Diciamo
subito le cose come stanno. Il problema del debito pubblico italiano
non deriva da un eccesso di spesa, sprechi e ruberie assortite, bensì
unicamente dagli interessi che lo Stato italiano paga per
finanziarsi. Va da sé che spese, sprechi e ruberie assortite
concorrono a peggiorare la situazione, ma non sono il problema di
fondo. Perché allora si parla di tutto fuorché del problema di
fondo? Perché del problema di fondo non si vuol parlare, onde
lasciare le cose come stanno.
Come
riporto in “E
io non pago”,
l’Italia, nel trentennio che va dal 1980 al 2011 ha avuto un avanzo
primario pari a 484 miliardi di euro. Nello stesso periodo ha pagato
2141 miliardi di euro di interessi. La differenza (pari a 1897
miliardi) rappresentava il debito pubblico italiano nel 2012, debito
che oggi ha superato i 2100 miliardi. Questo debito genera interessi
annuali per circa 70-80 miliardi di euro. Gli interessi che l’Italia
paga, tecnicamente, sarebbero (sono) definibili come interessi da
anatocismo, cioè noi paghiamo gli interessi sugli interessi. E’ un
circolo senza fine dal quale il paese non può uscire (del resto i
debiti sono concepiti all’uopo) e se mai fosse si ritroverebbe
comunque spolpato all’osso e dunque senza alcuna possibilità di
ripresa. Dico spolpato perché non avremo più nessuna base, cioè
nessuna risorsa reale, su cui ripartire. Non credo comunque che
questo succederà dal momento che i debiti sono sempre concepiti per
non essere estinguibili onde tenere un paese alla mercé delle
oligarchie finanziarie che tirano i fili del gioco del denaro.
L’immagine
venduta dicevamo, è però che l’Italia si trova nella situazione
in cui si trova perché “spende troppo” e quindi ha un deficit di
bilancio. Questa immagine non è solo errata ma volutamente
fuorviante. Nonostante la nostra situazione sia drammatica,
paradossalmente l’Italia è il paese al mondo con il surplus di
bilancio più alto. Questo, chiariamolo subito, non è che sia un
bene in sé, perché il nostro surplus è dovuto principalmente ad
una tassazione altissima che concorso all’affossamento del paese.
Resta il fatto che l’Italia in virtù di questa tassazione
altissima ed al conseguente surplus di bilancio che conosce da oltre
vent’anni, dovrebbe perlomeno non avere il problema del debito. Che
invece c’è, eccome! In breve, gli interessi si rincorrono e le
politiche di austerità non servono a nulla se non, appunto, a
spolpare il paese. I debiti, del resto, servono a questo: drenare
ricchezza reale dalle popolazioni e quindi impoverirle e
controllarle.
Il
Pil dell’Italia è quasi quintuplicato in dieci anni passando da 35
a 156 miliardi e la ragione di questo è il famoso “divorzio” tra
la Banca d’Italia e il Tesoro. Il fatto fondamentale del “divorzio”
fu il sollevamento per la Banca d’Italia dell’obbligo di comprare
il debito pubblico (cioè i titoli di Stato). Da allora l’Italia si
è finanziata sul mercato, cioè abbiamo preso denaro a prestito a
tassi di interesse dettati dal mercato finanziario, mercato
finanziario che ovviamente fa i suoi interessi. Il mercato
finanziario, oltretutto, è principalmente estero (in “E
io non pago”
riporto la lista dei 20 “specialisti”, di cui 18 esteri appunto,
autorizzati dal Tesoro italiano a compare i nostri titoli di Stato).
Prima l’Italia si finanziava a costo zero attraverso la Banca
d’Italia. Spiego il tutto nei dettagli nel nuovo libro “Euroballe”.
Questo
antefatto, che è la vera causa della situazione in cui ci troviamo,
non è mai stato menzionato da nessun media di regime, e men che meno
dalla Troika
e dai governi (Monti, Letta e anche Renzi) che si sono succeduti
dall’esplosione della crisi del debito. Affermare dunque che i
media, la Troika
e i governi sono tutti corresponsabili e parte del piano di
spolpamento, non è fare affermazioni generiche e complottiste, cosa
di cui qualche lettore mi accusa, bensì semplicemente affermare la
realtà dei fatti. Oppure queste cose non le sanno?
