Il custode della giustizia, in Italia
Malagiustizia. Una Storia di ordinaria follia.
Si può essere incarcerati da persona per bene e con salute malferma per scontare una condanna attinente la “violazione degli obblighi di assistenza familiare” e nonostante la pena sia stata già scontata con una misura alternativa? E questo dovuto essenzialmente a leggerezza e disservizi?
«In Italia per reati bagatellari e pene infime come queste sì. Per colpe ben più gravi forse no – risponde il dr Antonio Giangrande, scrittore dissidente che proprio in tema di giustizia ha scritto libri pertinenti questioni che nessuno osa affrontare e presidente della “Associazione Contro Tutte le Mafie” (www.controtuttelemafie.it) sodalizio nazionale –. Innanzitutto, questa è la classica storia di una coppia che sposatasi in giovane età comincia a vivere una serie di conflitti e che “per amore dei figli”(due, un maschio e una femmina) continua a mantenere lo “status matrimoniale” pur ribadendosi che al raggiungimento della loro maggiore età la separazione sarebbe stata attuata. E così, anche su suggerimento dei figli che ormai non reggevano più la reciproca intolleranza fra i genitori, i due si separano consensualmente nel febbraio 2002 con i classici accordi che prevedevano il mantenimento “dei figli” (senza specifica in termini di limiti di tempo), di cui una all’epoca maggiorenne e lavoratrice, l’altro di 15 anni. Quando Luigi Mauro Navone (questo è il nome del malcapitato) non riesce più a pagare il mantenimento alla moglie separata, le lascia un patrimonio (quadri, lampadari i e mobili di valore, 2 auto, roulotte e veranda al mare in Liguria) tale da poterne ricavare subito con la vendita (cosa che ha fatto) un valore ben maggiore degli alimenti pattuiti. Da maggio 2003, però, iniziano ad arrivare atti di precetto per il mancato pagamento delle mensilità, pignoramenti, fino alla querela presso i CC per “violazione degli obblighi di assistenza familiare” nell’agosto del 2003. Dopo di che nel settembre del 2006 viene emessa una sentenza dal Tribunale di Torino (non viene proposto patteggiamento, né sospensione della pena e la sentenza, forse, non è opportunamente impugnata dal legale di Luigi, che viene riconfermata il 26 ottobre 2009 dalla Corte di Appello di Torino e che prevede 6 mesi di reclusione, recupero della pena pecuniaria ed euro 300 di multa. Si fa istanza per la concessione di misure alternative alla detenzione: ossia l’affidamento in prova da svolgere a Viterbo. Dunque, Luigi da “bravo ragazzo” segue tutte le prescrizioni, va ai colloqui previsti con l’assistente sociale e la psicologa e conclude il tutto pagando nei termini le pene pecuniarie e le spese di giustizia. A ciò seguono le relazioni positive della psicologa e dell’assistente sociale la quale, però, va fuori del seminato e cita il fatto che lui non ha risarcito integralmente la parte offesa, dimenticando di annotare che quanto stabilito dal Tribunale di Torino è stato pagato, comprese le spese di giudizio, e nessuna altra cifra è mai stata quantificata né richiesta sia dal Tribunale di Torino, sia dalla controparte nel frattempo ricontattata per forza di cose, in quanto nessuna azione civile era stata attivata. E su questo, come su altre discrasie ci si è appellati con il ricorso alla Corte di Cassazione depositato il 13 agosto 2012. Intanto il 2 agosto 2012 arriva una telefonata “sommessa” dalla Caserma dei CC di Valentano dove si invita il “Prof. Navone” gentilmente a presentarsi. Il Prof. Navone è noto presso la sua comunità per le innumerevoli attività e prestigiosi incarichi di carattere sociale e fondatore del periodico “Lazio Opinioni (www.lazioopinioni.it). Ed il tapino è ancora lì a scontare una pena illegittima, a prescindere dal reato se sia stato commesso o meno. Ed al disgraziato è impedita, oltretutto, come racconta la sua nuova compagna, la somministrazione di medicine essenziali per la sua salute. Miserando con l’animo lesionato, più che nel fisico e nella reputazione. I motivi del ricorso in Cassazione contro il provvedimento di carcerazione del Tribunale di sorveglianza di Roma sono: non aver inteso come adempito l’obbligo del risarcimento stabilito dal Tribunale di Torino; non aver dichiarato estinta la pena all’esito della prova eseguita; aver ritenuto erroneamente la condotta omissiva in ordine all’adempimento degli obblighi e citando altri numerosi elementi sostanziali non ben definiti che inficiavano l’esito della prova; lesione del diritto di difesa per aver nominato un difensore d’ufficio, nonostante vi fosse già la nomina dell’avvocato di fiducia. La vicenda, si spera, avrà buon esito e un cospicuo risarcimento per ingiusta detenzione. Questione mai sopita quella della responsabilità dei magistrati che ricade a danno dei cittadini e non, però, di quei magistrati con delirio di onnipotenza, che trattano le persone sol come fascicoli muti e senz’anima.»
«Nella situazione di emergenza perenne che vivono le carcere italiane accade anche questo: che ad un uomo di 54 anni con gravi problemi di salute, venga revocata la misura alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali per scontare, in carcere, la pena di sei mesi. Il 54enne, affetto da diabete, cardiopatia, ipertensione e crisi respiratorie, dal 2 agosto è tornato in una cella del carcere “Mammagialla” di Viterbo a causa di una ordinanza, non conosciuta né notificata, che ha revocato la misura alternativa della messa in prova ai servizi sociali, per scontare una pena di 6 mesi. Una decisione che arriva in un momento in cui il sovraffollamento sembra essere una delle emergenze più gravi del pianeta carcere italiano: basti pensare che, alla fine di luglio, le presenze nelle carceri italiane erano di 65.860 unità, contro una capienza regolamentare di 45.590. Nel Lazio, in particolare, i detenuti presenti erano 6.960 contro una capienza di 4.839. “Casi come questo – ha commentato il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni – finiscono per mortificare sia l’umanità della pena per il detenuto, che il lavoro degli operatori sanitari, degli agenti di polizia penitenziaria e di tutti coloro che vivono e lavoro nel carcere alle prese, tutto l’anno, con le gravi lacune del sistema che, soprattutto nei mesi estivi, tendono ad acuirsi in maniera drammatica. Sarebbe il caso di individuare, per i casi come quello citato, con brevi fine pena e condizioni di salute precarie, soluzioni alternative al carcere nell’ottica di rendere più vivibile il carcere».
Dr Antonio Giangrande
Presidente dell’Associazione Contro Tutte le Mafie e di Tele Web Italia
www.controtuttelemafie.it e www.telewebitalia.eu
099.9708396 – 328.9163996
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Altra lettera in tema:
Un Paese pagliaccio.
Un uomo che conosco e che stimo si trova in galera, in un carcere di massima sorveglianza, tra criminali comuni, perché condannato a sei mesi di pena detentiva per non aver ottemperato al pagamento degli assegni familiari.
Non conosco e non voglio neppure conoscere la sua storia personale e le vicende del suo primo matrimonio. Credo che tutti abbiano a mente o vissuto storie consimili. In concreto, si tratta di 250.00 euro al mese!
Quest’uomo è gravemente ammalato di un male difficile e raro, per il quale erano in corso ricerche complesse e non ancora concluse, che si aggiunge a cardiopatia e glicemia. All’infermeria del carcere gli hanno detto che le sue medicine non servono e che ci penseranno loro a curarlo. Sono noti i mezzi di cui dispongono e la qualità dei loro specialisti.
Lascia la sua nuova famiglia, con due piccole figlie ed un lavoro precario, perché, come libero professionista, dipende dagli umori e dalla tasca dei suoi clienti, in un disordine economico ed affettivo senza precedenti per lui. Ma deve pagare. Sei mesi al caldo del carcere, dove soffrono tutti di dissenteria (ma è vietato che i congiunti possano portare carta igienica e limoni!), non curato o, peggio, mal curato, abbandonato pressoché da tutti.
Inutili i ricorsi: c’è l’estate rovente e chi deve rispondere è in ferie. Inutile l’osservanza delle regole: l’ordinanza è stata notificata l’8 agosto quando il detenuto era già in carcere dal 2 agosto! L’ordinanza si sarebbe potuta impugnare entro i termini prescritti, ma il messo giudiziario era in ferie.
Nel nostro Stato, indegno padre del diritto, le regole valgono solo per i sudditi. Un silenzio ammorbante avvolge questa vicenda minore, emblematica dell’ingiustizia patria.
Abbiamo un codice di famiglia che è vecchio e fa acqua da tutte le parti. La signora lesa sarà felice di sapere che il padre dei suoi figli è in galera e rischia di morire?
Una magistratura pachidermica e lenta, arriva dieci anni dopo a fare giustizia. Quale?
Questo è, credo, il primo ed unico caso della giustizia italiana in cui un uomo, colpevole per non aver pagato gli alimenti al coniuge, finisce in galera. Se fosse l’inizio di un nuovo corso, credo che un terzo degli Italiani dovrà preparare il proprio borsone per andare a trascorrere un po’ di tempo nelle patrie galere. C’è tanto spazio, là dentro! Da quel che sappiamo, i delinquenti veri, i presunti assassini ed i quasi certi taglieggiatori stanno a casa loro. Arresti domiciliari, si dice.
Il nostro Codice è molto generoso con chi del delitto fa una professione. Ma guai a chi è solo un dilettante! La gran parte degli ospiti delle nostre carceri o è in attesa di giudizio o sono immigrati o piccoli spacciatori o consumatori di droga. Sono loro, la popolazione carceraria prevalente. E’ giusto. Se il carcere è il master del crimine, è bene che studino, anche se stanno un po’ affollati.
Nell’ingiustizia itinerante del Paese, da cinquant’anni ci si lamenta che le carceri sono affollate. Ma quanti sono i detenuti? Più del doppio dei posti previsti? Che fa un Paese serio? Costruisce nuove carceri. Che fa un Paese matto? Depenalizza i reati minori. Per quelli maggiori, o si sta a casa o si è in libertà vigilata.
Dov’è la sicurezza dei cittadini? Nelle grinfie occhiute e stupide della giustizia sono solo i minori, i tossici, i poveracci che vendono gli occhiali e le borse sulle spiagge, i piccoli delinquenti e, udite, udite, chi non paga gli assegni famigliari.
Questi sì che sono i veri delinquenti che abbisognano di una revisione psicologica della loro personalità.
Quando Tanassi finì in ga
lera, gli fu assegnata una giovanissima psicologa, per “rieducarlo”. Viene da ridere.
Il mio amico fa consulenza professionale, ha fondato una Libera Università, scrive e dirige un giornale, è persona stimata ed apprezzata là dove vive e si è rifatto una vita. Ma che importanza ha? Deve essere rieducato.
Questo è un piccolo dramma, nel contesto dello sfascio della giustizia italiana. Ma per chi lo vive, per la sua compagna e per i suoi figli, è una grande tragedia, emblematica di come vanno le cose in questo Paese. Feroci con i deboli, ossequiosi e striscianti con i potenti.
Un Paese pagliaccio.
Stelio W. Venceslai
Questo Blog è un contenitore di lettere, notizie, proposte, argomenti di ecologia sociale e bioregionale e di spiritualità laica.
venerdì 31 agosto 2012
giovedì 30 agosto 2012
Ecologia sociale bioregionale e famiglia allargata in chiave di spiritualità laica
Ante scripum
Notizia di cronaca: Matrimonio trino, in Brasile: Scrive La Tua Voce del 30 agosto 2012: "«Vi dichiaro marito e moglie... e moglie». Claudia Domingues do Nascimento, notaio brasiliano, ha concesso il sacro vincolo del matrimonio a un uomo e due donne. A detta del notaio, nessun vincolo legale impedisce un'unione a tre, e così il trio innamorato, che collaudava l'esperienza già da anni, si è legalmente sposato. L'unione, è avvenuta tre mesi fa a Rio De Janeiro, ma la notizia è stata resa pubblica da Globo tv solo ora. Il notaio ha dichiarato all'emittente brasiliana di «Non inventare assolutamente nulla, ma ricoscere ciò che esiste. Quello che prima era considerata una famiglia, non è quello che possiamo considerare oggi»"
Il ripristino della "famiglia allargata" è una delle soluzioni possibili al deterioramento sociale e della unione matrimoniale corrente che tanti danni sta procurando alla società. I primi danni sono avvenuti attraverso lo scollamento familiare che, con il deteriorarsi del sistema patriarcale, sta trascinando la società umana in un imbarbarimento di rapporti inter-familiari. In questa società consumista i due genitori perlopiù lavorano entrambi all'esterno della casa, per motivi economici o di "emancipazione" femminile, come si dice oggi.... Il risultato è che la prole -se non è completamente assente perché da fastidio al menage- viene abbandonata a se stessa, in istituti od in mano a baby sitters o davanti al televisore a rimbambirsi. Gli anziani, che una volta svolgevano all'interno della famiglia un importante ruolo di mantenimento della cultura e di assistenza ai giovani, sono anch'essi emarginati e ridotti all'ospizio o se tenuti in casa sono comunque visti come mera fonte di guadagno, per via delle pensioni, e non possono esercitare il ruolo che la natura sin dai tempi più antichi aveva loro concesso, quello di trasmettitori della saggezza popolare.
Altro problema grave della famiglia attuale, monogama (ma per modo di dire), è che la spinta verso la virtualizzazione dei rapporti, sancita dal proliferare in tv, al cinema, sui giornali e su internet di modelli dissacratori e pornografici, ha portato anche ad un ampliamento dell'esercizio di prostituzione (maschile e femminile) in tutte le sue sfaccettature, sia virtuali che sessuali. Insomma i rapporti umani sono talmente deteriorati che l'unica via di salvezza sembra proprio il ritorno alla famiglia promiscua che contraddistingueva l'antica civiltà matristica, cioè prima dell'avvento del patriarcato e delle religioni monoteiste.
Proprio in questi giorni ho terminato di leggere un interessante libro scritto dall'amico Carlo Consiglio, naturista e vegetariano, emerito professore di zoologia alla Sapienza di Roma e presidente della LAC. Il titolo è "L'Amore con più partner", con prefazione di Luigi De Marchi, psicologo sociale e politologo di fama internazionale. Mi sono trovato perfettamente d'accordo con quanto espresso nel testo ed ammetto che parecchie delle conclusioni alle quali è giunto l'amico Carlo le ho riconosciute come mie e rientranti nel filone dell'ecologia sociale e dell'ecologia profonda di cui mi occupo da anni. Infatti togliendo l'esclusiva al modello monogamo della famiglia si possono facilmente creare soluzione sociali più in accordo con i tempi in cui viviamo.
Ed a riprova di ciò vi sottopongo un articolo da me scritto alcuni anni fa proprio su questo tema.
L’esercizio della prostituzione non ha età, sia in forma sacrale come avveniva nei templi dedicati alla Dea, sia in forma mascherata come nel caso delle etere greche o delle geishe giapponesi, sia nel modo compassionevole come per quelle donne che occasionalmente nei paesi "assistevano" maschi non maritati in cambio di vivande e compagnia, sia nel modo così detto "volgare" cioè con l’adescamento per strada, la prostituzione peripatetica, ed ancora tanti sono i modi e le maniere della concessione carnale per soddisfare una necessità fisiologica (perlopiù dei maschi) in cambio di prebende e denaro. Certo la prostituzione è una consuetudine antica, ma non così antica come si vorrebbe far credere....
Infatti è solo con l’affermarsi del patriarcato, circa cinquemila anni fa, e con la pratica del "matrimonio" che nacque nella società l’uso di "pagare" la donna. Il matrimonio stesso è una forma di accaparramento della donna, all’inizio per ottenere da lei qualche prole e successivamente per semplice sfogo sessuale. Ancora oggi in alcune civiltà asiatiche, in cui ancora si manifestano tracce del primo modello patriarcale, esistono i cosiddetti "matrimoni a tempo", eufemismo per garantirsi i favori di una donna per un breve periodo....
In occidente con l’avvento del cristianesimo, che ha sancito il matrimonio come vincolo indissolubile e sacramentale, è andata vieppiù affermandosi l’esigenza della prostituzione. Insomma si può tranquillamente affermare che la prostituzione è una diretta conseguenza del vincolo matrimoniale.
Durante i periodi storici moralistici e fino alla legge Merlin in Italia il "turpe commercio" era stata regolato nelle così dette "case chiuse", ovvero si erano tolte le prostitute dalla strada per evitare adescamenti scandalosi in periodi in cui i "colletti duri" nella società dettavano legge ma è stato solo un ipocrita sotterfugio. Oggigiorno con la liberalizzazione dei costumi (sarebbe meglio dire con la perdita della decenza) la prostituzione vagante, come pure quella domiciliare, telefonica, telematica ed in ogni altra forma possibile ed immaginabile, è diventata la norma nel rapporto fra i sessi. Non c’è più confine fra chi si prostituisce istituzionalmente, part time, a tempo pieno, su internet, nei pub, nella via, in famiglia, in vacanza, al cesso, che sia maschio o femmina non importa, chiunque in questa società è dedito alla prostituzione.... questa è la triste verità.... Ed il risultato è solo una maggiore alienazione ed un gran senso di solitudine.....
