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venerdì 5 novembre 2010
Produzione biologica e diminuzione dei consumi (anche della carne)...
Premessa.
Ricevo questa lettera che amplifica ed in parte supera il discorso “vegetariano” del biologico, inserendovi anche l’aspetto del parziale consumo “carneo”…
Personalmente, come ben sapete, mi considero un frugivoro e non mangio
carne da 37 anni ma non posso non vedere e riconoscere che anche la
carne, parzialmente s’intende, è uno degli alimenti “naturali”
dell’uomo. Infatti anche gli altri animali frugivori, come i
cinghiali, gli orsi e le scimmie antropomorfe fanno un uso sporadico
di carne. Ed anche in ambito spirituale abbiamo l’esempio di Milarepa
o di San Francesco che saltuariamente mangiarono carne. Ecco
leggete voi stessi… (Paolo D’Arpini)
Caro Paolo.
Riguardo ai prodotti biologici ormai è tutto commercio…….. ma è
commercio sia nei negozi specializzati che nei supermercati, solo che
per il consumatore, cambia, e non poco, il prezzo…….
Non conosco i meccanismi di scelta da parte della grande distribuzione
delle aziende da cui rifornirsi, so per certo che nel settore carni
(non biologiche) fanno molti controlli, ma molti controlli li fanno
anche grosse aziende alimentari che hanno l’interesse a risultare
“pulite” e per le quali un eventuale scandalo di natura
igienico-sanitaria potrebbe essere catastrofico (e non voglio fare
nomi). In tempi in cui il consumatore pare non si fidi più di niente e
di nessuno bisogna lavorare (ed in parte è obbligatorio per legge)
secondo sistemi qualità che però purtroppo non garantiscono la qualità
intrinseca del prodotto (cioè, ad esempio se gli animali di un certo
allevamento hanno consumato foraggi buoni o scadenti o se sono stati
tenuti in condizioni di REALE benessere), ma solo che quel certo
prodotto alimentare è stato ottenuto seguendo quel determinato
processo, usando quelle procedure che vengono descritte, rifornendosi
delle materie prime da quei determinati fornitori e a quali controlli
sono stati sottoposti per poter essere scelti e che controlli vengono
effettuati, durante e alla fine della produzione per garantire la
salubrità del prodotto (per un alimento, per un detersivo si
verificheranno altri parametri).
Questi ragionamenti valgono sia per i prodotti tradizionali che per i
biologici. Che i prodotti biologici siano un prodotto di nicchia era
vero forse più 10 anni fa che ora. Oggi c’è il reparto del biologico e
quello dell’”equo e solidale” in tutti i supermercati, è una questione
di marketing. Perchè il supermercato (la C..p sei tu) si deve veder
togliere la fetta di consumatori sempre più attenti all’ambiente e
alla salute che sta progressivamente aumentando? Però, secondo me, c’è
un però e ne ho avuta la conferma leggendo un articolo sull’ultimo
numero di AAM Terra Nuova, che mi è arrivato proprio oggi. Il titolo
dell’articolo è: Cambiare vita e diventare contadini oggi. Ti
tralascio le mille difficoltà in cui 2 coraggiosi ex-professionisti si
devono confrontare quotidianamente nella conduzione della loro azienda
biologica in Toscana, con produzione di olio, vino, marmellate, ecc.
Dice la titolare: “….Dopo che abbiamo vinto questi premi è venuto da
noi anche un grande nome della distribuzione italiana: voleva
acquistare in esclusiva assoluta tutta la nostra produzione. Il
problema qual’è però? Ovviamente volevano una produzione alta. E noi,
nel biologico, non possiamo garantire la quantità per l’anno
successivo. Loro avevano una risposta molto semplice: ci hanno detto
tranquillamente che si poteva aggiungere un altro olio diverso dal
nostro per esempio……”
Per quello che so poi io direttamente da alcuni produttori della mia
zona, la grande distribuzione, avendo ormai una percentuale del
mercato esorbitante, è quella che fa i prezzi, soprattutto in un
periodo di crisi. Il produttore, se non vuole perdere questa grossa
fetta di vendite deve per forza accettare i prezzi della grande
distribuzione. Non parliamo poi delle “offerte”, degli sconti, ecc. Lo
sconto non lo fa il supermercato, o almeno, non interamente, ma molta
parte ricade sul produttore.
Per quello che mi riguarda, io cerco di fare la spesa, per i prodotti
freschi (verdura, frutta, formaggi, uova) o direttamente dagli
agricoltori locali o al mercatino settimanale del biologico che c’è
qui, FIDANDOMI. Non chiedo che mi facciano vedere la certificazione e
sulle cassette non c’è il bollino dell’ente certificatore,
semplicemente mi fido come mi fido della signora dove vado negli altri
giorni della settimana a comprare la roba “verde” e alla quale chiedo
se usa gli antiparassitari e lei mi risponde (ed io mi fido): sulla
frutta proprio non riesco a non darli, ne do il meno possibile, sulla
verdura invece non do niente (ed io le credo). La mia è una zona di
Parmigiano Reggiano e gli animali che producono il latte per il P.R.
non godono di un gran benessere, però di sicuro gli antibiotici non ci
sono, altrimenti il P.R. non viene, la forma si gonfia e non si può
stagionare. Il pecorino lo compro da un amico che ha le pecore e fa il
formaggio e fa la ricotta più buona del mondo, quando la fa e so per
certo che lui ai suoi animali non da niente. La farina per fare il
pane, quando ho tempo la vado a comprare ad un mulino di qua (chissà,
magari il grano lo prende chissà dove….., ma io mi fido!).
Il cibo per gli animali purtroppo devo ancora andarlo a comprare o al
supermercato o in quei negozi specializzati, chissà che prima o poi
non mi attrezzi per macinare, che ne so, carcasse di pollo (sai, c’è
anche un piccolo macello di polli, qui, c’ero anche oggi) per cane e
gatti.
Ecco, mi piacerebbe poter tornare ai tempi in cui le donne stavano a
casa e portavano avanti l’economia familiare facendo le cose partendo
dalle MATERIE PRIME che erano reperite in loco, nel proprio orto o dal
contadino vicino.. Vorrei avere anche solo un ettaro di terra e farmi
il mio grano, il mio granturco, i miei pomodori, le mie mele, i miei
polli (e ci puoi scommettere che imparerei anche ad ucciderli), le
mie uova. Del resto se le mie galline coveranno, come spero, non si
potrà farle riprodurre all’infinito, bisognerò pure dare una limitata
al moltiplicarsi della specie. L’uomo (anche il cacciatore) dovrebbe
essere quel “predatore” che insieme agli altri (che ormai però sono
troppo pochi) regola il numero degli individui delle popolazioni
selvatiche e ovviamente domestiche (visto che ne è stato lui il
“creatore”).
Lettera Firmata
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