La
Bce, a differenza della Fed, della Banca centrale del Giappone e
altre, non può acquistare i titoli di Stato (l’Unione europea
glielo vieta, e già questo ci dice molto chiaramente a cosa serve,
tra le altre cose, la UE). Però la Bce questi soldi li può prestare
alle banche. La Bce, dall’inizio della crisi ha infatti prestato
alle banche circa 3000 miliardi di euro a tassi di interesse vicini
allo zero, banche che però non hanno riversato questi soldini
nell’economia reale (e anche comprensibilmente dal loro punto di
vista). Cosa ci hanno fatto allora le banche con questi soldi? Ci
hanno acquistato, indovinate cosa, titoli di Stato che rendevano il
4% e anche oltre. Che beneficio ne hanno tratto i paesi da queste
emissioni di denaro della Ue? Nessuna, è ovvio. I beneficiari sono
stati unicamente le banche. Lo schema è chiarissimo.
Tutto
ciò premesso, è evidente che se non si esce quanto prima
dall’Europa e dall’euro, e contestualmente non si eliminano i
circa 80 miliardi di interessi annui che stiamo pagando oggi,
l’Italia, oltre a non avere un presente, non avrà neppure un
futuro. L’uscita dall’euro, in aggiunta alle positive conseguenze
concrete e immediate (se non altro in termini di
eliminazione-riduzione degli interessi che paghiamo), avrebbe anche
un plus, un bonus aggiuntivo per così dire, che sarebbe quello del
recupero della fiducia del mercato finanziario nel sistema Italia (il
mercato finanziario recupererebbe fiducia per il semplice motivo che
lo Stato italiano avrebbe di nuovo accesso diretto alla liquidità).
Proprio
per evitare tutto ciò, io credo, è stato fatto fuori Letta (che si
sapeva non poteva durare visto che era stato imposto così come il
suo predecessore Monti, e quindi si sarebbe arrivati presto alle
elezioni) ed è stato messo al suo posto, l’alter-ego
povero di Obama, Matteo Renzi, tristemente venduto come il nuovo che
avanza. Quindi lo spolpamento dell’Italia continua.
La
soluzione è scritta nell’articolo 123 del Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea. Il governo può creare una banca
di proprietà statale che lo finanzi.
Lo
abbiamo chiesto all’Unione Europea e il 14 gennaio 2014 abbiamo
ricevuto la risposta. Si può fare.
Ecco
i dettagli tecnici e la corrispondenza con la BCE.
La
soluzione
Lo
Stato italiano può però invertire questo meccanismo e da subito. In
apparenza non sembra possibile farlo senza uscire dall’Euro e
rompere i trattati europei perché l’Unione Europea ha vietato alla
Banca Centrale Europea di finanziare l’acquisto diretto di titoli
di stato[1]
e l’unica azione che la BCE può fare è quella di creare denaro
per prestarlo alle Banche.
In
realtà il comma 2 dello stesso articolo 123 offre una scappatoia
agli Stati dell’Eurozona[2],
perché prevede che gli enti creditizi di proprietà pubblica possano
anche loro ricevere finanziamenti dalla BCE. E poi niente impedisce
che girino questi soldi allo stato.
Uno
stato della UE che controlli enti creditizi potrebbe farsi finanziare
da loro i deficit, pagando un interesse vicino a quello che la BCE
offre, cioè vicino allo zero e comunque non superiore
all’inflazione. L’ideale sarebbe non continuare ad emettere
BTP; ma utilizzare prestiti diretti, ad esempio a tre anni, che
rispetto all’acquisto di BTP offrono il vantaggio che il loro
valore a bilancio non oscilla di anno in anno a causa di andamenti di
mercato e quindi elimina il problema degli attacchi speculativi sul
BTP.