Trovo perciò assurda ogni pretesa dei governi di "regolamentare la prostituzione" quando nei fatti lo scopo è solo quello di reperire nuove fonti di entrata per l’erario e non per sanare i mali correnti dell’ipocrisia..... perbenista. Allora, se proprio si vuole affrontare il problema, in primis, evitiamo il vincolo matrimoniale che - come abbiamo visto- è la causa prima di questo scollamento sociale e della perdita di spontaneità e dignità nei rapporti fra uomo e donna. Tra l’altro non c’è nemmeno più la scusa che il matrimonio serva per proteggere i figli "che son curati e educati dalle madri che stanno in casa a far le casalinghe", lo sappiamo tutti che quella della casalinga è una categoria in estinzione. Tutte le donne infatti se vogliono campare debbono sbattersi a cercare un lavoro, come i loro uomini, oppure.... prostituirsi..
Togliendo l'obbligo istituzionale e religioso della famiglia tradizionale, composta di marito e moglie, e recuperando una morale interpersonale di spiritualità laica, si possono facilmente ricreare soluzione fantasiose, le cosiddette famiglie aperte o "piccoli clan", che di fatto stanno già nascendo più o meno di straforo e senza alcun riconoscimento ufficiale (il massimo al quale si è arrivati ma sempre in termini "monogamici" è l’unione fra 2 persone dello stesso genere). L’idea della famiglia allargata, con più femmine e maschi assieme od in altra combinazione prediletta, è l’unica speranza per risollevare le sorti della solidarietà e cooperazione fra cittadini, giovani e vecchi, che oggi non trovano una dimensione umana e culturale a loro consona. Si può definire "ecologia sociale", una sezione dell’ecologia profonda. Tante persone mi telefonano e mi chiedono: "dov’è che c’è una comune od un eco-villaggio in cui potrei andare a vivere?", questo è già un segnale che la famiglia allargata sta entrando nella mentalità sociale corrente. Solo che uno vorrebbe trovare la pappa fatta, ovvero la comune idilliaca già bell’è pronta e collaudata, invece per un risultato "ad personam" occorre rimettersi in gioco e soprattutto smetterla con i criteri speculativi del "do ut des" e del cercare gli stessi "conforts" della società consumista pure nelle nuove aggregazioni.
Basterebbe questo ad interrompere il processo "prostitutivo" maschile e femminile? Forse... se accompagnato da sincerità e pulizia di cuore e di mente. Sicuramente spariglierebbe le carte e farebbe nascere nuovi esempi di sanità pansessuale nella società umana.
Paolo D’Arpini
Rete Bioregionale Italiana
Le bugie religiose son come le feci.. alla fine vengono a galla!
"Religione, bolla di sapone..." (Saul Arpino)
L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare....
Il discorso religioso si presenta come il più difficile da affrontare, dati i due significati completamente diversi che alla religione vengono attribuiti.
Il primo è la convinzione profonda dell'esistenza di una legge superiore, mirabilmente coerente e che regola tutto l'universo. A tale legge nessuno può sottrarsi per effetto dell'ingegno umano. Esso quindi, per quella limitata possibilità di scelta che appare essergli concessa, altro non può che sforzarsi di pensare e agire conformemente a quella legge, per quanto i maggiori maestri possano apprenderne, osservando la natura che li circonda e di cui loro stessi fanno parte (conosci te stesso).
E' chiaro però, dati gli intenti di questa rubrica, che non sia della religione così intesa che vi sia "tutto da rifare", bensì di ciò che, in secoli e secoli di azione costante e pervicace sono riusciti a farne i professionisti dell'al di là.
L'uomo ha paura della morte. Ne ha paura perchè non può avere nozioni che di morte altrui, e perchè i cadaveri assumono aspetto e odore repellente. Non si sa quale genio maligno abbia intuito che la paura della morte potesse rappresentare il più colossale affare della storia. Bastava "annunziare" che la morte era un fatto provvisorio e che era seguita dalla vita eterna. Precisando però che tale vita eterna sarebbe stata di godimenti ineffabili o di sofferenze atroci a seconda della soddisfazione dei "ministri di Dio". Per i detti ministri fu un'autentica pacchia. E vi fu gente che abboccò fino all'eroismo, e molta di più che, in nome della bontà e dell'amore, commise le più efferate violenze e le più ignobili frodi.
Prendiamo il cristianesimo, o meglio i cristianesimi, sia perchè siamo stati tutti doverosamente e anagraficamente cristianizzati prima ancora di sapere di esistere, sia perchè, come Italiani, abbiamo scontato più severamente la colpa di aver permesso ad una genia di Ebrei dissidenti di spacciarsi addirittura per continuatrice della romanità e di fregiarsi delle sue glorie. La trovata si dimostrò così felice che prolificò gran copia di imitatori. Non erano trascorsi due secoli dal supplizio subito (forse) sul Golgotha da alcuni ribelli Zeloti, uno dei quali noto come Joshua il Nazoreo, che si sviluppò in tutto l'impero una serie di culti incentrati su quel mitico profeta, ma diversamente forgiati dai rispettivi preti. L'imperatore Costantino commise a quel punto il fatale errore di pensare che l'estendersi di quelle superstizioni potesse divenire un elemento unificante dell'impero, ormai in grave crisi, purchè - beninteso - la piantassero di litigare e accopparsi tra loro. Convocò allora (lui, pagano) i più significanti esponenti della molteplice setta, affinchè trovassero in qualche modo un accordo mono-cristiano, in cambio del favore della corte imperiale.
Preghiamo il lettore di considerare questi fatti certi:
1) Che il vicario di Dio in terra, successore del Pietro nominato pretesamente dal Cristo ( tu es Petrus, et super hanc petram...) a Nicea, dove tutte le controversie "teologiche" avrebbero dovuto essere risolte e dettati i dogmi definitivi della promettente religione, non ci mise piede. Si limitò a mandarci due umili diaconi, come osservatori, e nessuno degli accaniti litiganti chiese il suo parere.
2) Che le tesi rappresentate dai vari gruppi di vescovi (auto-nominatisi) erano talmente lontane tra loro da doversi seriamente dubitare che si trattasse di varietà di una stessa "fede". La più accanita delle controversie, capeggiate da tale Ario e da tale Attanasio, vertevano su punti talmente incompatibili che , a parte il nome di Joshua, non si vede proprio che avessero in comune. Per tacere delle concezioni di Giustino, di Atenagora, di Teofilo, di Origene, di Tertulliano, ognuna delle quali, nel cinquecento, avrebbe assicurato un rogo pubblico in piazza. La controversia Ario-Attanasio, risoltasi a Nicea per scelta dell'imperatore a favore del secondo, si protrasse però per oltre cinquant'anni (conc. di Costantinopoli, 381) con alterne vicende. Insomma, per 50 anni almeno, i cristiani - fortunati destinatari della rivelazione operata da Dio stesso, non seppero neppure se il crocefisso del Golgotha fosse o meno figlio di Dio, o se il medesimo fose o meno trino, o perchè avesse atteso tanti secoli a rivelarsi a quattro gatti di pastori nomadi, lasciando nella totale ignoranza tutti i suoi "figli", la quasi totalità dei quali sentì per la prima volta menzionare la morte-resurrezione del crocefisso da alcuni individui prepotenti col colletto bianco, armati fino ai denti, QUINDICI SECOLI più tardi.
3) Che, da allora ad oggi, il vicario di Dio sedente in Vaticano si è dato gran da fare a integrare con nuove "verità" quelle rozzamente rivelate dall' antiquato Autore. Attendiamo un pontefice in zucchetto bianco, che, alla presenza di milioni di bigotti plaudenti, proclami che non si tratti di trinità, ma di quatrinità, facendone parte anche la "madre di Dio (!!!").
Anzi, per quanto attiene particolarmente ai cattolici e alla quantità di atti di culto dedicati a costei, i sacramenti saranno amministrati in nome della Madre, del Padre, Del Figlio e dello Spirito Santo (in funzione di chierichetto).
Davanti alla prova evidente che la sostanza dei vari cristianesimi non sia stata che un cumulo di stolte superstizioni, sovente in contradizione tra loro, alimentata ad arte da alcuni fervidi ingegni, della stazza di un Saulo da Tarso, che riuscirono a fondarci sopra un potere immenso e quanto mai proficuo, ci si trova inevitabilmente a chiedersi come essi abbiano potuto infestare per quasi venti secoli buona parte del mondo, coinvolgendo anche personaggi di tutto rispetto sia sul piano morale che su quello intellettuale, insigni artisti e poeti, grandi demiurghi e condottieri, nature generose ed altruiste ovunque rispettate ed onorate.
A nostro avviso, tutto dipende da un fenomeno psicologico che ha sempre inficiato la cosiddetta libertà di pensiero. E' l'abitudine mentale. L'attitudine cioè della nostra specie a credere in qualcosa semplicemente a forza di sentirla ripetere da tutti, travolgendo ogni barriera critica. E il cristianesimo fu il non plus ultra di una siffatta tecnica, applicata al neonato fin dal taglio del cordone ombelicale, subito sostituito da altro e più robusto cordone , destinato a restare fino alle esequie. In Italia, riuscì persino ad assicurarsi la tolleranza e la complicità dello Stato fascista, che pur possedeva ben chiari contenuti, non precisamente evangelici.
Ma al cristianesimo e ai suoi amministratori non va attribuito solo lo stato di incapacità proprio dell'uomo moderno occidentale. Va chiesto ragione degli orribili delitti commessi sin dalle sue prime affermazione. Di essi, naturalmente , i "buoni parroci" non fanno me nzione ai fedeli, ma sono disponibili ricostruzioni storiografiche assai serie e meticolose.
Indichiamo al lettore quella che è certamente la più vasta e completa: si tratta dei dieci volumi della storia criminale del Cristianesimo ( Kriminalgeschichte des Christientums ), di Karlheiz Deschmer) pubblicata in Germania nel 1989, e in traduzione italiana dalle edizioni Ariele nel 2000. Le vittime della ferocia clericale, ogni qual volta le è occorso di disporre in qualche modo di una giustizia penale o di una forza militare, sono state milioni, donne e bambini compresi, e nessun fiore fu deposto sulle loro fosse, nessuna intercessione operò la Madonna in loro favore.
Oggi nello stato in cui i vari cristiani, avviati al sincretismo dal vergognoso calabrache del Consiglio Vaticano Secondo, sempre allo scopo di accumulare ricchezze e potere,hanno ridotto la Terra ricevuta in dono, non c'è più spazio a dubbi. La religione dell'amore, dell'umiltà, della povertà, la religione che si è appropriato Francesco D'Assisi e ha arso vivo Giordano Bruno, possiede oggi ricchezze smisurate, di cui non si ha neppure piena contezza, e tutto ciò che fa per gli umili e gli sventurati è di sollecitare oboli in cambio di Paradiso. E quelli continuano a seguire salmodiando processioni tutte colorate lunghe chilometri, spalleggiando gravosi e venerati pupazzi, per essere perdonati dei loro peccati dai monopolisti dell'al di là.
Non si scappa: se si vuol salvare l'Uomo e la Terra, dev'essere anatema contro la Chiesa che non è nè santa nè romana. L'aberrazione cristiana, piagnucolosa e feroce a un tempo dev'essere cancellata da tutte le coscienze. Ma basta farsi due passi per una qualsiasi città, borgo o villaggio, per sentirsi "tremar le vene e i polsi"! Basta toccare l'argomento, anche con rispettabilissime persone, e magari cari amici, per sentirsi assalire da llo sgomento. Basta poi contemplare le meraviglie d'arte di cui l'Italia è ridondante, tutte o quasi marchiate di cristianesimo, per dubitare che lo scopo sia oggettivamente raggiungibile.
Occorre una decisione eroica.
Per trattarne, anche solo per grandi linee , motivi tirannici di spazio impongono di dedicarvi altri interventi
E veniamo al complemento con un sintetico "discorso sul metodo". Affrontando un qualsiasi fenomeno, e in particolare uno estremamente complesso, che si dirama in una serie di fenomeni derivati, è d'uopo un intenso impegno e forte decisione, ma altresì una rigorosa prudenza. Caricare a testa bassa e froge fumanti, all'uso bolscevico, produce soltanto orribili effetti e conseguenze insanabili, come appunto il bolscevismo ha dimostrato, e non meno lo stesso Cristianesimo.
L'unico immediato taglio netto che sarà necessario, dovrà naturalmente essere la piena denuncia del Concordato, anche di ciò che n'è rimasto, per colossali abusi, inademplenze e attività proditorie e anti-nazionali da parte Vaticana. Ciò è strettamente connesso anche a quella che prima o poi dovrà essere la sorte della Città del Vaticano. Che l'Italia abbia potuto tollerare la presenza di un territorio sottratto alla propria sovranità, al centro della propria capitale, poteva spiegarsi nella sua qualità di nazione qualificata confessionalmente, ma, perduta tale qualifica, non si giustifica in alcun modo. Ma a questo , implicando alcune questioni di diritto internazionale, dovremo dedicare un intervento a parte.
Scorriamo ora un bilancio di questi dieci secoli. Dobbiamo sforzarci di distinguere, anche se non è facile:
1) Aspetti negativi in assoluto;
2) Aspetti negativi correggibili in positivi;
3) Aspetti positivi.
Dei primi abbiamo già concisamente accennato nel precedente intervento, e del resto sono a tutti voi ben noti. Sono stati fabbricati, senza alcuna base storica, migliaia e migliaia di martiri cristiani, tacendo del tutto le centinaia di migliaia di pagani di ogni sesso ed età ferocemente massacrati da alcuni "santi", dal dì di Teodosio fino ancora al decimo secolo !
Vediamo quali possiamo considerare i secondi:
Gli uomini hanno bisogno di una regola, proprio in quanto capaci di comportamento volontario. Quelli che non sono capaci di trovarla in sè,attingendo ai superiori livelli della umana natura, è necessario che la ricevano da un "alto",in qualche modo concepito. Parlo di regola interna, di quella che forma la c.d. "coscienza", non di quelle giuridiche. Dopo la forsennata distruzione della regola e del culto dei Padri, tale regola, nell ex- impero, fu data dalla Chiesa cristiana. Regola sotto molti aspetti assai discutibile, e sotto altri pessima, ma sempre meglio dell'homo homini lupus ( il nobile lupo, animale simbolo di Roma, è diventato, com'è noto, per i Cristiani una specie di cucciolo del Diavolo). L'incombente minaccia della dannazione eterna, per quanto fantasmagorica, una certa qual funzione l'ha svolta.
Anche i cosiddetti "voti" a santi e madonne hanno alla meglio rimpiazzato gli impegni che l'uomo "intero" sa prendere con se stesso, rigorosamente rispettandoli. Sostituire tutto ciò, saggiamente rettificandolo, sarà il compito più elevato dello Stato che dovremo fondare a disinfestazione avvenuta. Do per scontato che i nostri lettori sappiano bene che significhi per noi Stato sociale ed organico (id. est totalitario, non nel senso cretino in cui si usa intendere oggi dai bla bla bla appecoronati).
Nulla che assomigli neppur lontanamente a quell'associazione mafiosa tristemente nota come Repubblica Italiana nata dalla Resistenza e fondata sul lavoro (dei topacci nel formaggio).
Maggior merito che non può negarsi ai religiosi cattolici fu la paziente, tenace opera di migliaia di oscuri fraticelli, nei lunghi anni della imperversante barbarie, che permise di salvare per noi posteri i maggiori tesori della poesia e della letteratura latina. Alla cultura chiesastica si deve in fondo riconoscere, fino alle più recenti prostituzioni, la stessa sopravvivenza di un Latino simile -se non certo uguale- a quello classico.
Tenendo presente tutto, e separando (cristicamente parlando) il grano dal loglio, il colossale problema va investito in tutta la sua ampiezza.
Nessuna persecuzione, sia chiaro. Non intendiamo realizzare basse vendette, che pur sarebbero strameritate. Quelli che ci tengono, si inginocchino e si battano il petto quanto loro aggrada. Va soltanto rigorosamente cancellata ogni forma di esenzione, di privilegio, e tanto meno di concorso economico dell'erario italiano in attività che con noi non hanno più nulla a che fare. Le pubbliche vie -per dire- andranno tenute sgombre , pena rigorosa applicazione del Codice stradale. Le scuole cattoliche, ove sopravvivessero con propri mezzi, saranno alla pari con altre scuole private laiche, e sottoposte a precise regole civiche, la violazione delle quali implicherà la chiusura. Crocefissi, scritte e immagini delle superstizioni cristiane scompariranno da tutti i locali pubblici. Si vada avanti così per una decina d'anni, e poi si vedrà quanti saranno ancora i "credenti" veri, non quelli anagrafici. Con grande facilità gli uomini contraggono abitudini e con altrettanta le perdono. La ridicolaggine dei calciatori professionisti che si fanno la croce scendendo in campo sarà subbissata dall'ilarità delle curve.
Problema: centina di piccoli comuni italiani recano il nome di santi cristiani, spesso mai esistiti o autentici criminali. Si fa l'esempio della località "La Marinella", spiaggetta presso Civitavecchia, che è diventata Santa Marinella. Un'autentica mania. Riteniamo che, per quelli, non resti che stimolare e favorire l'iniziativa delle rispettive amministrazioni comunali, invitandole a riattivare i vecchi nomi romani, ove esistenti, ovvero altri tratti da tradizioni o eroi cittadini.
Resta, enorme, imponente, l'autentico mantello di monumenti cristiani che ricopre l'intera penisola, conferendole addirittura l'esterno aspetto. Un'Italia senza cupole, senza campanili, senza guglie, senza campane è addirittura difficile immaginarla, per noi moderni. Eppure, anche con esse dovranno farsi i conti, perchè il loro grande effetto suggestivo è forse tutto quel che rimane del prestigio di una religione che non ne ha più altro. E' chiaro che per un Dio come quello inventato a Nicea, padrone dell'ìntero universo (non so se mi spiego), un tempio alto un metro o alto duecento è praticamente lo stesso. Ma per gli omettini minuscoli come noi tutti, il secondo evoca l'immensità (e il fasto) del paradiso. Amen e Alleluyah (col permesso del Gran Rabbino).
Accoppiare la delicatezza con la romana fermezza non sarà certo facile, e nemmeno indolore. Ma dovremo arrivarci, o non c'è scampo. Innanzi tutto , l'immensa massa di paccottiglia delle chiese normali, man mano che vi cesserà il culto, sarà spazzata via. Tonnellate e tonnellate di gesso, di ciarpame, di stelline, di raggi d'ottone, di dorature, di mani giunte e di occhi al soffitto finiranno alle discariche, e , quanto al mobilio, saranno i poveri stessi a trovargli un'utilizzazione. Quanto, invece, alle autentiche opere d'arte, esse dovranno essere custodite in appositi musei e mostrate al piccolo pubblico degli amatori di arti figurative, come di un determinato indirizzo artistico nato ed esauritosi.
Un discorso diverso va necessariamente fatto per le grandiose e sovente gigantesche moli delle opere di achitettura. Esse non potranno continuare, nel nuovo contesto, come sono, ma, d'altro canto, non possono , oggettivamente, essere modificate, essendo, sin nella loro lontana progettazione, nella loro struttura, nelle loro intime simbologie, inscindibilmente legate a quel culto e a quella farneticante concezione di dio, bisognoso di continua esaltazione esteriore. Confesso che non vedo quale potrà essere la soluzione adottata, ma temo che non potrà essere che dolorosa, anche per noi, che all'ombra di quelle cupole siamo nati e, in certo qual modo, vi siamo affezionati. Ma non dimentichiamo che anche quelle hanno fatto parte del gioco della grande frode, e asciughiamoci ogni patetica lacrima. Anche delle nostre commozioni, il clero si è giovato a tutto spiano e senza riguardi. Ora, dobbiamo pensare al ripristino di un'autentica dimensione del sacro, senza la Fata Morgana di pupazzi e pupazzetti capricciosi e iracondi seduti sulle nuvole e loro astuti plenipotenziari in carne, ossa e portafogli.
Romani, in piedi! Il Sole invitto sorge ancora!
Rutilio Sermonti
L'è tutto sbagliato, l'è tutto da rifare....
Il discorso religioso si presenta come il più difficile da affrontare, dati i due significati completamente diversi che alla religione vengono attribuiti.
Il primo è la convinzione profonda dell'esistenza di una legge superiore, mirabilmente coerente e che regola tutto l'universo. A tale legge nessuno può sottrarsi per effetto dell'ingegno umano. Esso quindi, per quella limitata possibilità di scelta che appare essergli concessa, altro non può che sforzarsi di pensare e agire conformemente a quella legge, per quanto i maggiori maestri possano apprenderne, osservando la natura che li circonda e di cui loro stessi fanno parte (conosci te stesso).
E' chiaro però, dati gli intenti di questa rubrica, che non sia della religione così intesa che vi sia "tutto da rifare", bensì di ciò che, in secoli e secoli di azione costante e pervicace sono riusciti a farne i professionisti dell'al di là.
L'uomo ha paura della morte. Ne ha paura perchè non può avere nozioni che di morte altrui, e perchè i cadaveri assumono aspetto e odore repellente. Non si sa quale genio maligno abbia intuito che la paura della morte potesse rappresentare il più colossale affare della storia. Bastava "annunziare" che la morte era un fatto provvisorio e che era seguita dalla vita eterna. Precisando però che tale vita eterna sarebbe stata di godimenti ineffabili o di sofferenze atroci a seconda della soddisfazione dei "ministri di Dio". Per i detti ministri fu un'autentica pacchia. E vi fu gente che abboccò fino all'eroismo, e molta di più che, in nome della bontà e dell'amore, commise le più efferate violenze e le più ignobili frodi.
Prendiamo il cristianesimo, o meglio i cristianesimi, sia perchè siamo stati tutti doverosamente e anagraficamente cristianizzati prima ancora di sapere di esistere, sia perchè, come Italiani, abbiamo scontato più severamente la colpa di aver permesso ad una genia di Ebrei dissidenti di spacciarsi addirittura per continuatrice della romanità e di fregiarsi delle sue glorie. La trovata si dimostrò così felice che prolificò gran copia di imitatori. Non erano trascorsi due secoli dal supplizio subito (forse) sul Golgotha da alcuni ribelli Zeloti, uno dei quali noto come Joshua il Nazoreo, che si sviluppò in tutto l'impero una serie di culti incentrati su quel mitico profeta, ma diversamente forgiati dai rispettivi preti. L'imperatore Costantino commise a quel punto il fatale errore di pensare che l'estendersi di quelle superstizioni potesse divenire un elemento unificante dell'impero, ormai in grave crisi, purchè - beninteso - la piantassero di litigare e accopparsi tra loro. Convocò allora (lui, pagano) i più significanti esponenti della molteplice setta, affinchè trovassero in qualche modo un accordo mono-cristiano, in cambio del favore della corte imperiale.
Preghiamo il lettore di considerare questi fatti certi:
1) Che il vicario di Dio in terra, successore del Pietro nominato pretesamente dal Cristo ( tu es Petrus, et super hanc petram...) a Nicea, dove tutte le controversie "teologiche" avrebbero dovuto essere risolte e dettati i dogmi definitivi della promettente religione, non ci mise piede. Si limitò a mandarci due umili diaconi, come osservatori, e nessuno degli accaniti litiganti chiese il suo parere.
2) Che le tesi rappresentate dai vari gruppi di vescovi (auto-nominatisi) erano talmente lontane tra loro da doversi seriamente dubitare che si trattasse di varietà di una stessa "fede". La più accanita delle controversie, capeggiate da tale Ario e da tale Attanasio, vertevano su punti talmente incompatibili che , a parte il nome di Joshua, non si vede proprio che avessero in comune. Per tacere delle concezioni di Giustino, di Atenagora, di Teofilo, di Origene, di Tertulliano, ognuna delle quali, nel cinquecento, avrebbe assicurato un rogo pubblico in piazza. La controversia Ario-Attanasio, risoltasi a Nicea per scelta dell'imperatore a favore del secondo, si protrasse però per oltre cinquant'anni (conc. di Costantinopoli, 381) con alterne vicende. Insomma, per 50 anni almeno, i cristiani - fortunati destinatari della rivelazione operata da Dio stesso, non seppero neppure se il crocefisso del Golgotha fosse o meno figlio di Dio, o se il medesimo fose o meno trino, o perchè avesse atteso tanti secoli a rivelarsi a quattro gatti di pastori nomadi, lasciando nella totale ignoranza tutti i suoi "figli", la quasi totalità dei quali sentì per la prima volta menzionare la morte-resurrezione del crocefisso da alcuni individui prepotenti col colletto bianco, armati fino ai denti, QUINDICI SECOLI più tardi.
3) Che, da allora ad oggi, il vicario di Dio sedente in Vaticano si è dato gran da fare a integrare con nuove "verità" quelle rozzamente rivelate dall' antiquato Autore. Attendiamo un pontefice in zucchetto bianco, che, alla presenza di milioni di bigotti plaudenti, proclami che non si tratti di trinità, ma di quatrinità, facendone parte anche la "madre di Dio (!!!").
Anzi, per quanto attiene particolarmente ai cattolici e alla quantità di atti di culto dedicati a costei, i sacramenti saranno amministrati in nome della Madre, del Padre, Del Figlio e dello Spirito Santo (in funzione di chierichetto).
Davanti alla prova evidente che la sostanza dei vari cristianesimi non sia stata che un cumulo di stolte superstizioni, sovente in contradizione tra loro, alimentata ad arte da alcuni fervidi ingegni, della stazza di un Saulo da Tarso, che riuscirono a fondarci sopra un potere immenso e quanto mai proficuo, ci si trova inevitabilmente a chiedersi come essi abbiano potuto infestare per quasi venti secoli buona parte del mondo, coinvolgendo anche personaggi di tutto rispetto sia sul piano morale che su quello intellettuale, insigni artisti e poeti, grandi demiurghi e condottieri, nature generose ed altruiste ovunque rispettate ed onorate.
A nostro avviso, tutto dipende da un fenomeno psicologico che ha sempre inficiato la cosiddetta libertà di pensiero. E' l'abitudine mentale. L'attitudine cioè della nostra specie a credere in qualcosa semplicemente a forza di sentirla ripetere da tutti, travolgendo ogni barriera critica. E il cristianesimo fu il non plus ultra di una siffatta tecnica, applicata al neonato fin dal taglio del cordone ombelicale, subito sostituito da altro e più robusto cordone , destinato a restare fino alle esequie. In Italia, riuscì persino ad assicurarsi la tolleranza e la complicità dello Stato fascista, che pur possedeva ben chiari contenuti, non precisamente evangelici.
Ma al cristianesimo e ai suoi amministratori non va attribuito solo lo stato di incapacità proprio dell'uomo moderno occidentale. Va chiesto ragione degli orribili delitti commessi sin dalle sue prime affermazione. Di essi, naturalmente , i "buoni parroci" non fanno me nzione ai fedeli, ma sono disponibili ricostruzioni storiografiche assai serie e meticolose.
Indichiamo al lettore quella che è certamente la più vasta e completa: si tratta dei dieci volumi della storia criminale del Cristianesimo ( Kriminalgeschichte des Christientums ), di Karlheiz Deschmer) pubblicata in Germania nel 1989, e in traduzione italiana dalle edizioni Ariele nel 2000. Le vittime della ferocia clericale, ogni qual volta le è occorso di disporre in qualche modo di una giustizia penale o di una forza militare, sono state milioni, donne e bambini compresi, e nessun fiore fu deposto sulle loro fosse, nessuna intercessione operò la Madonna in loro favore.
Oggi nello stato in cui i vari cristiani, avviati al sincretismo dal vergognoso calabrache del Consiglio Vaticano Secondo, sempre allo scopo di accumulare ricchezze e potere,hanno ridotto la Terra ricevuta in dono, non c'è più spazio a dubbi. La religione dell'amore, dell'umiltà, della povertà, la religione che si è appropriato Francesco D'Assisi e ha arso vivo Giordano Bruno, possiede oggi ricchezze smisurate, di cui non si ha neppure piena contezza, e tutto ciò che fa per gli umili e gli sventurati è di sollecitare oboli in cambio di Paradiso. E quelli continuano a seguire salmodiando processioni tutte colorate lunghe chilometri, spalleggiando gravosi e venerati pupazzi, per essere perdonati dei loro peccati dai monopolisti dell'al di là.
Non si scappa: se si vuol salvare l'Uomo e la Terra, dev'essere anatema contro la Chiesa che non è nè santa nè romana. L'aberrazione cristiana, piagnucolosa e feroce a un tempo dev'essere cancellata da tutte le coscienze. Ma basta farsi due passi per una qualsiasi città, borgo o villaggio, per sentirsi "tremar le vene e i polsi"! Basta toccare l'argomento, anche con rispettabilissime persone, e magari cari amici, per sentirsi assalire da llo sgomento. Basta poi contemplare le meraviglie d'arte di cui l'Italia è ridondante, tutte o quasi marchiate di cristianesimo, per dubitare che lo scopo sia oggettivamente raggiungibile.
Occorre una decisione eroica.
Per trattarne, anche solo per grandi linee , motivi tirannici di spazio impongono di dedicarvi altri interventi
E veniamo al complemento con un sintetico "discorso sul metodo". Affrontando un qualsiasi fenomeno, e in particolare uno estremamente complesso, che si dirama in una serie di fenomeni derivati, è d'uopo un intenso impegno e forte decisione, ma altresì una rigorosa prudenza. Caricare a testa bassa e froge fumanti, all'uso bolscevico, produce soltanto orribili effetti e conseguenze insanabili, come appunto il bolscevismo ha dimostrato, e non meno lo stesso Cristianesimo.
L'unico immediato taglio netto che sarà necessario, dovrà naturalmente essere la piena denuncia del Concordato, anche di ciò che n'è rimasto, per colossali abusi, inademplenze e attività proditorie e anti-nazionali da parte Vaticana. Ciò è strettamente connesso anche a quella che prima o poi dovrà essere la sorte della Città del Vaticano. Che l'Italia abbia potuto tollerare la presenza di un territorio sottratto alla propria sovranità, al centro della propria capitale, poteva spiegarsi nella sua qualità di nazione qualificata confessionalmente, ma, perduta tale qualifica, non si giustifica in alcun modo. Ma a questo , implicando alcune questioni di diritto internazionale, dovremo dedicare un intervento a parte.
Scorriamo ora un bilancio di questi dieci secoli. Dobbiamo sforzarci di distinguere, anche se non è facile:
1) Aspetti negativi in assoluto;
2) Aspetti negativi correggibili in positivi;
3) Aspetti positivi.
Dei primi abbiamo già concisamente accennato nel precedente intervento, e del resto sono a tutti voi ben noti. Sono stati fabbricati, senza alcuna base storica, migliaia e migliaia di martiri cristiani, tacendo del tutto le centinaia di migliaia di pagani di ogni sesso ed età ferocemente massacrati da alcuni "santi", dal dì di Teodosio fino ancora al decimo secolo !
Vediamo quali possiamo considerare i secondi:
Gli uomini hanno bisogno di una regola, proprio in quanto capaci di comportamento volontario. Quelli che non sono capaci di trovarla in sè,attingendo ai superiori livelli della umana natura, è necessario che la ricevano da un "alto",in qualche modo concepito. Parlo di regola interna, di quella che forma la c.d. "coscienza", non di quelle giuridiche. Dopo la forsennata distruzione della regola e del culto dei Padri, tale regola, nell ex- impero, fu data dalla Chiesa cristiana. Regola sotto molti aspetti assai discutibile, e sotto altri pessima, ma sempre meglio dell'homo homini lupus ( il nobile lupo, animale simbolo di Roma, è diventato, com'è noto, per i Cristiani una specie di cucciolo del Diavolo). L'incombente minaccia della dannazione eterna, per quanto fantasmagorica, una certa qual funzione l'ha svolta.
Anche i cosiddetti "voti" a santi e madonne hanno alla meglio rimpiazzato gli impegni che l'uomo "intero" sa prendere con se stesso, rigorosamente rispettandoli. Sostituire tutto ciò, saggiamente rettificandolo, sarà il compito più elevato dello Stato che dovremo fondare a disinfestazione avvenuta. Do per scontato che i nostri lettori sappiano bene che significhi per noi Stato sociale ed organico (id. est totalitario, non nel senso cretino in cui si usa intendere oggi dai bla bla bla appecoronati).
Nulla che assomigli neppur lontanamente a quell'associazione mafiosa tristemente nota come Repubblica Italiana nata dalla Resistenza e fondata sul lavoro (dei topacci nel formaggio).
Maggior merito che non può negarsi ai religiosi cattolici fu la paziente, tenace opera di migliaia di oscuri fraticelli, nei lunghi anni della imperversante barbarie, che permise di salvare per noi posteri i maggiori tesori della poesia e della letteratura latina. Alla cultura chiesastica si deve in fondo riconoscere, fino alle più recenti prostituzioni, la stessa sopravvivenza di un Latino simile -se non certo uguale- a quello classico.
Tenendo presente tutto, e separando (cristicamente parlando) il grano dal loglio, il colossale problema va investito in tutta la sua ampiezza.
