Per non finire cotto a fuoco lento, Renzi ha convocato il congresso del PD, puntando alle elezioni anticipate. La forzatura ha accelerato la lotta intestina di questo puntello sociale dell’imperialismo, intronato dalla batosta referendaria del 4 dicembre.
Nella decomposizione del PD si riflette la crisi di egemonia - dunque di direzione politica e di consenso - della grande borghesia italiana. Tale crisi si approfondirà, poiché si va a indebolire un caposaldo del suo potere politico e della strategia filoatlantica ed europeista.
Con la scissione la maggioranza renziana del PD porterà avanti una linea neocentrista, conservatrice e antioperaia, ma con una minore influenza fra le masse e sui sindacati aventi base di massa.
Una parte della squalificata minoranza socialdemocratica tenterà di ricucire con i Fratoianni e i Pisapia per resuscitare il cadavere del centro-sinistra, che tanti danni ha causato ai lavoratori, e continuare a spacciare illusioni sulla possibilità di riformare l’imperialismo e le sue istituzioni.
La situazione politica e la mancanza di leggi elettorali omogenee mantengono in vita il debole governo Gentiloni, che continuerà ad applicare le controriforme (Jobs Act etc.) e a salvaguardare gli interessi dei vandali dell’alta finanza.
Quanto reggerà? I giochi non si decideranno solo nel congresso PD, ma sul Colle, oltre Tevere e a Bruxelles, in attesa delle elezioni in Francia e Germania e dell’evolversi della situazione negli USA.
Sullo sfondo i vertici di marzo con i capi della UE e il G7 di maggio a Taormina, in vista dei quali per i gruppi dominanti della borghesia non si deve muovere foglia, pena l’ulteriore marginalizzazione dello sfibrato imperialismo italiano.
L’immobilismo ha però il fiato corto. Con la fine del bipolarismo le prospettive per il teatrino della politica borghese sono quelle di una minore governabilità e di una maggiore instabilità politica, mentre perdura la stagnazione economica (le stime del PIL sono sotto l’1%) e rimangono irrisolti i gravi problemi finanziari delle banche italiane.
In questo quadro si inserisce la “manovrina” da 3,4 mld, imposta dalla UE e fatta propria dal governo Gentiloni. I suoi effetti andranno a sommarsi con quelli della lunga stagione dell’austerità che ha devastato la sanità, la scuola e i trasporti pubblici, peggiorato le condizioni di vita di milioni di lavoratori. E anticipano quelli della prossima legge di bilancio da 20 mld, un’altra terribile mazzata, che non troverà più l’attenuante della “flessibilità”.
Ci attende un periodo in cui i nodi verranno al pettine, assumendo la forma di conflitti di classe aperti. Come prepararci ad affrontarli? Quali compiti abbiamo di fronte?
Anzitutto, la classe operaia e le masse popolari non devono lasciarsi trascinare nelle beghe dei politicanti borghesi e piccolo borghesi.
L’interesse degli sfruttati non sta nell’attendere gli eventi, come vorrebbero i nemici dell’unità e della lotta della classe operaia. Dobbiamo invece approfittare della crisi del PD per scalzare fra le masse l’influenza del riformismo e delle varie facce della socialdemocrazia, rompendo la passività, l’attesismo, la pace sociale che predicano gli opportunisti di tutte le risme per aiutare la fatiscente oligarchia.
La situazione chiama alla ripresa di un’azione indipendente di classe, alla riorganizzazione delle nostre forze, fuori dai logori schemi socialdemocratici e parlamentaristi.
E’ necessario metterci risolutamente sulla via dell’unità e della lotta per la difesa intransigente dei nostri interessi rivendicando misure incisive volte a scaricare il debito e la crisi sulla testa dei capitalisti, dei ricchi, dei parassiti, dei corrotti.
Ciò deve tradursi in mobilitazione e organizzazione, nella moltiplicazione degli scioperi e degli organismi di lotta (Comitati, Consigli, etc.) per sviluppare l’opposizione al governo oligarchico e pretesco di Gentiloni e aprire la strada al cambiamento rivoluzionario della società.
Contro l’offensiva capitalistica che massacra e umilia gli operai - in Fiat non c’è più nemmeno il diritto di andare al cesso! – contro la reazione politica e le minacce di guerra imperialista, è più che mai necessaria l’unità di lotta dal basso, l’organizzazione di classe, e assieme ad essa un vasto fronte che organizzi tutti gli sfruttati e gli oppressi, con la classe operaia alla sua testa.
E’ ora di uscire dall’incubo sociale del neoliberismo e dell’austerità, ma anche dal disastro del capitalismo, che ci riserva solo miseria, regressione sociale, ignoranza e guerre di rapina.
Ci vuole una rottura rivoluzionaria con questo sistema moribondo, ci vuole un governo operaio e degli altri lavoratori sfruttati, la sola vera alternativa di potere. La classe operaia potrà assolvere questo compito storico solo con la direzione del suo Partito comunista, il partito rivoluzionario e indipendente del proletariato che dobbiamo costruire per sconfiggere la borghesia e conquistare il socialismo!
Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia