Le comunità chiuse e monitorate non sono certo una novità neppure in Italia, nell’hinterland milanese ne esistono già da alcuni decenni, e da molto più tempo ne esistono, per evidenti ragioni di sopravvivenza, in paesi rischiosi e pericolosi come il Sudafrica, il Brasile, il Venezuela, ecc..
Poi ve ne sono per motivi turistici elitari come ad esempio l’Isola di Albarella nell’Adriatico, investimento della famiglia Marcegaglia, che avevo visitato nei primi anni ‘90 e credo sia stata la prima in assoluto in Italia (anni settanta) già con approcci culturali ecologici, è vietato circolare in auto al suo interno, se non con mezzi elettrici o meccanici, dotata di tutti i servizi primari, vigilata 24 ore su 24, ecc..
Le comunità chiuse non sono da confondere con le “città private” di cui scrissi alcuni anni fa, che sono di concezione libertaria e che sono molto meno numerose finora per gli evidenti problemi giuridici e politici che ne impediscono la costruzione, mentre in passato era ben diversa la situazione, prima cioè che la politica professionale prendesse il sopravvento sull’iniziativa privata. Si caratterizzavano e si caratterizzano tuttora per la maggior efficienza manutentiva e dei controlli, essendo gestite come fossero società di persone, quindi i residenti sono fortemente motivati a garantirne la continuità e funzionalità.
Alcune di queste città private godono di diritti speciali con statuti autonomi che le rendono delle enclavi all’interno di stati che accettano una limitazione della facoltà di ingerenza, quasi come fossero sedi diplomatiche dotate quindi di immunità.
Ma si contano sulle dita delle mani in tutto il mondo, perché gli Stati sono assai restii ad ospitarle, anche se la convenienza economica è fuor di dubbio, essendo generalmente abitate da persone facoltose che effettuano notevoli investimenti nel paese ospitante ed hanno un potere di spesa molto elevato. Probabilmente ci sarà un’espansione di queste scelte residenziali, almeno per la classe benestanti, mentre le classi meno benestanti opteranno per gli ecovillaggi ed il cohousing et similia.
Claudio Martinotti Doria
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In un mondo in cui vi è stato imposto l’integrazione forzata con altre popolazioni profondamente diverse senza che mai il vostro governo vi abbia prima chiesto se effettivamente questa fosse la vostra più intima volontà, vi siete mai fermati a chiedervi qual’è invece il contrario dell’integrazione ? Ve lo dico io si chiama autoghettizzazione, ne sanno qualcosa gli americani che l’hanno inventata e implementata prima di tutti, alla faccia quindi che il diverso è bello e piace. Dopo l’ennesimo attentato terroristico di matrice islamica in Europa, a cui ne seguiranno purtroppo molti altri ancora, dopo l’escalation di disagio popolare che molte istituzioni faticano ormai a contenere, si perde ormai il numero di sindaci che respingono alle prefetture i cosiddetti finti profughi assegnati d’ufficio ai vari comuni italiani, qualcuno inizia a guardare avanti pensando a come difendersi o come fuggire da tutto questo. Purtroppo con una nazione drogata e plagiata da questa vile deriva aberrante di stampo cattocomunista, per la maggior parte della popolazione il futuro è tutt’altro che roseo. Ci sono lettori che mi scrivono chiedendo che cosa possono fare per i loro figli: pensate prima a voi stessi ed auspicate che la vostra discendenza sia dotata di geni atti a non farsi sopraffare; il titolo di studio, tranne qualche caso isolato, non servirà a nulla, anzi magari li schiaccerà ancora più in basso a dove si trovano ora. Ma ritorniamo sui primi passi, come dicevo l’unica soluzione fai da te che si può per adesso implementare per proteggersi e per proteggere la propria famiglia è l’autoghetizzazione ossia ritirarsi a vivere all’interno di comunità residenziali chiuse dal resto del mondo.
Detta così sembra stia parlando di un altro pianeta in realtà si tratta di aree residenziali molto peculiari, riservate ad una fascia della popolazione generalmente benestante che predilige uno stile di vita in cui determinate minacce, rischi e pericoli sono completamente assenti. Tecnicamente si chiamano
gated community oppure anche walled community ossia nuclei residenziali recintati e monitorati. In Italia non sono ancora presenti in misura massiva, ma basta aspettare e lo diventeranno presto. Dopo due anni di valutazioni e considerazioni personali anch’io ho scelto di andare a vivere in una struttura residenziale di questo tipo.