Nessuna persecuzione, sia chiaro. Non intendiamo realizzare basse vendette, che pur sarebbero strameritate. Quelli che ci tengono, si inginocchino e si battano il petto quanto loro aggrada. Va soltanto rigorosamente cancellata ogni forma di esenzione, di privilegio, e tanto meno di concorso economico dell'erario italiano in attività che con noi non hanno più nulla a che fare. Le pubbliche vie -per dire- andranno tenute sgombre , pena rigorosa applicazione del Codice stradale. Le scuole cattoliche, ove sopravvivessero con propri mezzi, saranno alla pari con altre scuole private laiche, e sottoposte a precise regole civiche, la violazione delle quali implicherà la chiusura. Crocefissi, scritte e immagini delle superstizioni cristiane scompariranno da tutti i locali pubblici. Si vada avanti così per una decina d'anni, e poi si vedrà quanti saranno ancora i "credenti" veri, non quelli anagrafici. Con grande facilità gli uomini contraggono abitudini e con altrettanta le perdono. La ridicolaggine dei calciatori professionisti che si fanno la croce scendendo in campo sarà subbissata dall'ilarità delle curve.
Problema: centina di piccoli comuni italiani recano il nome di santi cristiani, spesso mai esistiti o autentici criminali. Si fa l'esempio della località "La Marinella", spiaggetta presso Civitavecchia, che è diventata Santa Marinella. Un'autentica mania. Riteniamo che, per quelli, non resti che stimolare e favorire l'iniziativa delle rispettive amministrazioni comunali, invitandole a riattivare i vecchi nomi romani, ove esistenti, ovvero altri tratti da tradizioni o eroi cittadini.
Resta, enorme, imponente, l'autentico mantello di monumenti cristiani che ricopre l'intera penisola, conferendole addirittura l'esterno aspetto. Un'Italia senza cupole, senza campanili, senza guglie, senza campane è addirittura difficile immaginarla, per noi moderni. Eppure, anche con esse dovranno farsi i conti, perchè il loro grande effetto suggestivo è forse tutto quel che rimane del prestigio di una religione che non ne ha più altro. E' chiaro che per un Dio come quello inventato a Nicea, padrone dell'ìntero universo (non so se mi spiego), un tempio alto un metro o alto duecento è praticamente lo stesso. Ma per gli omettini minuscoli come noi tutti, il secondo evoca l'immensità (e il fasto) del paradiso. Amen e Alleluyah (col permesso del Gran Rabbino).
Accoppiare la delicatezza con la romana fermezza non sarà certo facile, e nemmeno indolore. Ma dovremo arrivarci, o non c'è scampo. Innanzi tutto , l'immensa massa di paccottiglia delle chiese normali, man mano che vi cesserà il culto, sarà spazzata via. Tonnellate e tonnellate di gesso, di ciarpame, di stelline, di raggi d'ottone, di dorature, di mani giunte e di occhi al soffitto finiranno alle discariche, e , quanto al mobilio, saranno i poveri stessi a trovargli un'utilizzazione. Quanto, invece, alle autentiche opere d'arte, esse dovranno essere custodite in appositi musei e mostrate al piccolo pubblico degli amatori di arti figurative, come di un determinato indirizzo artistico nato ed esauritosi.
Un discorso diverso va necessariamente fatto per le grandiose e sovente gigantesche moli delle opere di achitettura. Esse non potranno continuare, nel nuovo contesto, come sono, ma, d'altro canto, non possono , oggettivamente, essere modificate, essendo, sin nella loro lontana progettazione, nella loro struttura, nelle loro intime simbologie, inscindibilmente legate a quel culto e a quella farneticante concezione di dio, bisognoso di continua esaltazione esteriore. Confesso che non vedo quale potrà essere la soluzione adottata, ma temo che non potrà essere che dolorosa, anche per noi, che all'ombra di quelle cupole siamo nati e, in certo qual modo, vi siamo affezionati. Ma non dimentichiamo che anche quelle hanno fatto parte del gioco della grande frode, e asciughiamoci ogni patetica lacrima. Anche delle nostre commozioni, il clero si è giovato a tutto spiano e senza riguardi. Ora, dobbiamo pensare al ripristino di un'autentica dimensione del sacro, senza la Fata Morgana di pupazzi e pupazzetti capricciosi e iracondi seduti sulle nuvole e loro astuti plenipotenziari in carne, ossa e portafogli.
Romani, in piedi! Il Sole invitto sorge ancora!
Rutilio Sermonti
mercoledì 29 agosto 2012
Aldo Palazzeschi, La passeggiata - interpretazione Noemi Longo
Aldo Palazzeschi, La passeggiata - interpretazione Noemi Longo
Avrà avuto le sue buone ragioni
- Andiamo?
Cineteatro Via Valsolda
"mi ha visto"
Distruzione del tempio
Andiamo pure.
All'arte del ricamo,
28 agosto 2012
Sono (s)fnito.
fabbrica passamanerie,
ordinazioni, forniture.
Sorelle Purtarè.
Alla città di Parigi.
Passeggio con i cani.
Modes, nouveauté.
Benedetto Paradiso
successore di Michele Salvato,
gabinetto fondato nell'anno 1843.
Deuscht Bank
avviso importante alle signore !
Semaforo verde.
La beltà del viso,
seno d'avorio,
pelle di velluto.
La dissenteria.
Grandi tumulti a Montecitorio.
Il presidente pronunciò fiere parole.
Tumulto a sinistra, tumulto a destra.
Il gran Sultano di Turchia ti aspetta.
L'orologio scorre l'ora e un quarto circa.
Vendo oro.
La pasticca di Re Sole
Una uniforme di nero ladro
Si getta dalla finestra per amore.
Espressione irrisolta
Insuperabile sapone alla violetta.
Orologeria di precisione.
Merda esclamo
93
Lotteria del milione.
Imprevisti e probabilità.
Antica trattoria "La pace",
con giardino,
fiaschetteria,
mescita di vino.
Telofono amico.
Loffredo e Rondinella
primaria casa di stoffe,
panni, lane e flanella.
Oggetti d'arte,
quadri, antichità,
26
26 A.
Guardarsi intorno.
Corso Napoleone Bonaparte.
Cartoleria del progresso.
Si cercano abili lavoranti sarte.
Anemia !
Sta rubando gratuitamente
Fallimento!
Grande liquidazione!
Ribassi del 90 %
Libero ingresso.
i miei ottici vedono.
Hotel Risorgimento
e d'Ungheria.
Lastrucci e Garfagnoni,
impianti moderni di riscaldamento:
caloriferi, termosifoni.
Via Fratelli Bandiera
già via del Crocefisso.
Sbrigati coglione.
Saldo
fine stagione,
prezzo fisso.
Occasione, occasione!
Diodato Postiglione
scatole per tutti gli usi di cartone.
Inaudita crudeltà!
E' un reato incoraggiarti?
Cioccolato Talmone.
Il più ricercato biscotto.
Libri e liberti sperduti
Duretto e Tenerini
via della Carità.
2. 17. 40. 25. 88.
Cinematografo Splendor,
il ventre di Berlino,
Exact
viaggio nel Giappone,
l'onomastico di Stefanino.
Attrazione ! Attrazione!
Cerotto Manganello,
Max Mara
infallibile contro i reumatismi,
l'ultima scoperta della scienza!
Girare a destra
L'Addolorata al Fiumicello,
associazione di beneficenza.
Luigi Cacace
deposito di lampadine.
L'immaginazione è l'aquilone che vola più in alto
Legna, carbone, brace,
segatura,
grandi e piccole fascine,
fascinotte,
forme, pine
firme.
Scritte.
Professor Nicola Frescura:
state all'erta giovinotti !
Camicie su misura.
Fratelli Buffi,
The dreamers
Spettacolo plateale
lubrificanti per macchine e stantuffi.
Il mondo in miniatura.
L'opera d'arte totale
Lavanderia,
Fumista,
Tipografia,
Parrucchiere,
fioraio,
Libreria, Viale Guglielmo Marconi 190
Modista.
Elettricità e cancelleria.
L'amor patrio
Il bombarolo
antico caffè.
Affittasi quartiere,
rivolgersi al portiere
dalle 2 alle 3.
Adamo Sensi
studio d'avvocato,
Gelateria Di Russo
dottoressa in medicina
primo piano,
Antico forno,
Rosticcere e friggitore.
Utensili per cucina,
Ferrarecce.
Mesticatore.
Gioielleria Raggi
Teatro Comunale
Manon di Massenet,
gran serata in onore
di Michelina Proches.
Extraball
Politeama Manzoni,
il teatro dei cani,
ultima matinée.
Si fanno riparazioni in caloches.
Cordonnier.
Deposito di legnami.
Teatro Goldoni
i figli di nessuno,
serata popolare.
Semaforo rosso
Tutti dai fratelli Bocconi !
Non ve la lasciate scappare !
La città del Sole
29
31
Bar la stella polare.
Assunta Chiodaroli
attraversamento
levatrice,
Parisina Sudori
rammendatrice.
L'arte di non far figlioli propri.
Gabriele Pagnotta
strumenti musicali.
Narciso Gonfalone
tessuti di seta e di cotone.
Accademia Scarlatti
Ulderigo Bizzarro
fabbricante di confetti per nozze.
Giacinto Pupi,
tinozze e semicupi.
Pasquale Bottega fu Pietro,
calzature...
- Torniamo indietro?
Sbrigati coglione.
Sei entrato dal retro?
Tutto riap(Pa)rirà.
Invio
Fuori e dentro
Ci siamo visti
Ti sei arrestato
ritrovarsi
Lib(e)ro
Professionista del furto
Le buone ragioni.
Andiamo avanti
- Torniamo pure.
martedì 28 agosto 2012
Filosofia dell'immaginifico religioso
Spesso non si ottengono le reazioni sperate fa parte della ricerca..... fai un tesi e ti poni di arrivare a dei risultati ma ne arrivano sempre altri........
La continua ed inesorabile distruzione di riferimenti ideali sia di intere strutture di pensiero, lasciano inevitabilmente del vuoto che per chi è senza attrezzi dovrà essere nuovamente riempiti..... (le pecore senza pastore vanno nel dirupo).
Siamo in un momento storico in cui certamente c'è un corpo iniziatico di nuove forme intellettuali anche strutturate (new age per esempio). Le nuove "religioni" dovranno fare i conti anche con la globalizzazione, poiché la visione parziale che si poteva imporre ai tempi di Savonarola, o Galileo sono passati e non c'è più nessun imprimatur.. anche se esistono molti altri guardiani della fede (il Pier Angela per esempio con le sua trasmissioni ed il suo Cicap che decide cosa è vero e cosa non lo è).
Se ne vedranno delle belle perché molte pecore passeranno da un gregge ad un altro, molte si perderanno, molte moriranno, sorgeranno migliaia di profeti e TUTTI TI DIRANNO CHE HANNO IL PRIMATO DELLA SALVEZZA (del resto anche il vangelo parla di molti falsi profeti).
Adesso azzardo una tesi cosa è il satana? che emerge quando l'uomo si accorge di essere stato abilmente programmato ad essere ubbidiente e lavoratore per un Dio che tutto sommato fa un miracolo ogni tanto e poi lascia uccidere milioni di persone in guerre e catastrofi naturali. E? se tutto fosse invertito? MI viene una battuta facile di Oscar Wild "perché se la carne è debole e lo spirito è forte vince sempre la carne?
Quando Pilato disse cosa volete Gesu o Barabba (dove la traduzione di Barabba vedi caso e bar abba figlio di dio).
Possibile che uno per essere credibile deve per forza citare qualcuna altro?
Citare gli altri (certe volte) è indice di insicurezza, di voler fare il saputello (come dice Elia)
Questa cosa l'ho detta io e non me frega una emerita.... a se assomiglia, o l'ha già detto un Pinco Pallo qualsiasi... l'induzione della verità a una sola convergenza e quindi rompendo l'errore del tempo si forma utilizzando i canali traduttori e convertitori in linguaggio storico.
la verità è li chiunque alzi il suo spirito intelligente verso lo spirito universale e fonde il trascendente con il trascendentale può avere accesso all'essenza, che esula dal baro della storia (errore del tempo.
Oggi più che mai l'intelligenza collettiva può nella immedesimazione di molti sogni raggiungere lo spirito intelligente poiché in parte da lei stessa creato....... sciogliere la capacità di omologazione e costruire la capacità di inclusione...
Tutto c'è nel momento in cui nessuno lo distingue dal non essere..... la ragione ci impone di catalogare... su archetipi preconfezionati l'indagatore pone il possible in ogni verso dell'immaginazione.
Giuseppe Turrisi
Volete la vostra arroganza o la morte del figlio di dio? bene abbiamo ucciso chi.......
lunedì 27 agosto 2012
"...la falsa dicotomia tra economia ed ecologia..." ed il manifesto per il Bene Comune
Torre Onglavina di Treia, nelle Marche
Gli applausi a scena aperta — quasi con richiesta di bis — non sono tanto usuali quando un compunto professore di storia dell’arte disquisisce di paesaggio e di bellezza. Salvatore Settis non ha i modi, ne’ le fattezze, del tribuno, ed è rimasto sorpreso pure lui quando ha riscosso una lunga ovazione nella piazzetta stracolma di Moresco, un piccolo borgo tra i più pittoreschi delle Marche.
Ospite del pittore Tullio Pericoli e del Forum dei movimenti per la terra e il paesaggio delle Marche in una calda serata di agosto, Salvatore Settis ha parlato delle Marche, “pensando all’Italia”. I suoi temi, la riscossa civile e la battaglia per l’ambiente e contro il degrado, sono quelli del suo ultimo libro, “Paesaggio, Costituzione e Cemento”, che ha riassunto con forza per i suoi ascoltatori, e nei quali il pubblico presente si è chiaramente riconosciuto. Più che la presentazione di un’ opera letteraria, sembrava l’illustrazione di un vero e proprio manifesto politico, quello riassunto nel titolo dell’ultimo capitolo del libro: “Noi, i cittadini”.
I comitati marchigiani organizzatori della serata erano, e sono, tutti impegnati nella promozione di una nuova legge regionale di iniziativa popolare “per la tutela del paesaggio, lo sviluppo ecocompatibile ed il governo partecipato del territorio regionale”, su cui inizieranno a raccogliere le firme tra poco. Questa proposta di legge è fondata su un principio chiave: il paesaggio è un bene comune, e va tutelato come tale. A questi comitati, molti dei quali nati sulla scia di scempi ambientali tentati (l’elettrodotto Fano-Teramo ne è l’ultimo esempio) o anche già compiuti, le parole di Settis sono suonate come musica quando ha dichiarato la sua convinzione che la Costituzione italiana sia: “un manifesto del bene comune”.
Non è un concetto nuovo per Settis, che lo ha già illustrato nelle sue numerose esegesi della storia e del significato dell’articolo 9 della Costituzione, (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) ma non lo avevo mai sentito enunciare con tanta forza e chiarezza. Anche se il termine “bene comune” non appare mai, secondo Settis la Costituzione lo definisce con chiarezza attraverso numerosi altri articoli, come l’articolo 41, che enuncia il principio di “utilità sociale”.
La forza del discorso di Settis derivava dal raccordo che ha saputo illustrare con dovizia di esempi, tra la lunga e venerabile storia del concetto della tutela del paesaggio nella storia e nella cultura italiana, con un’altra idea politica forte e anche dirompente nelle sue ultime manifestazioni: quella dei beni comuni e del referendum sull’acqua bene pubblico. E’ un concetto di cui la politica ai tempi dello spread si cura poco – che, anzi, osteggia, con ripetuti tentativi di rovesciare il verdetto del referendum del 2011 – ma che 27 milioni di elettori hanno dimostrato di capire e di avere bene a cuore.
Da una parte, come ha ripetuto Settis, ci sono quelli che vedono l’ambiente e il paesaggio come bene pubblico spettante all’intera comunità, mentre dall’altra ci sono gli “squali”. I primi sono quelli che vorrebbero conservare la terra per le generazioni future, mentre i secondi sono quelli che non riconoscono il paesaggio perché vedono solo “proprietà fondiarie” da sfruttare e monetizzare qui ed oggi, come il senatore nonché principe romano che nel 1909 seppellì la prima legge nazionale di tutela del paesaggio voluta da Benedetto Croce e (già allora!) da numerosi comitati locali – un senatore degno predecessore dell’ex-ministro Tremonti, che tentò addirittura di mettere un prezzo alle Dolomiti. C’è da osservare che anche se il grande economista John Maynard Keynes ridicolizzò simili esercizi come “l’incubo del contabile”, come ricordava Settis, certe cifre sparate da qualche ministro sull’occupazione che dovrebbe derivare dalle grandi opere sognate dell’attuale governo tecnico ci vanno vicino a loro volta.
