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mercoledì 31 agosto 2011
"Ad Memoriam" - Osho e la pazzia come metodo di saggezza
"Radici all'aria" - Foto di Gustavo Piccinini
Un paio di anni dopo la dipartita di Osho (precedentemente conosciuto come Rajneesh), ricevetti una lettera da Majid Valcarenghi (un suo seguace) che mi inviava le bozze del libro Operazione Socrate, in cui si analizzano gli ultimi momenti di vita di Osho, nel testo si dava evidenza al fatto che il maestro potesse essere stato avvelenato dalla CIA, durante la sua permanenza in carcere negli USA. Majid mi chiedeva di scrivere un mio pensiero su Osho, per la pubblicazione sulla sua rivista, cosa che feci volentieri, il testo si intitolava "Ad Memoriam" ed in esso parlavo dei retroscena, osservati da uno "spiritualista laico" quale io ero, e delle conseguenze della "predicazione" di Osho nel mondo... Ma qui vorrei inserire alcuni miei ricordi personali sul come "non incontrai mai Osho nemmeno una volta"
Ricordo nel 1973, quando visitai l’India per la prima volta, che giunto il tempo del ritorno -durante l’attesa della nave Andrea Doria, veterana della marina passeggeri che compiva il suo ultimo viaggio prima del disarmo- restai a Bombay per un paio di mesi facendo la vita dello sderenato (o sadhu, monaco itinerante o mendicante se preferite). Ero già stato toccato dallo Spirito e non potevo far altro che aspettare che “quella cosa” di cui sapevo essere l’espressione prendesse possesso di me. Un’attesa senza speranza si chiama, poiché se c’è speranza non è attesa è solo aspettativa.
Mi capitò un giorno di incontrare delle belle ragazze italiane che andavano vagando per ristorantini a spettegolare. Erano tre, come le tre Grazie, e le avvicinai sorridente ma cosa strana non rimasero affatto affascinate dalla mia persona… Dovete sapere che in un modo o nell’altro le donne sempre mi amano, non con questo che esse mi trovino particolarmente appetibile dal punto di vista sessuale, semplicemente mi vogliono bene e mi ascoltano con interesse… Sono un affabulatore ed anche come “cercatore spirituale” –malgrado vivessi in totale astinenza- di solito ottenevo un buon successo.
No, quelle tre avevano solo pensieri per Osho, continuavano a parlare di lui come tre innamorate del loro amante, rivelavano tutti i loro giochi amorosi ed i loro desideri nei suoi confronti. Insomma debbo dire che mi sentii un po’ invidioso e quasi quasi mi venne l’idea di andare a sfidarlo in casa, quell’Osho, lì a Poona nel suo ashram che si trova a pochi chilometri da Bombay. Fortunatamente per me mi beccai, a forza di frequentare ristorantini sfiziosi, una bella epatite virale A e dovetti perciò rinunciare alle mie velleità per restare in catalessi nell’albergaccio in cui aspettavo “l’evento” (non sapevo nemmeno io bene cosa, qualsiasi cosa o nulla).
Ebbene riuscii a scamparla, allora, tornai in Italia, e poi ancora numerose volte in India e non pensai più di andare da Osho. Ma i discepoli di Osho continuarono a perseguitarmi ed a cercarmi in tutti i modi, me li trovavo davanti ovunque, sia che andassi a Tiruvannamalai, a Jillellamudi od a Ganeshpuri, sia che restassi a Roma a fare il “santo” in via Emanuele Filiberto oppure che entrassi nel vortice alternativo di Calcata con tutte le sue tentazioni e devianze. Questi discepoli di Osho erano e sono i miei amici più simpatici ed affini, sono completamente pazzi ed inaffidabili. “Qualis pater talis filius” dice l’adagio, e mai come in questo caso è vero.
Osho stesso fu un’esagerazione in tutti i sensi. Guru Maharaji si faceva 12 Rolls Royce? Ed Osho 120… Muktananda fondava qualche Ashram in giro per il mondo? Ed Osho fondava addirittura una nuova Città-Stato (nell’Oregon). Il successore di Bhaktivedanta rinunciava al sannyasa e si sposava una sua devota? E la segretaria di Osho, molti dicono anche amante, scappava con tutti i soldi della cassa.
Osho quando parlava era una macchinetta infernale inarrestabile (i suoi scritti possono riempire un'intera biblioteca), oppure taceva per anni di fila. Prima aveva parlato bene di tutte le religioni, facendo un discorso sincretico, poi finì per dire che tutte le religioni sono finte. All’inizio si pose come Guru ed infine negò di avere qualsiasi discepolo. I suoi seguaci poveretti subirono un bel lavaggio del cervello e coloro che resistettero –probabilmente- ne uscirono fuori veramente sanati dalla malattia del divenire e dell’apparire. Non sta a me giudicare comunque la condizione di questi miei fratelli, sapendo che ognuno di noi ha il suo destino e le sue pene…
Paolo D’Arpini
Alcuni pensieri di Osho sulla morte
“Si dovrebbe accogliere la morte con gioia... è uno dei più grandi eventi della vita. Nella vita, esistono solo tre grandi eventi: la nascita, l’amore e la morte. La nascita, per tutti voi, è già accaduta: non potete farci più nulla. L’amore è una cosa del tutto eccezionale... accade solo a pochissime persone, e non lo si può prevedere affatto.