Le
cifre che indichiamo sono esemplificative e l’analisi può essere
fatta in modo più dettagliato, ma la sostanza è che se il debito
pubblico venisse man mano rifinanziato tramite prestiti diretti di
banche pubbliche (che hanno accesso al finanziamento della BCE), il
suo costo non verrebbe più determinato dal mercato finanziario. Si
tornerebbe cioè alla situazione pre-1981, quando il costo del debito
pubblico non era un problema perché era costantemente pari o
inferiore all’inflazione.
Va
sottolineato che non ci sarebbe alcun rischio per le banche
pubbliche, perché lo Stato italiano, al netto degli interessi, è un
ottimo “pagatore”, come si evince dai dati della tabella
precedente. Infatti lo Stato italiano sarebbe in attivo negli ultimi
20 anni di 500 miliardi di euro (sempre al netto degli interessi). E’
chiaro che è un ottimo cliente per qualsiasi banca e un banca
pubblica può prestare senza fini di lucro, ad un costo che copra le
sue spese amministrative. Senza contare che prestare allo Stato non è
considerato nei regolamenti bancari europei un rischio che richiede
di accantonare capitale e di conseguenza è possibile per le banche
prestare 500 o 1.000 miliardi senza dover aumentare di un euro il
loro capitale (cosa dimostrata dal programma di Draghi chiamato
“LTRO” lanciato a fine 2012, in cui appunto le banche hanno
comprato centinaia di miliardi di BTP senza accantonare alcun
capitale addizionale).
Uno
scambio di email con la Banca Centrale Europea
Esiste
quindi la strada per lo Stato italiano per arrivare a risparmiare
anche 70 miliardi di euro di interessi all’anno. Abbiamo
voluto verificare questa possibilità, (applicata in Germania e
Francia tramite due enti pubblici, rispettivamente KfW e Bpi),
contattando gli uffici dell’Unione europea circa la fattibilità
dell’utilizzo di banche pubbliche per finanziare lo stato.
La
risposta ricevuta per email (a nome della BCE) è stata affermativa:
“il
divieto di scoperto bancario e di altre forme di facilitazione
creditizia in favore dei governi non si applicano agli enti creditizi
di proprietà pubblica che, nel contesto dell’offerta di liquidità
da parte delle banche centrali, devono ricevere dalle banche centrali
nazionali e dalla Banca centrale europea lo stesso trattamento degli
enti creditizi privati”. Inoltre,
in riferimento a banche pubbliche:
“gli istituti di credito possono liberamente prestare i soldi ai
governi o comprare i loro titoli di stato, nonché prestare soldi a
qualsiasi cliente”
E’
quindi possibile per lo Stato italiano nazionalizzare una Banca, la
quale acceda alla liquidità della BCE e finanzi il suo debito ad un
tasso di interesse appena superiore a quello applicato dalla BCE
stessa e in ogni caso sempre molto inferiore a quello di mercato, che
va ricordato è attualmente superiore del 3% all’inflazione.
Stiamo
parlando qui di come “trovare” non due o tre miliardi con l’IMU
o qualche privatizzazione o risparmiando sulla sanità, le scuole, le
infrastrutture, ma risparmiando sugli interessi, sulla rendita che da
decenni lo Stato italiano paga a investitori esteri, banche e anche a
investitori italiani.
Si
tratta alla fine di scegliere tra rendita finanziaria favorendo il
lavoro e le imprese. La rendita finanziaria ha incassato in trenta
anni dallo Stato, lo ricordiamo ancora, più di 3mila miliardi di
euro di interessi, mentre le imprese e i lavoratori italiani venivano
schiacciati da una tassazione soffocante, giustificata con il peso
del debito pubblico di 2mila miliardi, creato dall’accumularsi di
questi interessi.
Gli
italiani devono rendersi conto che non è vero che “non si può
fare niente” contro il peso del debito pubblico e delle tasse a
causa dei trattati firmati e delle posizioni degli altri governi
all’interno delle istituzioni europee.
In realtà, un governo italiano competente e che abbia a cuore gli
interessi degli italiani invece che del “mercato finanziario” può
muoversi anche all’interno dei trattati europei.
Il
nostro, oltre che un articolo, è anche un appello ai cittadini
italiani che trovino convincenti i fatti che abbiamo esposto e
diffondano, ovunque possano, questa soluzione pratica al problema del
debito, allo scopo di mettere la parola fine alle politiche di
austerità che stanno soffocando l’economia italiana.