La falsa dicotomia, secondo Settis, è quella che vede l’economia e l’ecologia in conflitto. Su questa premessa, come ha ricordato, dagli anni ’80 in poi l’Italia è stata devastata da innumerevoli condoni e deroghe ai vincoli ambientali, senza che ne derivi alcun vantaggio economico nazionale documentabile. Siamo sempre qui a parlare di crisi. La risposta del manifesto del professore si riassume in due parole: “legalità” e “moralità”. La prima nel nome della difesa della Costituzione — magari ripristinando l’articolo a difesa della “resistenza” cittadina voluto da Dossetti, che non fu approvato, perché ritenuto implicito, nel testo finale. La seconda onorando i nostri obblighi verso le generazioni future, garantendo il loro diritto ad una terra vivibile.
“I cittadini”, disse Settis, “devono tentare di chiudere il varco tra i principi costituzionali e la loro messa in pratica. Nel nome della legalità”. Questo, aggiunse, “Non è anti-politica. L’antipolitica la fa chi distrugge la democrazia nel nome dei mercati”.
I cittadini presenti a Moresco hanno gradito, e si stanno mobilitando. Al cuore dei loro interventi c’era la rivendicazione di un diritto cronicamente disatteso in Italia: quello alla trasparenza e alla partecipazione alle decisioni che riguardano il territorio. E’ una rivendicazione che risuona in ogni riunione di 20.000 o più comitati attivi dalla Val di Susa fino alle rive devastate del Sarno. A Moresco un coltivatore della Valdaso ricordò che questa partecipazione è raccomandata dalla Convenzione Europea sul paesaggio, sottoscritta da 27 stati europei nel 2000 e ratificata nel 2006 anche dall’Italia. Lui non lo sapeva, ma a Settis quella convenzione non piace, la ritiene un pericoloso strumento di confusione che si sovrappone alla normativa italiana. Ma qui ritengo che Settis sbagli: la convenzione è uno strumento importante perché riconosce, come diceva il coltivatore marchigiano, che soltanto sensibilizzando e tenendo conto della percezione di chi ci vive, si può legittimare una battaglia per la tutela del paesaggio.
Tana de Zuluet - Il Fatto Quotidiano
Gli applausi a scena aperta — quasi con richiesta di bis — non sono tanto usuali quando un compunto professore di storia dell’arte disquisisce di paesaggio e di bellezza. Salvatore Settis non ha i modi, ne’ le fattezze, del tribuno, ed è rimasto sorpreso pure lui quando ha riscosso una lunga ovazione nella piazzetta stracolma di Moresco, un piccolo borgo tra i più pittoreschi delle Marche.
Ospite del pittore Tullio Pericoli e del Forum dei movimenti per la terra e il paesaggio delle Marche in una calda serata di agosto, Salvatore Settis ha parlato delle Marche, “pensando all’Italia”. I suoi temi, la riscossa civile e la battaglia per l’ambiente e contro il degrado, sono quelli del suo ultimo libro, “Paesaggio, Costituzione e Cemento”, che ha riassunto con forza per i suoi ascoltatori, e nei quali il pubblico presente si è chiaramente riconosciuto. Più che la presentazione di un’ opera letteraria, sembrava l’illustrazione di un vero e proprio manifesto politico, quello riassunto nel titolo dell’ultimo capitolo del libro: “Noi, i cittadini”.
I comitati marchigiani organizzatori della serata erano, e sono, tutti impegnati nella promozione di una nuova legge regionale di iniziativa popolare “per la tutela del paesaggio, lo sviluppo ecocompatibile ed il governo partecipato del territorio regionale”, su cui inizieranno a raccogliere le firme tra poco. Questa proposta di legge è fondata su un principio chiave: il paesaggio è un bene comune, e va tutelato come tale. A questi comitati, molti dei quali nati sulla scia di scempi ambientali tentati (l’elettrodotto Fano-Teramo ne è l’ultimo esempio) o anche già compiuti, le parole di Settis sono suonate come musica quando ha dichiarato la sua convinzione che la Costituzione italiana sia: “un manifesto del bene comune”.
Non è un concetto nuovo per Settis, che lo ha già illustrato nelle sue numerose esegesi della storia e del significato dell’articolo 9 della Costituzione, (“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”) ma non lo avevo mai sentito enunciare con tanta forza e chiarezza. Anche se il termine “bene comune” non appare mai, secondo Settis la Costituzione lo definisce con chiarezza attraverso numerosi altri articoli, come l’articolo 41, che enuncia il principio di “utilità sociale”.
La forza del discorso di Settis derivava dal raccordo che ha saputo illustrare con dovizia di esempi, tra la lunga e venerabile storia del concetto della tutela del paesaggio nella storia e nella cultura italiana, con un’altra idea politica forte e anche dirompente nelle sue ultime manifestazioni: quella dei beni comuni e del referendum sull’acqua bene pubblico. E’ un concetto di cui la politica ai tempi dello spread si cura poco – che, anzi, osteggia, con ripetuti tentativi di rovesciare il verdetto del referendum del 2011 – ma che 27 milioni di elettori hanno dimostrato di capire e di avere bene a cuore.
Da una parte, come ha ripetuto Settis, ci sono quelli che vedono l’ambiente e il paesaggio come bene pubblico spettante all’intera comunità, mentre dall’altra ci sono gli “squali”. I primi sono quelli che vorrebbero conservare la terra per le generazioni future, mentre i secondi sono quelli che non riconoscono il paesaggio perché vedono solo “proprietà fondiarie” da sfruttare e monetizzare qui ed oggi, come il senatore nonché principe romano che nel 1909 seppellì la prima legge nazionale di tutela del paesaggio voluta da Benedetto Croce e (già allora!) da numerosi comitati locali – un senatore degno predecessore dell’ex-ministro Tremonti, che tentò addirittura di mettere un prezzo alle Dolomiti. C’è da osservare che anche se il grande economista John Maynard Keynes ridicolizzò simili esercizi come “l’incubo del contabile”, come ricordava Settis, certe cifre sparate da qualche ministro sull’occupazione che dovrebbe derivare dalle grandi opere sognate dell’attuale governo tecnico ci vanno vicino a loro volta.
La falsa dicotomia, secondo Settis, è quella che vede l’economia e l’ecologia in conflitto. Su questa premessa, come ha ricordato, dagli anni ’80 in poi l’Italia è stata devastata da innumerevoli condoni e deroghe ai vincoli ambientali, senza che ne derivi alcun vantaggio economico nazionale documentabile. Siamo sempre qui a parlare di crisi. La risposta del manifesto del professore si riassume in due parole: “legalità” e “moralità”. La prima nel nome della difesa della Costituzione — magari ripristinando l’articolo a difesa della “resistenza” cittadina voluto da Dossetti, che non fu approvato, perché ritenuto implicito, nel testo finale. La seconda onorando i nostri obblighi verso le generazioni future, garantendo il loro diritto ad una terra vivibile.
“I cittadini”, disse Settis, “devono tentare di chiudere il varco tra i principi costituzionali e la loro messa in pratica. Nel nome della legalità”. Questo, aggiunse, “Non è anti-politica. L’antipolitica la fa chi distrugge la democrazia nel nome dei mercati”.
I cittadini presenti a Moresco hanno gradito, e si stanno mobilitando. Al cuore dei loro interventi c’era la rivendicazione di un diritto cronicamente disatteso in Italia: quello alla trasparenza e alla partecipazione alle decisioni che riguardano il territorio. E’ una rivendicazione che risuona in ogni riunione di 20.000 o più comitati attivi dalla Val di Susa fino alle rive devastate del Sarno. A Moresco un coltivatore della Valdaso ricordò che questa partecipazione è raccomandata dalla Convenzione Europea sul paesaggio, sottoscritta da 27 stati europei nel 2000 e ratificata nel 2006 anche dall’Italia. Lui non lo sapeva, ma a Settis quella convenzione non piace, la ritiene un pericoloso strumento di confusione che si sovrappone alla normativa italiana. Ma qui ritengo che Settis sbagli: la convenzione è uno strumento importante perché riconosce, come diceva il coltivatore marchigiano, che soltanto sensibilizzando e tenendo conto della percezione di chi ci vive, si può legittimare una battaglia per la tutela del paesaggio.
Tana de Zuluet - Il Fatto Quotidiano
domenica 26 agosto 2012
La ricerca scientifica è essenziale per mandare avanti l'Italia
Deburocratizzare... Collage di Fulgor Silvi
Reagisco ai comunicati del Governo che descrivono le strategie decise per la crescita. Il documento è triste. Propone alcuni interventi quasi tutti deboli, marginali -- e vaghi. Anche i governi precedenti hanno mancato tragicamente. Molti anni fa smisero di prospettare piani energetici e di parlare di programmazione economica. Ora, almeno, avrebbero dovuto leggere le statistiche - e ragionare – per capire che la prosperità viene conseguita da chi studia, pensa, innova. Non lo hanno fatto. Mi aspettavo di meglio dai professori....
Sembrano vecchie di cent’anni le decisioni raggiunte dal Consiglio dei Ministri del 24 agosto 2012. L’obiettivo principale era la crescita economica, però, i documenti finali non menzionano nemmeno ricerca scientifica e sviluppo tecnologico, sebbene le statistiche degli ultimi decenni mostrino che cresce di più il Prodotto Interno Lordo dei paesi più innovativi.
Questa dipendenza è confermata dalla tabella seguente che riporta per il 2011 la crescita % del prodotto interno per l’Italia (che sta al 15° posto) e per i 5 Paesi europei in testa alla classifica dell’innovazione in termini di lauree, ricerca scientifica, investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo, brevetti, percentuale di piccole e medie imprese innovative, bilancia tecnologica, etc.
Paese
Svezia 3,9
Germania 3
Finlandia 2,7
Francia 1,7
Danimarca 0,8
Italia 0,4
Crescita % PIL 2011 per i 5 Paesi europei più innovatori e per Italia
Fonte: Eurostat
Le antiquate strategie annunciate dal Consiglio dei Ministri riguardano interventi in: opere pubbliche, semplificazioni per la creazione di nuove aziende, valorizzazione di siti archeologici, protezione dalle frane, rispetto delle regole, lotta contro corruzione ed evasione fiscale, miglioramento dei rapporti fra pubblico e privato, nuove regole per la valutazione dei docenti, assunzione di 12.000 docenti per le scuole medie e superiori. Anche questi sono obiettivi meritevoli di attenzione, anche se alcuni sono un po’ vaghi. Ad essi è stata rivolta in passato qualche attenzione che manca, invece, alla scienza e alla tecnologia.
Propongo al Governo:
“In Italia gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo sono lo 0,54 % del PIL (nel 2010 era 0,58 %) che corrisponde allo 0,71 della media europea; quelli privati sono lo 0,71 % del PIL (nel 2010 erano 0,65 %) che corrisponde allo 0,57 della media europea. Questo divario dura da 30 anni. Non è solo questione di investimenti, ma di cultura media. La percentuale della popolazione che ha completato l’educazione terziaria è in Italia il 20%. La media europea è 33 %, Danimarca e Norvegia 47%, Svezia e Finlandia 45%, Francia e UK 43 %, Irlanda 49 %. A livello più basso dell’Italia sono solo: Macedonia, Malta, Romania e Turchia.
L’Italia è, dunque, carente nei livelli di istruzione. Negli investimenti in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico sta poco sopra la metà della media europea - particolarmente nel settore privato.”
Attendiamo che il Consiglio dei Ministri rimedi all’omissione e definisca strategie urgenti ed efficaci. Agli industriali italiani poco innovativi, diciamo: “Senza innovazione energica e sapiente – non sopravviverete.”
Roberto Vacca, 25/8/2012.
Reagisco ai comunicati del Governo che descrivono le strategie decise per la crescita. Il documento è triste. Propone alcuni interventi quasi tutti deboli, marginali -- e vaghi. Anche i governi precedenti hanno mancato tragicamente. Molti anni fa smisero di prospettare piani energetici e di parlare di programmazione economica. Ora, almeno, avrebbero dovuto leggere le statistiche - e ragionare – per capire che la prosperità viene conseguita da chi studia, pensa, innova. Non lo hanno fatto. Mi aspettavo di meglio dai professori....
Sembrano vecchie di cent’anni le decisioni raggiunte dal Consiglio dei Ministri del 24 agosto 2012. L’obiettivo principale era la crescita economica, però, i documenti finali non menzionano nemmeno ricerca scientifica e sviluppo tecnologico, sebbene le statistiche degli ultimi decenni mostrino che cresce di più il Prodotto Interno Lordo dei paesi più innovativi.
Questa dipendenza è confermata dalla tabella seguente che riporta per il 2011 la crescita % del prodotto interno per l’Italia (che sta al 15° posto) e per i 5 Paesi europei in testa alla classifica dell’innovazione in termini di lauree, ricerca scientifica, investimenti pubblici e privati in ricerca e sviluppo, brevetti, percentuale di piccole e medie imprese innovative, bilancia tecnologica, etc.
Paese
Svezia 3,9
Germania 3
Finlandia 2,7
Francia 1,7
Danimarca 0,8
Italia 0,4
Crescita % PIL 2011 per i 5 Paesi europei più innovatori e per Italia
Fonte: Eurostat
Le antiquate strategie annunciate dal Consiglio dei Ministri riguardano interventi in: opere pubbliche, semplificazioni per la creazione di nuove aziende, valorizzazione di siti archeologici, protezione dalle frane, rispetto delle regole, lotta contro corruzione ed evasione fiscale, miglioramento dei rapporti fra pubblico e privato, nuove regole per la valutazione dei docenti, assunzione di 12.000 docenti per le scuole medie e superiori. Anche questi sono obiettivi meritevoli di attenzione, anche se alcuni sono un po’ vaghi. Ad essi è stata rivolta in passato qualche attenzione che manca, invece, alla scienza e alla tecnologia.
Propongo al Governo:
“In Italia gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo sono lo 0,54 % del PIL (nel 2010 era 0,58 %) che corrisponde allo 0,71 della media europea; quelli privati sono lo 0,71 % del PIL (nel 2010 erano 0,65 %) che corrisponde allo 0,57 della media europea. Questo divario dura da 30 anni. Non è solo questione di investimenti, ma di cultura media. La percentuale della popolazione che ha completato l’educazione terziaria è in Italia il 20%. La media europea è 33 %, Danimarca e Norvegia 47%, Svezia e Finlandia 45%, Francia e UK 43 %, Irlanda 49 %. A livello più basso dell’Italia sono solo: Macedonia, Malta, Romania e Turchia.
L’Italia è, dunque, carente nei livelli di istruzione. Negli investimenti in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico sta poco sopra la metà della media europea - particolarmente nel settore privato.”
Attendiamo che il Consiglio dei Ministri rimedi all’omissione e definisca strategie urgenti ed efficaci. Agli industriali italiani poco innovativi, diciamo: “Senza innovazione energica e sapiente – non sopravviverete.”
Roberto Vacca, 25/8/2012.
sabato 25 agosto 2012
Distruggere l’habitat aggratis… “Chi costruisce non paga l’Iva” – Nuove misure devastatorie del gobierno montales (delle banche)
L'artefice primo...
Business – La defiscalizzazione delle infrastrutture piace a Confindustria, ai costruttori edili e alle banche.
CRESCITA Il governo propone il «fisco buono» per chi realizza e finanzia infrastrutture. Chi costruisce non paga l’Iva....
Qualche legislatura fa, un estroso presidente del Consiglio, per convincere gli italiani (e Confindustria e le banche) che con lui era arrivato il momento della crescita, si faceva invitare in televisione e con un pennarello in mano cominciava a tracciare sgorbi su una lavagna, erano ponti, autostrade, tangenziali, gallerie. Le mitiche infrastrutture. Colate di cemento su uno dei territori più devastati d’Europa. Dava anche i numeri dei nuovi posti di lavoro, nell’ordine dei milioni.
Tanto per anticipare la «ciccia» del piano Monti sulla crescita che va in scena oggi al primo consiglio dei ministri dopo le vacanze, il vice ministro allo Sviluppo Mario Ciaccia – il titolare del ministero è Passera – ha ribadito la sua idea grandiosa: l’esenzione totale dell’Iva sulle nuove opere per raggiungere «l’ambizioso obiettivo di realizzare un considerevole numero di infrastrutture diversamente mai realizzabili» e di conseguenza «innescare uno straordinario motore per la creazione di posti di lavoro, che prudenzialmente indico in diverse centinaia di migliaia di unità». Come sono modesti gli uomini del governo tecnico. La stessa identica idea, peraltro bocciata, era venuta a un certo Tremonti.
Mario Ciaccia – che con il suo annuncio dal meeting di Rimini ha mandato in sollucchero Confindustria, Cisl e costruttori di varia specie – non è entrato nei dettagli delle grandi opere oggi «non bancabili» (non le finanziano, e chissà perché…) che invece dovrebbero essere realizzate grazie al privilegio fiscale studiato dai «tecnici» di Monti, però ha azzardato cifre a dir poco ottimiste sull’impatto che la «sterilizzazione dell’Iva» potrebbe avere sull’economia italiana: «5-6 punti di Pil, circa 80 miliardi di euro» (calcolando che da qui al 2020 il fabbisogno di infrastrutture sarebbe di 300 miliardi di euro). Anche questo far di conto con attitudine faraonica ricorda qualcuno: si parla di aeroporti, porti «strategici» per intercettare merci dall’Asia (che in tempi di crisi globale nessuno compra più), tunnel del Brennero, l’autostrada Orte-Mestre, bretelle come la tangenziale esterna di Milano – pianura padana, una delle zone più trafficate e inquinate d’Europa – e il Tav Torino-Lione – e prima o poi salterà fuori anche il ponte di Messina.