Ma la morte, accade a tutti quanti: non la si può evitare. È la sola certezza che abbiamo; quindi, accettala, gioiscine, celebrala, godila nella sua pienezza.
La morte è semplice svanire nella fonte. La morte è andare nel regno di ciò che non è manifesto: è addormentarsi in Dio.
Di nuovo tornerai a fiorire. Di nuovo rivedrai il sole e la luna, e di nuovo e ancora... fino a quando non diventi un Buddha, fino a quando non riuscirai a morire in piena coscienza; fino a quando non sarai in grado di rilassarti in Dio consciamente, con consapevolezza. Solo allora, non esiste ritorno: quella è una morte assoluta, è la morte suprema.”
“Se mi hai amato, per te, io vivrò per sempre. Vivrò nel tuo amore. Se mi hai amato, il mio corpo scomparirà, ma per te, io non potrò mai morire. Anche quando me ne sarò andato, so che tu mi verrai a cercare. Certo, ho fiducia che tu verrai a cercarmi in ogni pietra e in ogni fiore e in ogni sguardo e in tutte le stelle. Posso prometterti una cosa: se mi verrai a cercare, mi troverai... in ogni stella e in ogni sguardo... perché se hai veramente amato un Maestro, con lui sei entrato nel Regno dell’Eterno. Non è una relazione nel tempo, dimora nell’assoluta atemporalità.
Non ci sarà morte alcuna. Ιl mio corpo scomparirà, il tuo corpo scomparirà, ma questo non farà una gran differenza. Se la scomparsa del corpo creasse una pur minima differenza, dimostrerebbe soltanto che tra noi non è accaduto l’amore.”
OSHO
MAI NATO
MAI MORTO
HA SOLO VISITATO
QUESTO PIANETA TERRA
11.12.1931
19.01.1990
.....................
Commenti ricevuti:
Stefano Andreoli: Uhm... penso che non potrei mai credere ad una sola parola di uno che predica la rivoluzione spirituale eppoi colleziona Rolls-Royce... è un po' come dirsi vegetariani eppoi divorarsi un bue.
Noemi Longo: Che bel testo Paolo!!! Io di tutti i suoi testi, conosco qualche pensiero e aforisma ma un solo libro che mi è stato donato ho letto e curiosamente sto rileggendo proprio in questi giorn: Ridere la vita. Pensavo... forse il paradosso è proprio questo... Secondo quanto dice Stefano, direi che non bisogna mai credere a quel che dicono le guide spirituali, le loro parole sono egoiste, vanno comprese e sperimentate affinché non restino sterili, bisogna invece credere soltanto in quel che fanno.
......Sarebbe come rendersi conto di esserci e non prendersi mai il LUSSO di partecipare...forse per questo Osho collezionava rolls royce... Chissà....
Caterina Regazzi: Bellissimo il pensiero finale sull'Amore (e la morte)
Stefano Andreoli: ...non sapevo se scriverlo o no questo commento proprio perché non avendo ancora letto nulla di Osho (anche se consigliatomi da molte care persone), non volevo espormi troppo. Così come non conoscendo accuratamente la dottrina oshoiana, non posso porre osservazioni in materia di coerenza. Chiaro è che il paradosso non sussiste nell'autentico pensiero: proprio come lo spiritualismo pratico di Gandhi o il pragmatismo di Dewey, quando la teoria - o la dottrina - è tale da diventare parte integrante del proprio io, questa non può che vivere in tutti gli aspetti della vita, ossia in quello che si fa, anche nel quotidiano. La coerenza tra il fare e il parlare è sempre stato un criterio di "verità" di tutti gli "illuminati" che ho incontrato strada facendo. Se invece i suoi insegnamenti consistevano nel "siate ricchi per essere felici e rinnovarvi", allora sarebbe davvero un tipo originale e bizzarro... o forse solo eccentrico come il primo dandysmo di O.Wilde.
Caterina Regazzi: Stefano, se vuoi leggerlo, ti consiglio di leggerlo senza pregiudizi... e senza giudizi... che diritto abbiamo di giudicare la coerenza o meno di chicchessia? Leggilo come annusi un fiore o guardi un paesaggio, forse ti ritroverai anche nelle sue parole.
Noemi Longo: Paradossalmente...non credo affatto che Oscar Wilde fosse meno illuminato di Osho... :-) é molto più oscuro l'altro che l'uno.
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