Giovanni
Zibordi e Claudio Bertoni
Giovanni
Zibordi, si occupa di mercati finanziari e gestisce uno dei siti
finanziari più noti in Italia, www.cobraf.com
economia a Modena, ha anche tre anni di dottorato in economia a Roma,
un MBA a UCLA e ha lavorato precedentemente in consulenza manageriale
e ha vissuto a Los Angeles e New York per sette anni.
Claudio
Bertoni si occupa di impresa ed è stato per più di vent’anni
imprenditore nell’ambito del commercio equo e solidale. Dottore in
Scienze Agrarie sa che i beni reali valgono di più del denaro e
ricerca come cittadino le soluzioni possibili ai problemi monetari di
macroeconomia.
Post
fazione
Alcune
obiezioni
Per
quanto riguarda l’obiezione sul mancato rendimento che questi
ultimi avrebbero sui loro investimenti in titoli di stato, va notato
che gli investitori italiani hanno oggi solo un terzo dei titoli di
stato e si concentrano in prevalenza sui BOT e CCT che rendono meno
dell’1% mentre gli investitori esteri e le banche si concentrano
sui BTP che pagano intorno al 4%. Si può stimare quindi che su circa
80 miliardi di interessi annui ne ricevano non più di 20-25
miliardi. In secondo luogo i detentori di titoli di stato in larga
maggioranza appartengono alla fascia più benestante della
popolazione, che è quella che ha in realtà beneficiato della crisi,
perché ha goduto di rendimenti (al netto dell’inflazione) maggiori
degli anni precedenti e anche di guadagni in conto capitale. In terzo
luogo, quando, a causa del finanziamento diretto di banche pubbliche
allo stato suggerito, i rendimenti dei BTP scendessero intorno o
sotto l’1% le famiglie italiane possono comunque investire in fondi
e titoli di reddito fisso in tante altre parti del mondo. Infine, se
i titoli di stato diventeranno meno attraenti, possono essere spinte
a investire allora di più in obbligazioni italiane aziendali,
aiutando così il finanziamento delle imprese italiane.
Il
carteggio originale con L’Unione Europea e la Banca Centrale
Europea
Date: Tuesday,
10/12/2013 17:23:50From: “Claudio
Bertoni”
Subject: [Case_ID:
830870 / 1548784] art. 123- Delucidazioni
————————————————–
[...]
E’
chiaro che la BCE non può acquistare direttamente Titoli di Stato e
quindi quello che è mia intenzione approfondire ora, e in ultimo,
sono le seguenti domande:
1) comma 2 art. 123 TFUE: è
possibile per un Ente creditizio di proprietà pubblica accedere
all’offerta di liquidità, oggi al tasso dello 0,25%, della BCE?
2)
Se sì come penso, questo Ente creditizio di proprietà pubblica può
prestare denaro al Governo affinchè lo stesso possa pagare i suoi
debiti ai mercati finanziari? Ovviamente attraverso la cessione a
garanzia dei Titolo di Stato acquistati dall’Ente creditizio
pubblico stesso?
3)
E l’Ente creditizio pubblico può decidere liberamente il tasso di
interesse?
Grazie
ancora per la vostra cortese risposta
Gentile
Signor Bertoni,
La
ringraziamo per il suo messaggio. Desideriamo scusarci per il
ritardo.
Le
inoltriamo le risposte alle sue domande, fornite dalla Banca centrale
europea:
1)
comma 2 art. 123 TFUE: è possibile per un Ente creditizio di
proprietà pubblica accedere all’offerta di liquidità, oggi al
tasso dello 0,25%, della BCE?
1.
Gli enti pubblici creditizi dell’area dell’euro sono un elemento
importante del sistema bancario e pertanto hanno un ruolo essenziale
nel fornire prestiti all’economia reale. Pertanto è importante per
l’Eurosistema che essi siano trattati alla pari degli istituti
creditizi privati nel contesto delle operazioni di rifinanziamento
per assicurare un efficiente trasmissione delle decisioni riguardanti
la politica monetaria all’economia. Pertanto