Dice evviva in una sorta di controcanto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, «puntare in modo deciso sull’utilizzo della fiscalità come leva per favorire gli investimenti in infrastrutture è una scelta che condividiamo pienamente e che abbiamo già sostenuto da tempo insieme alle più importanti fondazioni e istituzioni finanziarie pubbliche e private». E adesso che i finanzieri sono al governo con il sostegno di Pd e Pdl – non per caso Mario Ciaccia era direttore generale di Banca Intesa Infrastrutture – l’ideologia della crescita per cementificare l’Italia potrebbe non conoscere ostacoli insormontabili. A parte eccezioni manganellabili. Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, si è già infilato il caschetto per inaugurare chissà quali cantieri, «in Italia non si fa più nulla da 40 anni». Tra gli entusiasti anche Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, e Dino Piacentini, presidente dell’associazione nazionale degli edili. Lupi (Maurizio, Pdl) ha tirato in ballo il Duomo di Milano, «dopotutto la costruzione è stata agevolata anche dall’esenzione del pagamento del dazio su tutto il materiale» (e da alcuni secoli di interminabili lavori).
Le argomentazioni contrarie di quei pochi che entrano nel merito delle cose, come Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio nazionale delle liberalizzazioni nelle infrastrutture e nei trasporti (Onlit), sono spietate. «Questa idea sostenuta da alcune lobby politiche ed economiche ci porterebbe al default». Secondo Balotta, l’Italia è il paese dove il project financing è già fallito: «Tra il 1990 e il 2009 in Europa sono stati realizzati 1.340 progetti e di questi il 53% è stato realizzato in Gran Bretagna, il 12% in Spagna, il 5 e 4 in Francia e Germania, mentre in Italia solo il 2%». Considerato l’argomento, cementificare il territorio con opere magari inutili facendo fare affari ai soliti noti in un paese dove attorno a un qualunque appalto si condensano appetiti più o meno leciti, Beppe Grillo ci va a nozze. «La via dell’inferno – scrive sul blog – è lastricata di infrastrutture inutili a carico del contribuente… faranno aumentare il debito pubblico e arretrare l’Italia…
Nella pancia delle imprese che hanno finora sviluppato infrastrutture con il meccanismo parassitario del project financing ci sono 150/200 miliardi di euro che potrebbero essere scaricati sul debito pubblico a breve e medio termine». Segue minaccia. «Ci vediamo in parlamento. Sarà un piacere».
*************
Fonte: http://www.ilmanifesto.it/
Business – La defiscalizzazione delle infrastrutture piace a Confindustria, ai costruttori edili e alle banche.
CRESCITA Il governo propone il «fisco buono» per chi realizza e finanzia infrastrutture. Chi costruisce non paga l’Iva....
Qualche legislatura fa, un estroso presidente del Consiglio, per convincere gli italiani (e Confindustria e le banche) che con lui era arrivato il momento della crescita, si faceva invitare in televisione e con un pennarello in mano cominciava a tracciare sgorbi su una lavagna, erano ponti, autostrade, tangenziali, gallerie. Le mitiche infrastrutture. Colate di cemento su uno dei territori più devastati d’Europa. Dava anche i numeri dei nuovi posti di lavoro, nell’ordine dei milioni.
Tanto per anticipare la «ciccia» del piano Monti sulla crescita che va in scena oggi al primo consiglio dei ministri dopo le vacanze, il vice ministro allo Sviluppo Mario Ciaccia – il titolare del ministero è Passera – ha ribadito la sua idea grandiosa: l’esenzione totale dell’Iva sulle nuove opere per raggiungere «l’ambizioso obiettivo di realizzare un considerevole numero di infrastrutture diversamente mai realizzabili» e di conseguenza «innescare uno straordinario motore per la creazione di posti di lavoro, che prudenzialmente indico in diverse centinaia di migliaia di unità». Come sono modesti gli uomini del governo tecnico. La stessa identica idea, peraltro bocciata, era venuta a un certo Tremonti.
Mario Ciaccia – che con il suo annuncio dal meeting di Rimini ha mandato in sollucchero Confindustria, Cisl e costruttori di varia specie – non è entrato nei dettagli delle grandi opere oggi «non bancabili» (non le finanziano, e chissà perché…) che invece dovrebbero essere realizzate grazie al privilegio fiscale studiato dai «tecnici» di Monti, però ha azzardato cifre a dir poco ottimiste sull’impatto che la «sterilizzazione dell’Iva» potrebbe avere sull’economia italiana: «5-6 punti di Pil, circa 80 miliardi di euro» (calcolando che da qui al 2020 il fabbisogno di infrastrutture sarebbe di 300 miliardi di euro). Anche questo far di conto con attitudine faraonica ricorda qualcuno: si parla di aeroporti, porti «strategici» per intercettare merci dall’Asia (che in tempi di crisi globale nessuno compra più), tunnel del Brennero, l’autostrada Orte-Mestre, bretelle come la tangenziale esterna di Milano – pianura padana, una delle zone più trafficate e inquinate d’Europa – e il Tav Torino-Lione – e prima o poi salterà fuori anche il ponte di Messina.
Dice evviva in una sorta di controcanto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, «puntare in modo deciso sull’utilizzo della fiscalità come leva per favorire gli investimenti in infrastrutture è una scelta che condividiamo pienamente e che abbiamo già sostenuto da tempo insieme alle più importanti fondazioni e istituzioni finanziarie pubbliche e private». E adesso che i finanzieri sono al governo con il sostegno di Pd e Pdl – non per caso Mario Ciaccia era direttore generale di Banca Intesa Infrastrutture – l’ideologia della crescita per cementificare l’Italia potrebbe non conoscere ostacoli insormontabili. A parte eccezioni manganellabili. Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, si è già infilato il caschetto per inaugurare chissà quali cantieri, «in Italia non si fa più nulla da 40 anni». Tra gli entusiasti anche Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, e Dino Piacentini, presidente dell’associazione nazionale degli edili. Lupi (Maurizio, Pdl) ha tirato in ballo il Duomo di Milano, «dopotutto la costruzione è stata agevolata anche dall’esenzione del pagamento del dazio su tutto il materiale» (e da alcuni secoli di interminabili lavori).
Le argomentazioni contrarie di quei pochi che entrano nel merito delle cose, come Dario Balotta, presidente dell’Osservatorio nazionale delle liberalizzazioni nelle infrastrutture e nei trasporti (Onlit), sono spietate. «Questa idea sostenuta da alcune lobby politiche ed economiche ci porterebbe al default». Secondo Balotta, l’Italia è il paese dove il project financing è già fallito: «Tra il 1990 e il 2009 in Europa sono stati realizzati 1.340 progetti e di questi il 53% è stato realizzato in Gran Bretagna, il 12% in Spagna, il 5 e 4 in Francia e Germania, mentre in Italia solo il 2%». Considerato l’argomento, cementificare il territorio con opere magari inutili facendo fare affari ai soliti noti in un paese dove attorno a un qualunque appalto si condensano appetiti più o meno leciti, Beppe Grillo ci va a nozze. «La via dell’inferno – scrive sul blog – è lastricata di infrastrutture inutili a carico del contribuente… faranno aumentare il debito pubblico e arretrare l’Italia…
Nella pancia delle imprese che hanno finora sviluppato infrastrutture con il meccanismo parassitario del project financing ci sono 150/200 miliardi di euro che potrebbero essere scaricati sul debito pubblico a breve e medio termine». Segue minaccia. «Ci vediamo in parlamento. Sarà un piacere».
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Fonte: http://www.ilmanifesto.it/
Per una lista civica nazionale - Le Marche fanno sul serio....
La parola passi ai semplici cittadini....
Nelle Marche i cittadini fanno sul serio: anche dietro casa tua c’è la Lista Civica Nazionale
Si è costituito anche nelle Marche il coordinamento regionale di Per Una Lista civica Nazionale un progetto politico nato due anni fa per rispondere al bisogno di un radicale cambiamento della classe politica, promosso da numerosi gruppi socialmente impegnati desiderosi di dar vita a percorsi volti a colmare la voragine che si è creata tra la casta e i cittadini e a dare rappresentanza alle migliaia di esperienze solidali, sociali, ambientaliste e civiche.
Ci siamo dati un nome “transitorio e programmatico” e una carta d’intenti che si basa su tre punti fondanti: la distanza dai partiti tradizionali; l’adozione della democrazia diretta all’interno del progetto; la radicale revisione dei metodi di fare politica.
In settembre organizzeremo una assemblea per definire il programma e il nome definitivo e per iniziare a consolidare l’organizzazione territoriale. Nel contempo effettueremo una serie di incontri con le altre costituenti che in Italia si stanno strutturando su principi molto vicini ai nostri se non addirittura coincidenti.
Non abbiamo leaders né politici riciclati: siamo persone comuni che militano in associazioni di base o che, per la prima volta, decidono di prendere il destino politico di questo paese nelle loro mani: perché crediamo nelle persone oneste, intelligenti, solidali, capaci e sensibili di cui è pieno il nostro paese.
Per Una Lista Civica Nazionale ha già proposto: una legge di riforma costituzionale per l’eliminazione del quorum, l’introduzione della revoca del mandato ai politici che non mantengono le promesse e svolto iniziative per il rispetto dell’esito dei referendum su acqua e nucleare, per la difesa della Costituzione, di denuncia dei responsabili della crisi economica, per la riduzione dell’orario di lavoro.
Per entrare in contatto con il coordinamento delle Marche aderisci su: www.perunalistacivicanazionale.it/adesione-al-progetto/ e contatta i nostri referenti.
Gianni Principi Lista Civica Voce alla Città
Nelle Marche i cittadini fanno sul serio: anche dietro casa tua c’è la Lista Civica Nazionale
Si è costituito anche nelle Marche il coordinamento regionale di Per Una Lista civica Nazionale un progetto politico nato due anni fa per rispondere al bisogno di un radicale cambiamento della classe politica, promosso da numerosi gruppi socialmente impegnati desiderosi di dar vita a percorsi volti a colmare la voragine che si è creata tra la casta e i cittadini e a dare rappresentanza alle migliaia di esperienze solidali, sociali, ambientaliste e civiche.
Ci siamo dati un nome “transitorio e programmatico” e una carta d’intenti che si basa su tre punti fondanti: la distanza dai partiti tradizionali; l’adozione della democrazia diretta all’interno del progetto; la radicale revisione dei metodi di fare politica.
In settembre organizzeremo una assemblea per definire il programma e il nome definitivo e per iniziare a consolidare l’organizzazione territoriale. Nel contempo effettueremo una serie di incontri con le altre costituenti che in Italia si stanno strutturando su principi molto vicini ai nostri se non addirittura coincidenti.
Non abbiamo leaders né politici riciclati: siamo persone comuni che militano in associazioni di base o che, per la prima volta, decidono di prendere il destino politico di questo paese nelle loro mani: perché crediamo nelle persone oneste, intelligenti, solidali, capaci e sensibili di cui è pieno il nostro paese.
Per Una Lista Civica Nazionale ha già proposto: una legge di riforma costituzionale per l’eliminazione del quorum, l’introduzione della revoca del mandato ai politici che non mantengono le promesse e svolto iniziative per il rispetto dell’esito dei referendum su acqua e nucleare, per la difesa della Costituzione, di denuncia dei responsabili della crisi economica, per la riduzione dell’orario di lavoro.
Per entrare in contatto con il coordinamento delle Marche aderisci su: www.perunalistacivicanazionale.it/adesione-al-progetto/ e contatta i nostri referenti.
Gianni Principi Lista Civica Voce alla Città
venerdì 24 agosto 2012
"...gelati, aranciate, cocacole, sorbetti...! - Di tutto e di più al carretto estivo del monti mario, detto il bancario
Attenti a quei due....
Alla crisi si aggiunge il caldo cosi Mario Monti con il carretto trascinato dai suoi buoi, può vendere molte bibite fresche, gelati in quantità e beneficiare degli aumenti dei combustibili, dell'elettricità consumata per rinfrescare i poveri vecchi con i ventilatori accesi giorno e notte e qualcuno un po' più fortunato con i condizionatori. Cordiali saluti,
Anthony Ceresa.
INNO ALLA CRISI
Che tristezza, la Befana non c’è più,
pure Gesù se n’è andato,
lasciando dietro di se,
monti, colline e vallate aride.
Le capre belano, hanno fame,
gli uomini e le famiglie tribolano,
il paese brucia,
mentre la tribù degli eletti,
dopo aver spolpato l’osso alla Nazione,
si contendono gli assensi
per non perdere i privilegi.
Le elezioni sono prossime e
gli avvoltoi si preparano,
un po’ di sale qui, una bugia la
e la mensa si arricchisce.
I miei migliori amici sono i nemici
che mi scrivono per contraddire
Il mio pensiero di uomo quadro.
Insisto, non avvicinatevi a quel frutto,
è Politica acerba, non è da mangiare,
poverelli, non mi ascoltano,
non conosco un altro modo per spiegare,
convincerli, fermarli, farli ragionare.
Non so ne leggere, ne scrivere, quel
maledetto linguaggio Politico Nazionale
e per complimento a tutti i macachi,
aguzzini e sostenitori che sbaffano
Governando il nostro Paese,
li chiamo randagi, perché
passano da un letto all’altro,
da un Partito all’altro,
senza esitare,
sono stravolti dal soldo.
Non so se è offensivo, il mio lessico
é elementare, sono ignorante, disinformato,
leggo senza capire,
per me i testi comuni non hanno senso.
Parlo come vedo, sono sordo,
quasi cieco, rattristato,
porto occhiali a fondo di bottiglia
per poter osservare le innumerevoli anime smarrite,
accomodate nei posti di comando.
Loro non ci stanno, gonfi di boria,
perché si ritengono super uomini,
Dottori in Filosofie Politiche dell’arraffare,
Scienziati in Economie dello sperpero e del Linguaggio,
soltanto gli Aborigeni li possono capire.
Hanno il Potere in mano.
Da Corsari dei mari, finiti a terra,
han fatto di Roma la Capitale del Regno,
con abitudini tramandate per tradizione,
fottere il prossimo è tutto ciò che sanno fare,
rinnegando Dio, i loro genitori e fratelli.
Hanno creato un mondo alla rovescia
e se ne infischiano del prossimo,
condizionati da escort, droga e alcolici,
che considerano virtù moderne,
qualche volta vanno persino in chiesa a
controllare se Dio si fosse svegliato.
La crisi non li spaventa perché
Essi stessi sono la perversione,
Guidati dalla dolce vita
Su barche a vela e vetture Tedesche,
sempre sbronzi e in dolce compagnia.
Viaggiano di continuo a nostre spese,
con abbondanti scorte legate al piede,
Vivono senza principi, ne famiglia,
Scoreggiano dalla bocca parole insensate
Per convincere gli stolti ad applaudire,
Soltanto gli Aborigeni li possono capire.
Siedono comodi in poltrone soffici
E campano del sudore dei lavoratori,
Il Paese ne ha fin troppi, quanti danni,
solo Dio sa quanto ci costano.
Per cambiare il nostro destino,
bisognerà attendere, quanto tempo non si sa,
quel giorno nel quale dietro al feretro
con un mazzolino di fiori,
e perché no, anche una preghiera,
dopo tutto sono stati compagni dei nostri tempi di crisi.
Essi non sanno che vanno a bruciare
per rinsaldare le anime che hanno tanto sofferto
le loro innumerevoli mascalzonate terrene,
mentre noi continueremo a vivere
gli effetti di una crisi ereditata da incapaci,
con una tazzina di buon caffè all’Italiana.
Anthony Ceresa
Alla crisi si aggiunge il caldo cosi Mario Monti con il carretto trascinato dai suoi buoi, può vendere molte bibite fresche, gelati in quantità e beneficiare degli aumenti dei combustibili, dell'elettricità consumata per rinfrescare i poveri vecchi con i ventilatori accesi giorno e notte e qualcuno un po' più fortunato con i condizionatori. Cordiali saluti,
Anthony Ceresa.
INNO ALLA CRISI
Che tristezza, la Befana non c’è più,
pure Gesù se n’è andato,
lasciando dietro di se,
monti, colline e vallate aride.
Le capre belano, hanno fame,
gli uomini e le famiglie tribolano,
il paese brucia,
mentre la tribù degli eletti,
dopo aver spolpato l’osso alla Nazione,
si contendono gli assensi
per non perdere i privilegi.
Le elezioni sono prossime e
gli avvoltoi si preparano,
un po’ di sale qui, una bugia la
e la mensa si arricchisce.
