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lunedì 26 marzo 2012
In memoria di Giulio Girardi... il benefattore del Nicaragua
“Addio, compagno!
Per buon tempo hai combattuto, e con onore.
Per la libertà del popolo”
(da un antico canto rivoluzionario)
Una vita umana
Non vale nulla,
Ma nulla vale
Più di una vita umana.
Giulio Girardi, dopo una lunga malattia, il 26 febbraio 2012 ci ha lasciato.
La malattia e la morte hanno un che di osceno.
Questo rovescio dell’esistenza corporea è orrido. Lascia sempre senza parole.
Per noi dell’Associazione Italia-Nicaragua, Giulio è stato un vero “padre-maestro”.
A lui dobbiamo molto e non solo in termini di libertà. È il nostro un debito di riconoscenza per il contributo dato, con lucide analisi, alla riflessione e al pensiero del Nicaragua sandinista.
Le sue pagine scritte viaggiano ancora tra le nostre mani, si infilano nelle tasche e nelle teste.
Come non ricordare, tra le sue opere, “Sandinismo, marxismo, cristianesimo: la confluenza”; oppure “Le rose non sono borghesi” (“I versi alla rosa non sono borghesi e non sono borghesi le rose, anche la Rivoluzione le coltiverà, si tratta, certo, di ridistribuire le rose e la poesia” Ernesto Cardenal); fino all’epilogo “L’opzione per gli oppressi come soggetti e fedeltà alla Rivoluzione popolare sandinista ieri e oggi”, scritto per il nostro libro “Que linda Nicaragua!.
Non è facile condensare in così breve spazio il senso di una vita intera.
Come si fa a restringere una esistenza di cose, di fatti e di incontri in poche righe? Una vita poi come quella di Giulio Girardi “filosofo e teologo della liberazione”: nato al Cairo nel 1926, salesiano nel 1942, partecipa come esperto al Concilio Vaticano II del 1962 dove collabora alla redazione della Gaudium et Spes, diviene la punta più avanzata del dialogo tra cristiani e marxisti, il suo impegno politico gli costa la espulsione dalla congregazione salesiana e la sospensione a divinis, membro del Tribunale Permanente dei Popoli, continua la sua attività intensa come professore, ricercatore, educatore impegnato in America Latina dove avviene l’incontro con i movimenti indigeni e con le rivoluzioni: da quella cubana a quella bolivariana, passando per l’esperienza sandinista del Nicaragua. Il Fronte sandinista (FSLN) gli assegna l’ordine Carlos Fonseca, cosa che non gli ha impedito
di criticare l’involuzione subita dal Fronte stesso: dalla prima sconfitta elettorale e morale del 1990, alla seconda sconfitta elettorale e morale del 1996.
Non spetta a noi, piccola Associazione, ricostruire l’intera biografia di Girardi; possiamo e vogliamo solo ricordare come ha cambiato la vita di tante persone, qui da noi e in Nicaragua.
In un mondo e un tempo dove troppo spesso trionfa l’inutile e tutto si brucia in un istante, Girardi rappresenta un esempio di vita degna di essere vissuta. Un internazionalista che si è sempre battuto contro l’eurocentrismo e per la liberazione dei popoli oppressi.
Agli inizi degli anni ’90, dopo l’implosione dell’Unione Sovietica, il crollo del cosiddetto comunismo dei “socialismi reali” e l’avvento del “nuovo ordine mondiale”, ha scritto un bel saggio che conserva intatta tutta la sua attualità: “La solidarietà internazionalista, scelta di vita, fronte di resistenza”.
"Non parlo genericamente di solidarietà, ma ne sottolineo il carattere internazionalista, per distinguerla nettamente da quella assistenziale. Insistendo su questa distinzione, non intendo cerco svalutare la solidarietà assistenziale, che può rispondere realmente ed efficacemente a bisogni urgenti, ma rilevarne i limiti e le ambiguità".
Nel saggio, scritto non a caso a Managua, analizzata le diverse cause della crisi della solidarietà, ma anche le profonde motivazioni: come scelta etica, scelta politica e geopolitica, scelta culturale, scelta educativa, scelta teologica, per concludere: che "La solidarietà internazionale vede nella liberazione dei popoli oppressi non un problema del Terzo Mondo, ma il problema fondamentale del mondo,
essa considera la scelta di campo nel conflitto Nord-Sud decisiva non solo per il futuro del Sud, ma anche per quello del Nord. È appunto la solidarietà internazionale così intesa il vincolo più profondo tra i popoli oppressi del Sud e le minoranze del Nord, che si identificano con essi e fanno propria la causa della loro liberazione. È questo vincolo che costituisce il germe, l’anticipazione, la promessa di un mondo veramente unificato ed alternativo".
A dimostrazione che chi avesse oggi la pazienza di rileggere i tanti libri di Girardi, una delle voci più significative ed eterodosse della nostra cultura, vi troverebbe straordinarie riflessioni ad iniziare dal valore rivoluzionario della nonviolenza, non a caso analizzata nell’esperienza della solidarietà diretta con
la rivoluzione popolare sandinista.
"Se la rivoluzione aveva dovuto ricorrere alle armi per spezzare la violenza schiacciante della dittatura, l’asse della sua strategia non era la forza delle armi, bensì la forza del diritto, la giustizia, la solidarietà, l’amore. Solo una strategia nonviolenta, proclamava il sandinismo, poteva fondare una società nonviolenta e contribuire alla gestazione di una civiltà alternativa. Era allora
classica in ciò la descrizione della lotta antimperialista del Nicaragua come di David contro Golia.
Ed i dirigenti sandinisti seppero dare alcuni segnali dei nuovi venti, quando affermarono la generosità della rivoluzione con i suoi nemici abolendo la pena di morte e l’ergastolo… Così giunse al trionfo e così si presentò al mondo la prima rivoluzione della storia realizzata con la partecipazione attiva di marxisti e cristiani: così il sogno di Che Guevara parve convertirsi in realtà".
Prima del Nicaragua sandinista la relazione tra strategia liberatrice armata e nonviolenza era stata la diffidenza e la polemica. Per i rivoluzionari, il discorso nonviolento copriva la violenza del sistema e, pertanto, non reagiva in modo efficace contro di lei. La critica era verso chi considerava normale la violenza dei più forti e demonizzava la violenza dei più deboli. Per i nonviolenti, i rivoluzionari opponevano alla violenza vigente un’altra forma di violenza e di conseguenza non riuscivano a cambiare profondamente le cose perché mezzi violenti potevano solo generare nuove situazioni di violenza.
Una contrapposizione radicale che, prima del sandinismo, ha impoverito il loro impatto trasformatore della storia. Il Nicaragua invece apriva tra le due tradizioni un dialogo e (per usare una espressione cara a Girardi) una fecondazione reciproca.
Infine è arrivata la malattia, che ha fiaccato il corpo, lasciando Girardi in un lungo silenzio fino al giorno della sua morte.
Dei tanti ricordi personali mi piace rammentare, oltre la sua innata mitezza, la frase con cui iniziava la nostra corrispondenza: "Caro Giulio, tocayo…"; di quella frase vado orgoglioso. Tocayo non solo vuole dire che abbiamo in comune lo stesso nome, ma che condividiamo la stessa visione.
Ciao Giulio, tocayo.
Giulio Vittorangeli
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