Oggi giorno, di fronte ad uno spaventoso destino che tutti ci sovrasta, ovvero quello di diventare schiavi e carne di porco di una razza che si ritiene “eletta”, ci considera bestie parlanti e che per questo obiettivo è disposta a tutto, bisogna buttarsi dietro le spalle il passato.
E’ assurdo e non serve a niente pensare e agire condizionati da fatti storici di altri tempi.
Personalmente non rinnego niente, anche perchè in diecimila anni di storia la conquista, anche cruenta, l’espansione e il dominio è sempre stato una costante dell’uomo.
Non vi piace? Non serve a niente piangersi addosso, prendetevela con la divinità che lo ha creato così, forse per suo belluino piacere o se siete atei con le strutture chimiche della sua costituzione che così, e solo così, si sono conformate.
Vi faccio un solo esempio: noi oggi ci commoviamo al pensiero di certe orgogliose e meravigliose tribù di pellirosse, derubate, ingannate e alla fine orribilmente massacrate, da una lurida masnada di avidi avventurieri, gli yenkee. Ma se fate una accurata indagine storica vedrete che quelle stesse tribù, nella loro storia, hanno a loro volta assaltato e se il caso massacrato e assoggetato, altre tribù rivali di amerindi. E i loro ragazzi fin dall’adolescenza coltivavano giustamente il culto della guerra.
E’ il gioco della guerra, della vita e della morte, è l’eterna attitudine dell’uomo, non serve a niente piangersi addosso.
Sarebbe come commuoversi e piangere se il predatore sbrana la preda: cosa credete che la preda, financo cuccioli, non soffre ad essere dilaniata dalla belva che lo assale? Ma anche qui le cose stanno in questo modo e lo accettiamo anche perchè ben sappiamo che il predatore agisce in quel modo: non per sadico piacere, ma per il meccanismo di alimentazione e sopravvivenza con cui è conformato.
Ed allora la scelta non può che essere di “civiltà”. Ce lo ha insegnato Roma: accanto all’occupazione alla conquista, Roma portava la civiltà, il diritto, il senso dello Stato, i valori della Tradizione, l’organizzazione sociale. E ne beneficiavano tutti, anche le popolazioni conquistate.
Gli yenkee, per non parlare dei sionisti, cosi come i loro predecessori britannici, hanno portato solo violenza, sfruttamento, assoggettamento. Non hanno mai dato nulla, tranne schiavismo, vizio e corruzione. Se hanno costruito infrastrutture è solo per supportare meglio le attività di rapina e sfruttamento delle risorse del posto.
Ho conosciuto italiani che vivevano in Ethiopia. Il Negus che nel dopoguerra venne rimesso sul trono ethiopico, si guardò bene di cacciare gli italiani, che pur gli avevano fatto guerra ed eccidi, perchè si rese conto che con l’Italia il paese era enormemente progredito e gli italiani erano ancora preziosi. Vennero poi cacciati negli anni ’70, dopo la rivoluzione che spazzò via anche il Negus e da allora il paese è sprofondato in una crisi irreversibile.
Gheddafi fece male a cacciare gli italiani in quel modo, riconquistata la Libia ai libici, poteva trovare una soluzione diversa. Ma tutto questo appartiene al passato.
Oggi bisogna aver presente la criminale fine che hanno fatto fare a Gheddafi, una fine che la pagheremo cara tutti quanti, a cominciare dai popoli arabi e africani. Se ne possono rallegrare solo gli idioti e coloro che hanno operato in questo senso, ed ovviamente quegli “ebrei tripolini”, italiani di nome, ma non di fatto, sbattuti fuori da Gheddafi nel 1970 e oggi trionfalmente ritornati in Libia.
Piuttosto, occorre rilevare che nella fine di Gheddafi ha una responsabilità tremenda, forse massima, a prescindere di cosa sarebbe accaduto se egli vi si fosse opposto. Sto parlando di Berlusconi, un vigliacco che solo pochi mesi prima lo aveva ricevuto con tutti gli onori e ci aveva stretto accordi.
Quando gli UsaIsrael gli hanno imposto l’allineamento sulle sulle loro intenzioni criminali, si è subito adeguato. Si dice che non poteva fare diversamente, pena il ricatto che gli avrebbero fatto mettendo in pericolo finanziario il suo mega impero mediaset, ma questo non cambia le cose.
Dimostra solo che Berlusconi era un industriale affarista prestato alla politica, ma sostanzialmente restava un pescecane. Alcune sue scelte positive, come per esempio gli accordi con Putin e con Gheddafi, scaturivano solo dalla sua natura imprenditoriale che gli faceva individuare in quegli accordi grossi vantaggi per l’Italia. Ma dietro non c’era alcun aggancio ad una visione, non dico ideologica, ma neppure politica di livello superiore.
Maurizio Barozzi
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