli Usa schierati a Comiso), la risoluzione sollecita
il Presidente a «rivedere l’utilità del Trattato Inf per gli interessi
degli Stati uniti» con la possibilità di «ritirarsi dal Trattato» (non a
caso nel momento in cui gli Usa ammodernano le armi nucleari che
mantengono in Europa, Italia compresa).
La risoluzione sollecita inoltre il Presidente a verificare se
ciascun alleato è in grado di contribuire all’«autodifesa collettiva in
base all’articolo 5 del Trattato nord-atlantico». Tale articolo, che
obbliga tutti i membri dell’Alleanza a intervenire se uno di loro è
attaccato, viene esteso di fatto oggi anche all’Ucraina, pur non essendo
ancora ufficialmente membro della Nato.
Gli alleati vengono direttamente sollecitati, nella risoluzione, a
«fornire la loro piena quota di risorse necessarie alla difesa
collettiva», cioè ad accrescere la spesa militare in base all’impegno
preso di portarla come minimo al 2% del pil. Il che implica per l’Italia
un aumento dagli attuali 52 milioni di euro al giorno, secondo i dati
ufficiali della Nato (72 secondo il Sipri), a oltre 100 milioni di euro
al giorno.
Sul piano economico, per «ridurre la capacità della Russia di usare
le forniture energetiche quale mezzo di pressione», la risoluzione
chiama l’Unione europea a «sostenere le iniziative di diversificazione
energetica» intraprese dagli Usa, in particolare «l’aumento delle
esportazioni di gas naturale e altri tipi di energia dagli Stati uniti»
verso la Ue, l’Ucraina e altri paesi europei. In altre parole, chiama la
Ue a rinunciare all’importazione di gas russo (e per questo gli Usa
hanno affossato il gasdotto South Stream) per importare quello
liquefatto (tra l’altro molto più caro) fornito dalle multinazionali
statunitensi.
La risoluzione infine chiama il Presidente a sviluppare una
strategia per «produrre e diffondere informazioni in lingua russa in
paesi con significativi settori di popolazione che parlano russo»,
massimizzando l’uso delle emitenti «Voce dell’America» e «Radio Europa
Libera/Radio Libertà» attraverso «partnership pubblico-private» con
media nazionali. Rilanciando così in Europa l’isterismo propagandistico
della guerra fredda.
Questo, in sintesi, il contenuto della Risoluzione 758 che, dopo che
sarà stata approvata anche dal Senato, diverrà una vera e propria legge
per l’attuale e le future amministrazioni. E allo stesso tempo una
dichiarazione ufficiale di guerra alla Russia che, attraverso la Nato,
riporta l’Europa in prima linea di un nuovo pericoloso confronto militare.
Manlio Dinucci
(il manifesto, 9 dicembre 2014)
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