*Le Regioni italiane propongano ricorso entro il 1° agosto per far annullare il "decreto trivelle"*
Con sentenza n. 170/2017, la Corte Costituzionale ha dichiarato
l’illegittimità delle disposizioni del comma 7 e del comma 10 dell’art. 38
del decreto “Sblocca Italia” (d.l. n. 133/2014, convertito, con
modificazioni, con legge n. 164/2014).
In particolare, al comma 7 del decreto si legge: «Con disciplinare tipo,
adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, sono
stabilite, entro centoottanta giorni dall’entrata in vigore del presente
decreto, le modalità di conferimento del titolo concessorio unico di cui al
comma 5, nonché le modalità di esercizio delle relative attività ai sensi
del presente articolo».
Sul punto, la Corte ha stabilito quanto segue:
«Il disciplinare tipo - adottato con decreto del Ministro dello sviluppo
economico del 25 marzo 2015 (Aggiornamento del disciplinare tipo in
attuazione dell'articolo 38 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164) e
successivamente abrogato e sostituito dal decreto del Ministero dello
sviluppo economico 7 dicembre 2016 (Disciplinare tipo per il rilascio e
l'esercizio dei titoli minerari per la prospezione, ricerca e coltivazione
di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma, nel mare territoriale e
nella piattaforma continentale) - prevede, coerentemente con quanto
disposto dalla norma impugnata, le modalità di conferimento del titolo
concessorio unico e le modalità di esercizio delle attività in tema di
idrocarburi. Ciò anche con riferimento a quelle sulla terraferma, come
chiaramente previsto dall’art. 1 di entrambi i decreti.
Il censurato comma incide dunque sulla materia di competenza concorrente
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», cui
ricondurre le attività di prospezione, ricerca e coltivazione degli
idrocarburi sulla terraferma. Rimettendo esclusivamente al Ministro dello
sviluppo economico l’adozione del disciplinare tipo, realizza una chiamata
in sussidiarietà senza alcun coinvolgimento delle Regioni, sebbene questa
Corte abbia reiteratamente affermato l’esigenza della previsione «di
procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti
attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, [di] adeguati
meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni
amministrative allocate in capo agli organi centrali» (sentenza n. 7 del
2016).
D’altra parte, scrutinando una fattispecie normativa analoga a quella in
considerazione, sempre afferente al settore energetico degli idrocarburi,
questa Corte ha ravvisato «la parziale illegittimità costituzionale della
disposizione censurata, per la mancata previsione di strumenti di leale
collaborazione per la parte che si riferisce a materie di competenza
legislativa ed amministrativa delle Regioni interessate» (sentenza n. 339
del 2009).
Si deve pertanto concludere che l’art. 38, comma 7, del d.l. n. 133 del
2014 è costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non prevede un
adeguato coinvolgimento delle Regioni nel procedimento finalizzato
all’adozione del decreto del Ministro dello sviluppo economico con cui sono
stabilite le modalità di conferimento del titolo concessorio unico, nonché
le modalità di esercizio delle relative attività».
La pronuncia della Corte si arresta formalmente alla dichiarazione di
illegittimità del comma 7 dell’art. 38, in ossequio alla regola della
“corrispondenza tra chiesto e pronunciato”. Le Regioni ricorrenti, infatti,
avevano impugnato il solo comma 7 dell’art. 38, lamentando il mancato
coinvolgimento delle Regioni nella predisposizione della disciplina recata
dal disciplinare tipo circa il rilascio del titolo concessorio unico, in
ragione del fatto che l’art. 38 dello Sblocca Italia determinasse
l’abrogazione tacita del vecchio regime sui permessi e sulle concessioni,
come disciplinato dalla legge n. 9 del 1991. Solo successivamente, con
legge di stabilità 2015, il Parlamento avrebbe reintrodotto il vecchio
regime posto dalla legge n. 9 del 1991, facendolo, dunque, rivivere e
affiancandolo al regime sul titolo concessorio unico.
Ebbene, nonostante la Corte non si sia spinta oltre quanto chiesto dalle
Regioni (almeno non formalmente), deve ritenersi che il disciplinare tipo
del 7 dicembre 2016, pubblicato in G.U. il 3 aprile 2017, sia radicalmente
illegittimo – e alla luce della pronuncia della Corte anche irragionevole –
per essere stato adottato senza la partecipazione delle Regioni (attraverso
la Conferenza Stato-Regioni) alla predisposizione della disciplina sulle
modalità operative concernenti (anche) il rilascio dei permessi e delle
concessioni.
Di qui sembra opportuno che le Regioni (anche a Statuto speciale, giacché
il disciplinare concerne terraferma, mare entro le 12 miglia marine e mare
oltre le 12 miglia marine) propongano ricorso avverso il nuovo disciplinare
tipo, adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, entro i
termini previsti. Essendo i termini per il ricorso al TAR (60 giorni) ormai
spirati, residuerebbe unicamente il rimedio del ricorso straordinario al
Capo dello Stato (120 giorni), da esercitare entro il prossimo 1° agosto.
Coordinamento Nazionale No Triv
Enzo Di Salvatore
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