I miei migliori amici sono i nemici
che mi scrivono per contraddire
Il mio pensiero di uomo quadro.
Insisto, non avvicinatevi a quel frutto,
è Politica acerba, non è da mangiare,
poverelli, non mi ascoltano,
non conosco un altro modo per spiegare,
convincerli, fermarli, farli ragionare.
Non so ne leggere, ne scrivere, quel
maledetto linguaggio Politico Nazionale
e per complimento a tutti i macachi,
aguzzini e sostenitori che sbaffano
Governando il nostro Paese,
li chiamo randagi, perché
passano da un letto all’altro,
da un Partito all’altro,
senza esitare,
sono stravolti dal soldo.
Non so se è offensivo, il mio lessico
é elementare, sono ignorante, disinformato,
leggo senza capire,
per me i testi comuni non hanno senso.
Parlo come vedo, sono sordo,
quasi cieco, rattristato,
porto occhiali a fondo di bottiglia
per poter osservare le innumerevoli anime smarrite,
accomodate nei posti di comando.
Loro non ci stanno, gonfi di boria,
perché si ritengono super uomini,
Dottori in Filosofie Politiche dell’arraffare,
Scienziati in Economie dello sperpero e del Linguaggio,
soltanto gli Aborigeni li possono capire.
Hanno il Potere in mano.
Da Corsari dei mari, finiti a terra,
han fatto di Roma la Capitale del Regno,
con abitudini tramandate per tradizione,
fottere il prossimo è tutto ciò che sanno fare,
rinnegando Dio, i loro genitori e fratelli.
Hanno creato un mondo alla rovescia
e se ne infischiano del prossimo,
condizionati da escort, droga e alcolici,
che considerano virtù moderne,
qualche volta vanno persino in chiesa a
controllare se Dio si fosse svegliato.
La crisi non li spaventa perché
Essi stessi sono la perversione,
Guidati dalla dolce vita
Su barche a vela e vetture Tedesche,
sempre sbronzi e in dolce compagnia.
Viaggiano di continuo a nostre spese,
con abbondanti scorte legate al piede,
Vivono senza principi, ne famiglia,
Scoreggiano dalla bocca parole insensate
Per convincere gli stolti ad applaudire,
Soltanto gli Aborigeni li possono capire.
Siedono comodi in poltrone soffici
E campano del sudore dei lavoratori,
Il Paese ne ha fin troppi, quanti danni,
solo Dio sa quanto ci costano.
Per cambiare il nostro destino,
bisognerà attendere, quanto tempo non si sa,
quel giorno nel quale dietro al feretro
con un mazzolino di fiori,
e perché no, anche una preghiera,
dopo tutto sono stati compagni dei nostri tempi di crisi.
Essi non sanno che vanno a bruciare
per rinsaldare le anime che hanno tanto sofferto
le loro innumerevoli mascalzonate terrene,
mentre noi continueremo a vivere
gli effetti di una crisi ereditata da incapaci,
con una tazzina di buon caffè all’Italiana.
Anthony Ceresa
giovedì 23 agosto 2012
Storie di gatti, dal piatto al rito satanico... brividi per trascorrere l'estate al fresco
Era gennaio e ci raccontarono questa storia vera purtroppo, forse per scaldarci e allora la racconto ora che è estate e fa caldo, almeno i gatti lo sapranno: ”A volte sembra una leggenda metropolitana, altre volte se ne parla dando la colpa agli stranieri o si favoleggia di pranzi a base di gatto in ristoranti orientali che si trovano anche qui in Italia. Nella realtà di tutti i giorni invece gli italiani uccidono per scopo alimentare 6-7.000 gatti che vengono cucinati prevalentemente in umido con la polenta o arrosto. E’ quanto denunciato dall’associazione animalista Aidaa, che spiega che si tratta di una vera e propria abitudine culinaria che, “seppure vietata per legge, e punita addirittura con la reclusione (uccidere un gatto è reato penale che rientra nell’articolo 544 del codice penale che riguarda il maltrattamento e l’uccisione degli animali di affezione) è ancora radicata in alcune zone specifiche dell’Italia del centro-nord e in particolare in Veneto con epicentro nelle zone di Vicenza e Verona, ma anche nelle province che stanno ad est della Lombardia (Bergamo, Brescia e Mantova) e anche in alcune zone del Piemonte e dell’Emilia Romagna”, rende noto l’associazione. Secondo i dati analizzati da Aidaa in base alle segnalazioni giunte nel 2011 al servizio ‘emergenzamici@libero.it’ sarebbero circa 6-7.000 i gatti allevati, cacciati o semplicemente uccisi a scopo alimentare, il 10% di tutti i gatti scomparsi ed abbandonati nel corso dell’anno. E’ un dato che non si discosta molto da quello degli anni precedenti. Non mancano anche le segnalazioni esotiche come quelle provenienti dalla zona del litorale romano dove è stata segnalata a più riprese la scomparsa dei gatti dalle colonie, così come avviene (anche se in misura ridotta rispetto agli anni scorsi) che si segnalino cacciatori in cerca di gatti da impallinare nelle zone classiche della cucina dei ‘magna-gatti’. “Ci sono infine – specifica Aidaa – segnalazioni che hanno dell’incredibile ma che sono state poi appurate, come quella della signora in provincia di Milano che in diversi anni ha allevato a scopo di alimentazione oltre 600 gatti dandoli da mangiare ai suoi amici in succulenti pranzetti che diceva essere a base di coniglio”Roma, 28 gen. (LaPresse)”
Chissà cosa ne penserebbe Guillaume Apollinaire oggi del gatto:
“Io mi auguro di avere in casa mia:
una donna provvista di prudenza,
un gatto a passeggio fra i libri,
e in tutte le stagioni amici
di cui non posso far senza.”
Quello che mi meraviglia è che le nostre case e cittadine cittadelle città sono strapiene di topi e di altri animaletti non proprio da compagnia e c’è una vera lotta al gatto, neanche fosse la caccia alle streghe: Maledetto gatto!
Così vengo a sapere che dove risiedo, la mitica Tuscia, si sollazzano con le messe sataniche e i gatti neri ammazzati all’uopo: “Praticavano messe nere e riti esoterici, con tanto di sacrifici animali. Oggi l’associazione Aidaa li ha individuati e denunciati. Si tratta di trentaquattro adepti di dodici gruppi satanisti sparsi sul territorio nazionale (che avrebbero rapito, tra il 2008 e il 2012, oltre 300 gatti neri). E di queste sette sataniche, due si trovano proprio nel Lazio.«Abbiamo presentato una denuncia all’autorità giudiziaria per il reato di maltrattamento e uccisione di animali, ai sensi dell’articolo 544 ter del codice penale – ha spiegato il presidente nazionale dell’Aidaa, Lorenzo Croce -, in quanto accusati di essere responsabili della sparizione di oltre 300 gatti neri, rapiti ed uccisi nel corso di riti e sacrifici a Satana». Dalle segnalazioni e dai ritrovamenti di ossa (di felini, come di bovini e di cani) una delle zone più attive in questo tipo di macabri riti è la provincia di Viterbo, precisamente le campagne di Montefiascone e le rive del lago di Bolsena, tra le località di Marta e Cappuccini.
Qui, negli ultimi quattro anni, in special modo nella notte di Halloween e in quella dell’equinozio di primavera (il 21 marzo), sono state rinvenute tracce di undici messe nere, praticate per lo più da gruppi esoterici e da adepti della chiesa di Satana di rito layeriano.Inutili sacrifici per cui sono state denunciate nove persone (di cui tre donne) tutte residenti a Roma, eccetto due ad Arezzo. Altro punto di aggregazione per i satanisti è il cimitero romano del Verano, dove peraltro da anni risiede una folta colonia felina, che nei periodi più a rischio per questo genere di riti viene attentamente controllata dagli addetti del camposanto. Eppure agli animalisti dell’Aidaa sono arrivate diverse segnalazioni di possibili messe nere, così come denunce di sparizioni di almeno trenta gatti dal manto scuro, in città come sul litorale, e di una quindicina di ritrovamenti di carcasse di felini che erano stati sgozzati.”
Di noi gatti dicono
Dove vivo ci sono fazioni di gattare e gattari in percentuale minore e impotente dal momento che all’ amministrazione comunale delle feci di piccioni e altre monnezze e sterilizzazioni animali nel centro storico non ci sente…, e fazioni di cittadini indignati per questi animali che si aggirano in quell’ unica stretta strada con vari nomi , praticata indistintamente da auto motori e pedoni…Poi c’è quel numero enorme e forte della sua indifferenza a ogni questione che non significhi soldi. Per cui di questi tempi, vedere una ciotola con dell’ acqua per gli animali è una chimera e potrebbe dare fastidio, ma non danno fastidio i veleni, per topi e persone.
A conclusione mi sono chiesta in quale settore inserire queste mie annotazioni: Scienza Tecnolgia e Progresso, oppure Media e web, oppure Economia e crisi, oppure Salute e Ambiente.
Ho scelto quest’ultimo e come disse Pablo Neruda
“…Io no.
Io non sono d’accordo.
Io non conosco il gatto.
So tutto, la vita e il suo arcipelago,
il mare e la città incalcolabile,
la botanica,
il gineceo coi suoi peccati,
il per e il meno della matematica,
gl’imbuti vulcanici del mondo,
il guscio irreale del coccodrillo,
la bontà ignorata del pompiere,
l’atavismo azzurro del sacerdote,
ma non riesco a decifrare il gatto.
Sul suo distacco la ragione slitta,
numeri d’oro stanno nei suoi occhi”
Per cui continuo ad attendere che Restando almeno con gli Animali, riusciamo ad essere Umani e portare rispetto. Fosse che ai gatti solitamente non si può mettere il guinzaglio?Cantava l’indimenticabile Augusto Daolio “I gatti più belli sono i gatti randagi, girano i quartieri di povera gente, amici sinceri di chi non ha niente, di chi tutto il giorno non fa che sognare di notte sui tetti, miagolando alla luna una carezza gli porta fortuna…Siamo un po’ tutti dei gatti randagi ce ne andiamo coi sogni in spalla, siamo un po’ tutti dei buoni da niente, siamo un po’ tutti dei tira a campare. Noi siamo quelli che vogliono andare un solo credo la voglia di amare. Un solo sogno la libertà ”
Doriana Goracci
mercoledì 22 agosto 2012
Dal Cielo alla Terra - Messaggio extragallatico ed extrasensoriale di Monique Mathieu
L'unità di misura dell'AMORE è l'infinito, ed è l'AMORE la forza di COESIONE di ogni ATOMO dell'Universo. ♥
"Per voi umani il cuore ha una grande importanza sul piano materiale in relazione a ciò che siete in quanto esseri fisici, poiché a partire dal momento in cui quest'organo non funziona più, l'anima e la Parte Divina lasciano il corpo.
Il cuore umano racchiude in sé stesso un'energia veramente particolare, un'energia d'Amore che noi chiameremmo più un'«Energia di Vita».
Il cuore, in quanto organo umano, viene nutrito e rigenerato da questa Energia di Vita che proviene dalla vostra anima e anche da delle energie molto sottili che riceve dalla vostra stessa Divinità.
La vostra anima e la vostra Divinità hanno bisogno di quello che siete in quanto umani, quindi fanno tutto ciò che possono, anche se non ve ne rendete conto, per cercare di mantenere il vostro veicolo di manifestazione nello stato più favorevole per le molteplici esperienze che dovete vivere.
Per voi umani tutto avviene a livello del pensiero, della coscienza che avete di voi stessi e della vita. Se aveste la capacità di esaminare un po' di più la vostra vita, se aveste la capacità di comprendere di più tutte le vostre potenzialità e il potere immenso che lo spirito ha sulla materia, le vostre esperienze di vita sarebbero differenti.
Eppure se siete venuti in questa terza dimensione con un corpo materiale e tutto ciò che esso rappresenta a livello di eventuali sofferenze o disarmonie, è anche perché possiate prendere coscienza nella materia del potere dello spirito.
Naturalmente non è così semplice come schiacciare un bottone ! È semplicemente come imparare a suonare il pianoforte, come imparare a comporre una bella musica, come imparare a fare un magnifico dipinto. Questo significa che bisogna ricominciare ancora e ancora per poter veramente aspirare ad una certa perfezione nel modo in cui utilizzate il pensiero superiore e il suo potere creatore.
Il cuore è anche la sede di quelli che potete chiamare i sentimenti e l'amore umano. Ciascuno manifesta questo amore in funzione delle proprie capacità spirituali e della propria evoluzione, vale a dire dei suoi molteplici percorsi durante le esperienze nella materia. Il cuore è anche la sede dei profondi sentimenti di amore affetto, di amore passione, di amore umano a volte incontrollato e spesso incontrollabile.
È a livello della sottilità del cuore energetico che si situano tutte le differenze dell'amore umano. L'amore umano può cominciare nella parte fisica del cuore, ma viene alimentato, generato e in un certo modo offerto dalla parte sottile del cuore.
Tutti i vostri organi hanno una parte fisica e una parte energetica, una parte sottile. Il cuore è quello che ha più energia a livello di quello che può offrire riguardo ai sentimenti, riguardo all'amore umano.
Il cuore ha anche un'altra funzione molto più spirituale. È la porta che si apre continuamente sull'Amore Universale. Il cuore riceve l'immenso Amore della Sorgente, e lo può restituire se l'essere umano ne ha veramente coscienza. Più lo restituirà e più crescerà, perché lo scambio avverrà costantemente !
Al contrario, se l'essere umano non ha coscienza dell'immenso Amore che riceve, lo accumulerà e lo donerà in modo più limitato, a volte più maldestro, più possessivo, e questo potrà causare delle deviazioni e delle sofferenze.
Ci piacerebbe dire che la sede dell'Amore si trova nel cuore, tuttavia non è completamente esatto. Certo si trova nel cuore, ma si trova anche in tutto il vostro corpo fisico, in tutti i vostri corpi energetici e nelle vostre multidimensionalità. Si trova anche a livello del vostro centro di forza coronale, perché questo centro di forza riceve continuamente le energie di Amore provenienti dalla Sorgente, provenienti dalle grandi Gerarchie di Luce."
Mi mostrano il cuore umano. Attorno a lui vi è un altro cuore con una luce un po' rosata e molto bella. All'interno di questo cuore c'è come un cuoricino di un dorato molto denso. Si tratta di un'energia che ha la forma di un piccolo cuore dorato e la cui energia è molto concentrata. Mi dicono :
" È questa energia che bisognerebbe poter restituire, è una concentrazione di pura Energia Amore che ricevete costantemente dalla Parte Divina e che dimora in voi. Questa Parte Divina nutre l'Amore che si trova nel vostro cuore, così come nutre tutto ciò che siete in quanto esseri umani e in quanto esseri energetici.
Questa particella di Amore Divino nutre allo stesso modo la vostra anima. L'anima può avere sede cuore, ma circola anche in tutto il corpo materiale e ben oltre.
Il cuore fisico è importante, ma è soprattutto il cuore energetico e questa concentrazione di Energia Amore estremamente luminosa ad alimentare non solo la vostra parte umana ma anche tutto ciò che siete a livello globale.
A volte c'è il blocco di questa energia, vale a dire che il vostro comportamento fa sì che voi rifiutiate di aprire le porte a questo concentrato di Energia Amore, a questo piccolo cuore talmente potente. Questo piccolo cuore viene costantemente alimentato, perché voi non potreste vivere senza la vostra divinità, ma se non liberate questa immensa energia che sta in attesa, mancate di Amore e avete l'impressione di essere continuamente alla ricerca di un amore, qualsiasi esso sia, alla ricerca di un affetto profondo, quando invece è questa piccola parte di voi stessi che chiede in continuazione di liberarsi, di uscire dal guscio, mentre voi le chiudete le porte perché non siete consapevoli della sua realtà.
Ripetiamo che tra un tempo relativamente breve moltissime porte vi saranno aperte riguardo a voi stessi. Molti blocchi salteranno, perché così dovrà essere, questo immenso Amore condensato nel vostro cuore si libererà e voi capirete cos'è veramente l'Amore Incondizionato. Potrete amare non in modo egoistico ma in modo altruistico, in modo incondizionato e universale, perché questo piccolo cuore dominerà completamente l'amore sentimento con la sua potenza e la sua energia. Toglierà i limiti che vi impediscono di amare su questo mondo e toglierà le « deformazioni » dell'amore possessivo, dell'amore passionale, ristrutturerà e « riconfigurerà » quell'amore per fare in modo che tutti i sentimenti divengano nobili, dei sentimenti di puro Amore Incondizionato.
È un processo obbligatorio, ma questo processo avverrà quando sarà il momento !