Esistono in tutto il mondo occidentale, si va dal Messico a Cipro, dalla Spagna agli USA: rappresentano complessi urbani solitamente molto distanti dalle aree metropolitane, caratterizzati da grandi spazi verdi e vegetazione lussureggiante, molti di essi anche per ragioni di marketing sono ubicati in prossimità di aree costiere, ma mai a ridosso del mare, questo per evitare la massa, il rumore o i tipici fastidi che si hanno quando si vive a stretto contatto con persone appartenenti alle fasce economiche più basse (low class people). Queste gated community che solitamente sono costruite all’interno di grandi campi da golf
sono dotate di un servizio di vigilanza e polizia privata: per entrare o uscire dalla comunità si deve passare per un check point vigilato giorno e notte in cui vengono registrati e monitorati gli accessi dei visitors ossia gli ospiti dei residenti. Ogni residence community al proprio interno è
molto simile ad un piccolo paesino all’italiana, è presente tutto quello che serve per vivere senza pensieri, supermercato, pub, palestra, ogni sorta di impianto sportivo, scuola primaria, clinica medica, veterinario, boutique, wine bar, sportello bancario, edicola, parrucchiera, estetista, un ventaglio di ristoranti ed in taluni casi anche una chiesa (cappella privata).
Le auto circolano all’interno della comunità al massimo dei 30km orari ed in ogni caso vige un sistema di telecamere interno per sanzionare eventuali infrazioni, ognuno ha il proprio parcheggio numerato e coperto davanti casa sotto le fronde di qualche salice o betulla cosi che non si impazzisce a cercare un posto in cui lasciare l’auto, tutta la community si sviluppa attorno a sentieri immersi nel verde e viali per piste ciclabili o passaggi pedonali di modo che tanto persone anziane quanto bambini possono girare liberamente senza angoscia per i rispettivi genitori. Non ci sono spacciatori, violentatori, scippatori o balordi per i viali interni. Qui viene il bello che dimostra quanto l’integrazione forzata sia la più grande menzogna di questo secolo propagandata in Italia dal PD & Company: chi se lo può permettere si autoghettizza ossia si ritira a vivere in queste tipologie di enclave residenziali in cui state certi non vedrete mai islamici, asiatici, diversamente bianchi o sovietici. Tasso di criminalità interno pari allo zero per cento. Potete lasciare la vostra mountain bike da mille euro in giardino o al parcheggio del supermarket interno senza catenaccio, tanto non ve la tocca nessuno. La notte potete dormire senza serrare la porta di ingresso tanto nessuno si sogna di entrare. La vigilanza gira (con molta discrezione) armata giorno e notte, non c’è posto al mondo in cui ti puoi sentire più sicuro. Tecnicamente siete in una fortezza wasp. Questo acronimo sta per white anglo saxon protestant ed era utilizzata un tempo per indicare un cittadino statunitense discendente dei colonizzatori originari inglesi, non appartenente quindi a nessuna delle tradizionali minoranze etniche (afroamericani, ispanici o asiatici). Oggi invece è utilizzata per indicare la cultura e il modo di vita di gruppi circoscritti di persone, generalmente bianchi cristiani benestanti di origine nord europea, conoscitori della lingua inglese, stanziatisi a vivere in altri paesi da quello loro nativo.
Molte di queste gated community che arrivano ad accogliere nella generalità dei casi oltre cinquemila persone possono anche essere sono concepite come
retirement village ossia complessi residenziali per accogliere ed ospitare anziani pensionati autosufficienti: la Florida ha creato un business unico al mondo attorno a queste realtà. In Europa abbiamo il Portogallo, con la
regione dell’Algarve che ha fatto copia e incolla. Le comunità sono chiuse su se stesse per definizione: per acquistare una proprietà immobiliare (villetta indipendente, appartamento, casa a schiera) dovete essere ammessi dal consiglio di amministrazione della community,
presentare determinate credenziali personali e avere referenze professionali, questo con lo scopo di proteggere e tutelare chi ha già scelto di viverci prima di voi quanto chi ha deciso di effettuare eventualmente un investimento immobiliare. Cosi facendo si evita ad esempio che possano entrare come residenti in pianta stabile nella comunità persone generalmente non gradite alla moltitudine. L’approccio può sembrare discriminatorio o a sfondo razzista in realtà rappresenta tanto una forma di difesa quanto una espressione di libertà assoluta ossia
voglio essere libero di scegliere con chi vivere e di chi avere a fianco come vicino di casa. Questa è la motivazione principale che spinge ad effettuare queste scelte di vita radicali. Come italiani invece siamo ormai da più di tre anni che abbiamo persone all’interno delle nostre farlocche istituzioni che
decidono per voi proclamandosi detentori della verità assoluta ed obbligandovi ad accettare la ricchezza culturale (chiamiamola cosi) di genti disperate che arrivano nel nostro paese con la certezza di andare alla
fiera della cuccagna.
Molti lettori mi scrivono chiedendo dove possono andare a vivere via dall’Italia per scappare da questo contesto delirante, tuttavia la risposta non è data da una nazione in sé ma dal come vorrete vivere all’interno di quel paese prescelto. L’escalation di terrorismo islamico ed una voluta immigrazione/invasione non controllata sono appena all’inizio. In questi termini la gated community (leggasi fortezza wasp) specie se avete figli ancora in tenera età, vi potrà aiutare a superare questa epoca di follia generazionale nella consapevolezza che il futuro difficilmente potrà essere migliore di adesso.