Coloro che chiamate i Grandi Maestri, che sono in grado di amare incondizionatamente o che hanno un grande irradiamento, hanno aperto questo piccolo cuore dorato e lo lasciano esprimersi attraverso il loro stesso corpo, attraverso i loro stessi sentimenti, che del resto non sono più dei sentimenti ; questa immensa potenza, questo Amore che può guarire, questo Amore che può trasformare tutto non solo all'interno di voi stessi o nel corpo fisico, ma che può aiutare considerevolmente anche gli esseri che vi circondano che hanno bisogno del vostro aiuto, non soltanto attraverso l'Amore ma anche attraverso il miracolo della guarigione.
Potremo parlare ancora a lungo del cuore e di questo Amore, ma lasciamo che lo scopriate da voi. Ogni giorno probabilmente sentirete qualcosa che si muove in voi ; avrete l'impressione di sentire dei battiti di cuore a livello del plesso solare e del centro di forza cardiaco, dei battiti di cuore che non saranno dei battiti « normali ». Sarà come se questi battiti di cuore si spostassero, ma non sempre nello stesso luogo. Sarà piacevole da percepire ! Forse lo avete percepito ! Per alcuni può essere equiparato alla tachicardia (poco importa il nome che gli darete).
Certo ci sono i malfunzionamenti del cuore attraverso le palpitazioni o altro. Questo non è importante ! Se riuscite a permettere a questa energia di Amore Universale che è in voi di esprimersi, tutto sarà rigenerato, tutto sarà luminoso e diventerà tutto molto più semplice.
Non avrete più la barriera dell'affettivo ! A quel punto non ci sarà più l'amore affettivo, familiare, relazionale o di coppia, ci sarà semplicemente l'Amore con la A maiuscola, l'Amore Incondizionato, l'Amore che aiuta, che conforta e che guarisce.
Siate certi che andate veramente verso questo Amore, passo dopo passo, giorno dopo giorno, presa di coscienza dopo presa di coscienza !
I gradini che vi conducono al vertice di voi stessi a volte sono difficili da salire, ma sappiate che ne avete già saliti tanti e che non ve ne restano più molti. Dovete sentirli nel vostro modo di amare, nel modo di offrire questo Amore a coloro che ne hanno bisogno ed anche nel modo di offrirlo a voi stessi, cioè essenzialmente al vostro corpo materiale e alla vostra coscienza umana.
I gradini che vi restano da salire con sforzo non sono più molto numerosi! Il problema è che diventeranno sempre più alti, anche se non ve ne restano che tre o quattro prima di raggiungere la cima, gli ultimi scalini saranno due o tre volte più alti rispetto ai primi, quindi sarà necessario un maggiore sforzo per poterli oltrepassare."
Monique Mathieu
martedì 21 agosto 2012
En passant.. Il nome vero di Karl Heinrich Marx
En passant - Una piccola annotazione, en passant. Il nome vero, originario, di Karl Heinrich Marx (1818-1883) fu Moses Kiessel Mordechai Levi. La madre Henriette, nata Pressburg (1788-1863), era prozia degli industriali Gerard e Anton Philips e discendente della famiglia Barent-Cohen attraverso i suoi genitori Isaac Heijmans Pressburg (1747-1832) e Nanette Salomon Barent-Cohen (1764-1833), figlia, quest'ultima, di Salomon David Barent-Cohen e di Sara Brandes, a loro volta zii della moglie di Nathan Mayer Rothschild. Suo padre, l'avvocato di cultura illuministica Hershel ha-Levi Mordechai (1777–1838), figlio di Levi Mordechai (1743-1804) e di Eva Lwow (1753-1823) e discendente da una famiglia di rabbini tra i quali Rabbi Elieser ha-Levi di Magonza (il cui figlio Jehud Minz fu direttore della scuola talmudica di Padova), in seguito a un decreto del governo prussiano del 1816 che impediva agli ebrei l'accesso alle alte cariche giuridiche, si convertì formalmente al cristianesimo protestante (luterano), divenendo Heinrich Marx. Senza questo fatto preliminare, avremmo avuto in seguito il "levismo". In tutte le sue varianti talmudiche, compresa, ovviamente, la principale: il levismo-leninismo....
Joe Fallisi
La storia può insegnarci qualcosa.. se non mettiamo la testa sotto la sabbia - Articolo di Filippo Giannini
Credo di non cadere in errore se affermassi che negli ultimi mesi si sono verificati in Italia non meno di una cinquantina di casi di suicidio, la maggior parte dei quali commessi da imprenditori, disperati per l’andamento disastroso del mercato. Prego i lettori di tener presente, nel proseguo del lavoro, questo dato.
Altro dato da tener presente è che molti economisti considerano la crisi – anche questa made in Usa – iniziata nel 1929, forse peggiore di quella attuale.
Desidero qui riportare uno stralcio di uno scritto di Marzio di Belmonte, estrapolato da un suo ottimo lavoro dal titolo: “Il carteggio Mussolini-Churchill nel contesto della Seconda Guerra Mondiale”:
Le grandi strategie internazionali gestite dietro le quinte da determinate forze occulte, sono oggi evidenti e non possono più creare dubbi nella loro finalità.
Da qui ne scaturisce un progetto ed anche una tendenza realizzativi:
un progetto che troviamo già aleggiare negli ideali delle rivoluzioni francese e americana, passando poi per la distruzione dei grandi Imperi Centrali in Europa e il ridimensionamento del potere Cattolico, tutte realtà queste che, in qualche modo, erano di intralcio a quegli ideali mondialisti, quindi la liquidazione degli Stati Fascisti, fino alla creazione ed allo sviluppo di quei grandi Istituti, Organismi e centri di potere mondiale, come la vecchia Società delle Nazioni poi ONU, il CFR (Council on Foreign Relations, 1921), l’IPR (Institute for Pacific Relations, 1925), il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale (1944), l’UNESCO (1945), il il Bildgberg Group (1952), la Trilaterale (1973), e tanti altri organismi, politici e finanziari, compresi quelli europei della UE, tutti atti a predisporre le strutture e/o a preparare i quadri per il dominio planetario, ecc.
(….).
Ed infine una illimitata supremazia della finanza sulla politica, anzi la finanza stessa che si fa politica, e quindi una globalizzazione totale dell’economia e della forza lavoro gestita direttamente dal potere finanziario (…)>.
Per ricapitolare il pensiero di Marzio di Belmonte i fascismi erano di intralcio ai disegni di dominio globale del potere finanziario e, aggiungo, a scudo e a guardia di questo c’è la democrazia, così come oggi ci è stata imposta. Dello stesso parere è un altro noto storico Rutilio Sermonti, che nel suo libro L’Italia nel XX Secolo ha scritto: <(Per le democrazie) La risposta poteva essere una sola: perché esse volevano un generale conflitto europeo quale unica risorsa per liberarsi della Germania – formidabile concorrente economico – e, soprattutto dell’Italia. Questo è necessario comprendere se si aspira alla realtà storica: soprattutto dell’Italia>.
La storia del XX Secolo è molto complessa ed è tutta da scrivere, da questa una realtà risulta incrontovertibile: le tre grandi democrazie, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, si sono ingegnate a preparare la Seconda Guerra mondiale con l’intento di abbattere i fascismi, grandi barriere per i loro programmi di dominio globale. Le grandi democrazie come sono giunte al loro obiettivo?
Ė noto a tutti che la Gran Bretagna possedeva almeno i tre-quarti del territorio terrestre ed esercitava su di esso ogni mezzo per schiavizzare gli abitanti e sfruttare le ricchezze del sottosuolo. L’opportunità di soppiantare i cugini inglesi e sostituirli nelle loro conquiste, non sfuggì ai grandi finanzieri americani, che nel frattempo si erano sempre più rinforzati grazie alle ricchezze del sottosuolo americano. Possiamo fissare la data di questa politica con l’enunciazione della così detta Dottrina Monroe. James Monroe è personaggio di estrema importanza se si vuol comprendere la storia di oggi. James Monroe nacque in Virginia il 28 aprile 1758, morì a New York il 4 luglio 1831. Partecipò alla guerra d’indipendenza americana, al ritorno riprese gli studi di diritto. Svolse diverse attività politiche e diplomatiche, nel 1816 divenne il quinto presidente degli Stati Uniti. Fu l’autore di una Dottrina che da lui prese il nome, la quale prevedeva una serie di principi di politica estera, presentati al Congresso a dicembre 1823. Fra questi, il più interessante proclamava, in forma autoritaria, che il continente americano (quindi anche il Sud America) non era un territorio destinato alla colonizzazione europea.
Inoltre, per maggior chiarezza, il Congresso statunitense stabiliva che ogni tentativo delle potenze europee per estendere la loro influenza sul continente americano (!) sarebbe stato considerato dagli Stati Uniti come una minaccia per la loro sicurezza e per la pace. Tutto ciò servì per costringere Napoleone III, che aveva tentato una infliltrazione nel Messico, a ritirare le sue truppe (1867). Fu in nome della Dottrina Monroe che gli Stati Uniti poterono esigere e ottenere dall’Inghilterra il controllo esclusivo del Canale di Panama (1901).
Leggiamo da Dizionario Mondiale di Storia Universale:
Così siamo giunti ad una nuova tappa del sogno americano, all’ideologia del pensiero unico finanziario. Questo è gestito principalmente dalle seguenti agenzie di rating: Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch Rating, Agenzie che, neanche a dirlo, hanno sede oltre oceano, in grado di gestire a loro piacimento l’economia di ogni Paese, stabilendo quanto siano affidabili le economie dei singoli Paesi. Per avere solo un’idea di quanto potenti siano le Lobby che gestiscono le economie mondiali, riporto uno stralcio, a firma di Toni Liuzza, tratto da Historica Nuova:
Di quella cifra 846 miliardi di dollari sono finiti nei conti della “Goldman Sachs” (…)>. Per capire, ancora meglio il potere di queste Lobby, aggiungo:
La risultante fu l’apertura di tutti i mercati agli Usa, la contestuale commercializzazione, in regime di sostanziale monopolio impositivo, dei propri prodotti e l’indebitamento generalizzato di tutte le economie post belliche, anche quelle in grande espansione e addirittura di quelle che la guerra l’avevano vinta. Il motto era: con i dollari che ti presto potrai fare grandi infrastrutture, ma sarai con me indebitato a vita.
La formula per giungere a questo ci viene fornita dall’allora futuro Presidente degli Usa, Woodrow Wilson: egli nel corso di una lezione tenuta alla Columbia University, già nell’aprile 1907, sfacciatamente così caricò la mentalità predatoria degli studenti americani:
Per quanto sopra, che poi è solo un estratto del potere che la vittoria militare del 1945, ha permesso che tutto ciò avvenisse, grande è la mia meraviglia quando osservo che, in Europa tutta, ci sono ancora degli idioti che festeggiano la data della “liberazione” del 1945.
Torniamo ora alle osservazioni di Marzio di Belmonte ((…). La distruzione dei grandi Imperi centrali in Europa… (che) erano di intralcio a quegli ideali mondialisti, quindi la liquidazione degli Stati Fascisti(…)>, e a quelle di Rutilio Sermoni (La risposta poteva essere una sola: perché esse (le democrazie, nda) volevano un generale conflitto europeo quale unica risorsa per liberarsi della Germania e soprattutto dell’Italia…>. Cosa avevano commesso di così grave l’Italia e la Germania? Brevemente, vediamo di dare una risposta il più possibile esauriente.
Il così detto Trattato di Versailles aveva posto, in pratica, la Germania in una situazione di estrema disperazione: i disoccupati erano milioni, solo come esempio, per comprare un francobollo erano necessari miliardi di marchi e così di seguito. Essendo stata la Germania spogliata di tutti i suoi beni, dal nostro punto di vista la seconda Guerra Mondiale fu scientemente preparata in quell’occasione. La conquista del potere da parte di Hitler fu salutata dalla stragrande maggioranza dei tedeschi con favore. Il Führer in pochi mesi riuscì a risolvere le situazioni più scabrose, in primo luogo dette un lavoro a tutti i tedeschi. Non dimentichiamo che mentre il Governo tedesco tentava di far uscire la Nazione dal tunnel, le lobby finanziarie guidate da quelle ebraiche, dichiararono guerra alla Germania invitando le popolazioni mondiali a boicottare i prodotti tedeschi.
John Frederick Fuller, storico militare inglese, nella sua Storia militare, riconobbe che la causa che spinse le democrazie a fare la guerra a Hitler fu il suo riuscito tentativo di liberare la Germania dalla schiavitù economica, cosa che determinava un pericolo molto serio per la finanza internazionale. A questo punto riportiamo una osservazione di Francesco Fatica (Lotta del sangue contro l’oro):
E l’Italia?
Ci avvaliamo di nuovo del citato lavoro di Francesco Fatica.
Come la Germania superò la crisi congiunturale lo abbiamo già accennato; e l’altro Paese a regime autoritario, cioè l’Italia come l’affrontò? Giorgio De Angelis (L’Economia Italiana fra le due Guerre, pag. 137):
Ma la grande spinta si ebbe a seguito degli importanti lavori messi in atto dal(l’infausto) regime, che proprio in quegli anni concepì, grazie al genio di Arrigo Serpieri, il prosciugamento e la valorizzazione delle paludi – non solo nella penisola, ma anche nelle colonie e in Albania – la nascita in tempi fascisti (cioè in tempi brevissimi e senza ruberie), la nascita di nuove città ecc. ecc.. In pratica il regime (sempre infame, per il gerarchetto infame) operò in senso esattamente opposto a come sta operando l’attuale governo tecnico guidato dall’uomo della Goldman Sachs, Mario Monti, e i risultati si videro (allora) e si vedono (oggi). Ė da ricordare che nel 2005 Monti giunse alla posizione di super consigliere internazionale della Goldman Sachs. Attualmente, nominato senatore dall’ex supercomunista Giorgio Napolitano, e da questi imposto come Capo del Governo. Come dire: sono fischietti nostri.
Ma torniamo a noi.
Anche se la storia (chiamiamola favola, la Storia è una cosa troppo seria) resistenziale non lo confermerà mai, negli anni ’30 le idee innovatrici e rivoluzionarie di Benito Mussolini si stavano espandendo in tutto il mondo: Argentina, Australia, Canada, Giappone, Stati Uniti e così di seguito si assisteva al sorgere di nuovi partiti e movimenti che si ispiravano al Fascismo italiano e alle sue concezioni dello Stato Corporativo. L’avvenimento assunse un aspetto ancor più straordinario in Gran Bretagna, cioè nel regno del capitalismo e della massoneria. In Inghilterra nacquero due movimenti: l’Imperial Fascist League, rappresentato da Doram, che si ispirava al nazionalsocialismo tedesco, e la British Union of Fascists, il cui capo era Oswald Mosley, fedele seguace del fascismo italiano. Il partito poteva contare su 100 mila iscritti. In una intervista al Corriere della Sera Mosley dichiarò:
Prima di concludere desidero ricordare di nuovo il più grande giornalista italiano (tale è riconosciuto da tutti), Giuseppe Prezzolini. Questi nacque per caso (così era solito dire) a Perugia il 27 gennaio 1882, morì, centenario a Lugano nel 1982; tutto ciò è necessario ricordarlo in quanto chiarisce quale fu il periodo della sua vita. Venne giudicato come un anarchico conservatore, dallo stile formidabilmente concreto e asciutto. Non accettò il regime fascista, quindi si trasferì a Parigi e poi, definitivamente, negli Stati Uniti, dove rimase sino agli anni sessanta, pur tornando saltuariamente in Italia.
Facciamo un salto in avanti nel tempo e poi analizziamo il precedente.
Ripetiamo, Giuseppe Prezzolini morì nel 1982, quindi non ebbe modo di assistere all’episodio noto come “mani pulite”, tuttavia ecco quello che ha scritto circa la politica italiana nella seconda metà dello scorso secolo:
Vediamo ora come l’anarchico conservatore, dopo uno dei viaggi in Italia nei primi anni Trenta, cosa scrisse:
Il popolo italiano appare rinnovato. Sta lontano dalle osterie e dalle risse; sale sui monti in folla. Gode, come nessun altro popolo, del paesaggio, dei fiori, dei colori e dell’aria. I discorsi e i commenti che vi senti, lasciano trasparire l’atmosfera di serenità e di salute.
Il popolo italiano ha un aspetto più forte, più dignitoso, più serio, più curato, meglio vestito di un tempo, è ossequiente alle leggi e ai regolamenti, è istruito nella generalità e più aperto perfino agli orizzonti internazionali. Si muove di più, viaggia di più: conosce meglio di una volta il suo paese. Non è ricco come altri popoli, ma non lo è mai stato e in confronto del popolo americano mi pare senza dubbio più contento>. Ricordiamo che Prezzolini scrisse questo pezzo nel pieno della grande depressione che partì, come sempre dalla democraticissima Usa. Sì, più contento, ha scritto Prezzolini, almeno diverso da oggi. E tu, lettore, oggi, in piena democrazia, sei felice come, stando a quanto ha scritto Prezzolini, come lo era tuo padre o tuo nonno nel periodo del male assoluto?
Filippo Giannini